Pubblicato: ven, 23 Mag , 2014

Menti raffinatissime, il pm Di Matteo ricorda la figura di Falcone

Di Matteo ricorda Giovanni Falcone e risponde alle dichiarazioni di Fiandaca: «La trattativa non ha evitato altri morti ma ha provocato un rafforzamento della strategia stragista»

L’aula magna della Facoltà di Giurisprudenza di Palermo, che in questi giorni è stata al centro di alcune polemiche sull’intitolazione dell’atrio a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, ha ospitato ieri pomeriggio l”incontro organizzato dall’Associazione culturale Falcone e Borsellino intitolato “Menti Raffinatissime“. Il riferimento è a quelle “menti raffinatissime” di cui parlò Giovanni Falcone in occasione del mancato attentato dell’Addaura. Un incontro ricco di spunti e riflessioni, che ha visto impegnati oltre ai pubblici ministeri Nino Di Matteo, Domenico Gozzo e Sebastiano Ardita, anche alcuni giornalisti che da anni si occupano di questioni di mafia come Saverio Lodato, Giorgio Bongiovanni, Silvia Resta e Anna Petrozzi.

Il pm Nino Di Matteo, nel suo intervento ha voluto esprimere il proprio apprezzamento per l’iniziativa, ritenendo «giusto che Giovanni Falcone venga ricordato con una riflessione proprio sui temi che gli stavano più a cuore: l’interazione tra la mafia e altri soggetti esterni, tra la mafia e le menti raffinatissime» aggiungendo che «Giovanni Falcone non merita di essere ulteriormente umiliato dalle parate strumentali di quel potere, alcune volte spregiudicato nel suo cinismo che per perpetuare se stesso, sfrutta e distorce anche il ricordo di chi è morto perché quel potere voleva combattere». Un ricordo che è da contrapporre a quello proposto «dai facili unanimismi ipocritamente antimafiosi di chi vuol far credere che la mafia sia solo bassa macelleria criminale e di chi prima e dopo il 23 maggio di ogni anno si dedica, ricavandone vantaggi evidenti in termini di carriera, prestigio e acquisizione di sempre più ampi spazi di potere si dedica, a sopire, a ridimensionare, a ridicolizzare, a tentare di neutralizzare ogni sforza di chi invece si ostina a cercare di capire, se e come, altri insieme alla mafia militare agisca». 

Saverio Lodato, in un lungo e appassionante intervento rende omaggio alla memoria di Giovanni Falcone: «Antonino Caponnetto – ricorda Lodato – regista del pool antimafia di Palermo, nel raccontarmi i suoi anni a Palermo disse che persone come Falcone e Borsellino sono rari doni che ogni tanto Dio si concede di mandare su questa terra per rendere più sopportabile la vita ai comuni mortali. Ma aggiunse anche: il guaio è che lo scopriamo sempre dopo che sono morti». Poi riferendosi ai pm Gozzo e Di Matteo dice: «Io credo che questi sono i nostri eroi, che noi però dobbiamo tenere in vita». Nel suo discorso, il giornalista parla anche della Trattativa sostenendo che per decenni «ci hanno raccontato che da una parte c’era la mafia e dall’altra lo Stato, ma non è mai andata così. In Italia c’è stato lo Stato-mafia e la mafia-Stato». Lodato parla anche dello storico Lupo e del giurista Fiandaca, chiedendo ironicamente alla platea di non stupirsi se hanno scritto un libro che nega l’esistenza della trattativa dato che alcuni storici, ancora oggi, negano l’Olocausto e lo stesso Lupo «è forse l’unico storico al mondo che sostiene che in Sicilia nell’immediato dopoguerra non ci fu alcun accordo tra gli alleati americani e la mafia. Tutti gli storici americani lo sostengono: in America ci fu una commissione d’inchiesta negli anni ’50 da parte del senato americano» che accertò «il compito di Lucky Luciano, che era stato mandato in Italia, era quello di stabilire contatti nel territorio di Sicilia con la mafia».

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