Pubblicato: ven, 9 Ago , 2013

In Italia non rischia nulla chi maltratta un animale

Ancora al collasso il canile municipale di Palermo. Le associazioni animaliste: “La sterilizzazione? Un atto di amore”

 

di Matilde Geraci 

NEWS_155142Gli hanno legato collo e zampe con una grossa corda, per poi gettarlo in una vasca per l’irrigazione. È la terribile sorte toccata a un cane, il cui corpo senza vita è stato rinvenuto la scorsa settimana nei pressi del Parco della Favorita, a Palermo, da alcuni operatori dell’Amia, l’azienda municipalizzata che si occupa dell’igiene cittadina.
Dall’esame del microchip è emerso che si trattava di un cane di quartiere, registrato a nome del Comune di Palermo. Non si sa ancora, invece, se il povero animale sia morto per cause naturali o ucciso per annegamento.
Intanto, i suoi resti sono stati trasferiti al canile municipale della città, dove i veterinari in servizio presso la struttura eseguiranno il necessario esame autoptico per poter risalire al motivo del decesso. Sarà, infatti, l’autopsia a verificare l’eventuale presenza di acqua nei polmoni. Ciò significherebbe che l’animale è morto per annegamento e, quindi, che è stato ucciso. In caso contrario, potrebbe trattarsi con molta probabilità di uno smaltimento illecito della carcassa.
È purtroppo ancora diffusa, specialmente nelle zone rurali, l’abitudine di sbarazzarsi degli animali morti, legandone gli arti per poterli trascinare con l’automobile. Non si esclude che qualcuno possa aver fatto la stessa cosa, per poi buttare il cane all’interno della gebbia. Va detto comunque che, in un caso o nell’altro, si tratta ugualmente di maltrattamento dell’animale.
«Mi chiedo se in generale tali episodi, oltre ad esprimere una crudeltà inaudita – dichiara Alessandra Musso, responsabile cittadina della LIDA (Lega Italiana dei Diritti dell’Animale) – non siano anche il frutto della pochezza della pena. Forse è il caso di finirla di continuare a dire che in Italia rischia grosso chi maltratta un animale. Non ci crede più nessuno».
Da questa triste vicenda emergono diversi aspetti altrettanto scoraggianti. Innanzitutto, la drammatica realtà dovuta al sovraffollamento, in cui vive ormai da troppo tempo il canile municipale di Palermo. «Una situazione al collasso, dalla quale non si riesce ad uscire», afferma ancora la volontaria.
Se da un lato, infatti, si è riusciti in qualche modo a sensibilizzare il cittadino, puntando anche sul sentimento di compassione, dall’altro è pur vero che non si riesce a far capire quanto sia importante la sterilizzazione dei nostri animali, favorendo così continue cucciolate che non fanno altro che riempire ulteriormente le gabbie del canile.
«Eppure abbiamo tentato in tutti i modi di far capire alla gente che la sterilizzazione non è un atto di crudeltà, bensì d’amore». Veterinari e volontari si prodigano per far comprendere ai proprietari di cani l’importanza di tale procedura sia nel maschio che nella femmina, dato che può aumentare la lunghezza e la qualità della vita dell’animale.
Una vera e propria operazione che però “spaventa” tanti padroni anche per via dei costi. Eppure sarebbe anche un gesto di responsabilità, evitando così cucciolate indesiderate e destinate, se non a un triste destino, quanto meno ad affollare le strutture già colme. E non sempre le adozioni riescono a tamponare il problema. Soprattutto perché non è raro che queste adozioni siano “temporanee”.
«Capita spesso che ci riportino indietro i cani, ma per fortuna la maggior parte di loro viene affidata al Nord (in particolare in Lombardia, Veneto e Toscana) e, vuoi forse per una maggiore disponibilità delle famiglie ad adottare, nel 99% dei casi trovano una sistemazione definitiva.
Intanto, però, nella lotta al randagismo, così come stanno le cose, ci troviamo tra due fuochi», dichiara la Musso. «I cani dentro muoiono, ma non possiamo di certo lasciarli morire per strada». Come se non bastasse, il canile municipale era rimasto nei mesi scorsi senza l’unico furgone destinato al recupero dei randagi, costringendo così i volontari che gestiscono il rifugio comunale a soccorrere con i propri mezzi gli animali ammalati o incidentati.
La “questione dell’accalappiamento” è quella che probabilmente sta più a cuore ai ragazzi dell’ADA (Associazione Difesa Animali), dell’OIPA (Organizzazione Internazionale Protezione Animali) e della LIDA: le associazioni che, chi volontariamente e chi attraverso un protocollo d’intesa stretto con il Comune, si occupano dell’assistenza veterinaria, del cibo, della pulizia e della sgambatura.
«Proprio questa settimana abbiamo avuto una segnalazione di un cane che stava poco bene nei pressi dello Zen. Alcuni residenti hanno provato a chiamare gli accalappiatori, ma il telefono squillava a vuoto. Questo perché il servizio è disponibile solo la mattina. Per fortuna il cane aveva avuto solo un colpo di calore e, una volta portato all’ombra e fattogli bere un po’ d’acqua, si è ripreso. Non oso immaginare che fine avrebbe potuto fare l’animale, se avesse avuto un malore più grave o se fosse stato incidentato. In questi casi è fondamentale la reperibilità. Ed è quello che chiediamo al Comune: un servizio di recupero randagi H24».
Rimane sospesa, infine, la vicenda legata alla ristrutturazione del canile di via Tiro a segno. A settembre, infatti, la struttura verrà chiusa, sebbene temporaneamente, e non è dato sapere che sorte toccherà ai cani ospitati al suo interno. I lavori di ristrutturazione serviranno ad ampliare i locali in modo anche da poter effettuare in loco sterilizzazioni e microchippature. I volontari hanno più volte chiesto che i cani, nel periodo in cui il canile sarà chiuso, vengano trasferiti in strutture adeguate e a norma. «Abbiamo posto la domanda direttamente al capoarea del Settore Ambiente, Domenico Musacchia, ma ad oggi non abbiamo ottenuto alcuna risposta».

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