Pubblicato: gio, 27 Apr , 2023

Cassazione: trattativa Stato-Mafia tutti assolti

La trattativa Stato-Cosa Nostra non avrà alcun responsabile

I giudici della Suprema Corte hanno assolto gli ex vertici del Ros dei carabinieri, i generali Mario Mori e Antonio Subranni, l’ufficiale Giuseppe De Donno, il braccio destro di Forza Italia, Marcello Dell’Utri. Grazie alla prescrizione se la caveranno anche i mafiosi, il boss Leoluca Bagarella e il medico Antonio Cinà che erano stati condannati, invece, in primo grado e in appello. Sembra che la Cassazione sia andata oltre i giudici d’appello di Palermo, secondo i quali la trattativa ci fu, ma i rappresentanti dell’Arma non commisero un reato.

La vicenda riguarda la cosiddetta Trattativa tra pezzi dello Stato e Cosa nostra negli anni 1992-1994, in cui gli allora vertici del Ros dei carabinieri sono imputati insieme ai vertici mafiosi per violenza e minaccia a un corpo politico dello Stato. L’accusa era di aver trasmesso fino al cuore delle Istituzioni le richieste di Cosa nostra, il ricatto era dunque in questi termini: un alleggerimento delle condizioni carcerarie in cambio dello stop alle stragi che nel 1992 e 1993 insanguinarono l’Italia. Nelle more del giudizio, in questi anni, è stato confermato e messo per iscritto che “trattativa vi fu”, definita come un’improvvida iniziativa del Ros. I carabinieri avrebbero agito con la finalità di perseguire il bene della collettività e del paese, decidendo quindi di intavolare la trattativa con la mafia.

La sentenza di 2.791 pagine emessa dalla Corte d’Assise d’Appello di Palermo, il 23 settembre 2021 ha ribaltato la decisione di primo grado assolvendo “per non aver commesso il fatto” l’ex senatore Dell’Utri e “perché il fatto non costituisce reato” gli ex generali del Ros dei Carabinieri Mori e Subranni e l’allora capitano De Donno. Rispetto al primo grado erano state confermate solo le condanne al boss corleonese Leoluca Bagarella e ad Antonino Cinà, il medico di Totò Riina condannato perché accusato di aver fatto da “postino” del papello, cioè la lista delle richieste di Cosa nostra allo Stato per far cessare le stragi. La sentenza è stata impugnata dalla Procura generale di Palermo, che ne ha chiesto l’annullamento: “la Corte di Assise di appello ha contraddittoriamente ed illogicamente assolto Subranni, Mori e De Donno”. Per quanto riguarda Dell’Utri, invece, “non è dato comprendere perché si sia tenuto per sé il messaggio ricattatorio dei vertici mafiosi non riportandolo al destinatario finale, che era colui per il quale si era interessato per la tessitura di un accordo elettorale [Silvio Berlusconi]”.

Ad aprile 2023 arriva l’ultimo e definitivo grado di giudizio: i carabinieri vengono assolti con una formula più ampia, mentre il reato contestato ai mafiosi è stato ridotto in “tentato” e quindi prescritto. Confermata l’assoluzione di Marcello Dell’Utri. La sentenza smentisce gran parte della ricostruzione della corte d’Assise d’Appello di Palermo (che comunque aveva già assolto la maggior parte degli imputati), respingendo completamente le richieste della procura generale; circoscrive tutte le possibili responsabilità soltanto ad esponenti di Cosa nostra.

Per gli ermellini i carabinieri sono assolti in via definitiva per non aver commesso il fatto. Il reato contestato era di “violenza e minaccia a un corpo politico dello Stato”, cioè aver trasmesso ai governi Amato e Ciampi le richieste di Cosa nostra per sospendere gli attentati. Un reato che secondo i supremi giudici non è stato commesso, dunque se i carabinieri non hanno trasmesso la minaccia proveniente da Cosa nostra, allora la condotta dei mafiosi da consumata diventa soltanto tentata. Con un’abilissima interpretazione si sciolgono tutte le posizioni in un unico passaggio. La Suprema corte ha riqualificato il reato per il boss corleonese Leoluca Bagarella e per Antonino Cinà, e conseguente prescrizione delle condanne emesse in secondo grado. Per quanto riguarda Dell’Utri, accusato di aver trasmesso comunicazioni delle consorterie mafiose al governo di Silvio Berlusconi, la Corte si è limitata a far diventare definitiva l’assoluzione per non aver commesso il fatto.

Secondo l’originaria impostazione accusatoria della procura di Palermo, dopo la strage di Capaci e prima di quella di via d’Amelio venne aperta una Trattativa tra alcuni esponenti delle Istituzioni e Cosa nostra. Le bombe e le stragi sarebbero continuate se lo Stato non avesse messo un freno alla lotta alla mafia, nel papello tutte le richieste, soprattutto quelle riguardanti il 41bis e l’ergastolo ostativo. In primo grado gli imputati erano stati tutti condannati a pene comprese tra i 28 e gli 8 anni. Sentenza ribaltata in secondo grado, che aveva assolto gli imputati (tranne i mafiosi) ma con motivazioni diverse. Secondo i giudici del secondo grado i carabinieri hanno “agito avendo effettivamente come obbiettivo quello di porre un argine all’escalation in atto della violenza mafiosa che rendeva più che concreto e attuale il pericolo di nuove stragi e attentati, con il conseguente corredo di danni in termini di distruzioni, sovvertimento dell’ordine e della sicurezza pubblica e soprattutto vite umane”. Analisi che non viene condivisa dalla Suprema corte, secondo la quale i militari non hanno commesso il reato contestato, dunque i carabinieri non hanno trasmesso la trattativa allo Stato, e quindi gli uomini della consorteria mafiosa sono colpevoli solo di “tentata minaccia”, reato ormai prescritto.

“Manca di indicare il preciso contenuto delle richieste” rivolte da Cosa nostra alla politica e alle istituzioni, solo conoscendo quel contenuto, argomentano i magistrati, si sarebbero potute fare “valutazioni di merito essenziali per sostenere logicamente le conclusioni sull’integrazione del delitto”, valutazioni “che non risultano effettuate nella sentenza impugnata”. Per la procura di Palermo, infatti, nel novembre del 1993 l’ex guardasigilli Conso decise di far decadere oltre trecento provvedimenti di 41bis per altrettanti detenuti mafiosi, proprio in relazione alla minaccia proveniente da Cosa nostra con le stragi di Firenze, Roma e Milano, tra il maggio e il luglio dello stesso anno. Anni particolari, nei quali si intrecciano anche le ormai già note vicende dei fratelli Graviano, Marcello Dell’Utri e Berlusconi in procinto di entrare in politica, assieme all’amico Antonio D’Alì con cui fondano il partito Forza Italia. Marcello Dell’Utri già un potente nome di riferimento per le consorterie di Sicilia e Calabria, Antonio D’Alì in rapporti stretti con i Messina Denaro, anche essi fortemente legati a Totò Riina.

Secondo gli ermellini non ci fu una Trattativa, ma solo un tentativo da parte di Cosa nostra di minacciare lo Stato con le bombe. Un tentativo di cui nessuno avrebbe mai avuto notizia. Una ricostruzione storica non reale ed evidentemente non esaustiva, che non spiega, tra le altre cose, cosa sia successo nel 1994 quando si interruppero le stragi e le bombe smisero di brillare.

Di

Ultime notize

Europa, la strage degli innocenti. E le “vittime” si fanno carnefici, perchè?

23 luglio 2016, Commenti disabilitati su Europa, la strage degli innocenti. E le “vittime” si fanno carnefici, perchè?

LE MAFIE SONO UNA REALTÀ DEVASTANTE CON CUI FARE I CONTI, ANCHE IN TOSCANA

19 aprile 2024, Commenti disabilitati su LE MAFIE SONO UNA REALTÀ DEVASTANTE CON CUI FARE I CONTI, ANCHE IN TOSCANA

CON LA POVERTA’ CRESCONO ANCHE LE MAFIE

28 marzo 2024, Commenti disabilitati su CON LA POVERTA’ CRESCONO ANCHE LE MAFIE

L’anno che verrà si celebra a Crotone

30 dicembre 2023, Commenti disabilitati su L’anno che verrà si celebra a Crotone

Palermo, Borgo Parrini: il comune sfratta il bene confiscato alle mafie

13 dicembre 2023, Commenti disabilitati su Palermo, Borgo Parrini: il comune sfratta il bene confiscato alle mafie

Alla Sicilia e alla Calabria non servono ponti ma autostrade, ferrovie e aerei

26 novembre 2023, Commenti disabilitati su Alla Sicilia e alla Calabria non servono ponti ma autostrade, ferrovie e aerei

Video

Service Unavailable.