Pubblicato: mer, 20 Apr , 2016

Teatro. A maggio a New York il Festival del teatro Italiano.

Dal 2 maggio a New York, in scena cinque spettacoli italiani grazie ad un Festival. Dal 13 al 15 maggio anche il diario di Piergiorgio Welby, Ocean Terminal con Emanuele Vezzoli. Ne parliamo con la direttrice artistica, Laura Caparrotti.

lauraemonicaCinque progetti teatrali su duecento sono stati selezionati quest’anno per la quarta edizione di In scena! Italian Theater Festival N.Y. che si svolgerà dal 2 al 16 maggio in teatri newyorkesi, nei cinque distretti di New York, non solo a Mahattan, ma anche a The Bronx, Staten Island, Brooklyn e in Queens. Il primo anno è stato un successo incredibile, raccontano gli organizzatori, il secondo e terzo il flusso si è normalizzato, ma quest’anno ci saranno lavori molto originali. Dal Lazio, il 13 ed il 15 maggio al Bernie Wohl Center, alle 7,30, andrà in scena Ocean Terminal, tratto dal romanzo autobiografico di Piergiorgio Welby, con la regia e l’interpretazione di Emanuele Vezzoli. Dal Teatro Stabile di Innovazione del Friuli Venezia Giulia, Diario di una casalinga serba, tratto dalla novella di Mirjana Bobic Mojsilovic, diretto da Fiona Sansone, dalla regione Abruzzo, Adamo ed Eva, scritto e diretto da Mauro Santopietro e ancora dal Lazio, Pinocchio Fellini scritto e diretto da Titta Ceccano della compagnia Matutateatro in collaborazione con il teatro della Caduta di Torino, dalla Lombradia, Cuoca Primavera, scritto e diretto da Chiara Cervati. (www. inscenary.com  e per info 646 850 7056)

Forse non lo sapevate, ma i newyorkesi vanno pazzi per il teatro. L’offerta a New York è davvero imbarazzante e si affollano ogni sera spettatori da tutto il mondo. Il teatro costa e non è uno scherzo, si va dagli 80 ai 250 dollari in su per una poltrona a Broadway fino ad un minimo di 25 dollari in una sala da cento posti  fuori, nei cosidetti off Broadway. Qui qui il teatro funziona ancora, nonostante la crisi, le chiusure delle sale più piccole, dovute anche ad una prepotente cementificazione degli ultimi anni, vero cavallo di battaglia dell’ex sindaco Michael Bloomberg. nonostante tutto questo, la politica è attenta alla cultura, ne parla e lo struscio è assicurato alla vigilia delle elezioni di ogni tipo, quando i candidati fanno a gara  per  farsi vedere impegnati ad inaugurare nuovi teatri o a battersi per ristrutturare quelli più antichi. Si comprano posti in prima fila anche nei teatri di prosa, pur di farsi vedere in giro. A raccontarci la sua avventura newyorkese è Laura Caparrotti, un’ attrice italiana, nata a Roma, sbarcata a New York 20 anni fa. Attratta dall’avanguardia teatrale della Grande Mela ha finito con il trasferirsi qui ed ha messo su una compagnia teatrale che  si è dedicata anche alla promozione della cultura, impegnandosi per il teatro indipendente.

Caparrotti è la coordinatrice della Lega del teatro indipendente a New York, che ce la mette tutta per sollecitare proposte, come quella di finanziare la produzione teatrale con un fondo in cui riversare l’1% del costo dei biglietti venduti, ad esempio. – Basterebbe che lo facessero anche solo a Broadway- suggerisce Caparotti e il fondo potrebbe crescere molto.  Insomma, il teatro è vivo non solo perché c’ è una industria che lo scrive, lo realizza e lo promuove, ma anche perché, dove la coperta fosse molto corta, si è creato un movimento politico che lo sostiene ed un altro settore strategico: quello della promozione turistica legata all’ offerta culturale. Così chi sviluppasse progetti per attrarre il turismo teatrale potrebbe accedere ad altri percorsi di finanziamenti. Da non sottovalutare è poi il metodo e l’azione politica dal basso. La lega del teatro indipendente invita i politici a prendere impegni prima delle elezioni, ma non sono ammessi doppi giochi, perché la lega monitora e a fine mandato chiede il conto. Questa è l’America, ragazzi! Le lamentele non mancano neanche qui, è chiaro. La crisi c’ è, ma quando torna in Italia Laura Caparrotti, nota la differenza e questo la convince che dobbiamo fare tutti di più. Abbiamo incontrato Caparrotti a Roma, in una breve sosta, prima di ripartire e le abbiamo chiesto qualche informazione in più sulla sua creatura, In scena! Italian Theater Festival N.Y. Un vero e proprio  festival del teatro italiano a New York, che lei ha inaugurato come direttrice artistica nel 2013 ed ora è alla sua quarta edizione. Anche quest’anno In Scena durerà quindici giorni ed accenderà le luci il 2 maggio prossimo.

Che cos’è esattamente il Festival del teatro italiano a New York?

La prima cosa da dire è che non è fatto solo per gli italiani che vivono qui, anzi. Nasce dall’esigenza di collocare il nostro Paese, soprattutto la nostra lingua in un circuito internazionale, in uno scambio con altre culture che qui di certo non mancano. Selezioniamo quattro o cinque spettacoli l’anno e diamo loro la possibilità di andare in scena per tre giorni. E da quest’anno due saranno invitati a tornare anche nella stagione autunnale.

Cosa succede dopo?

Uno degli effetti di portare qui le compagnie italiane con i loro spettacoli è proprio quello di far conoscere tra loro dei mondi. E’ capitato che seguano degli scambi di workshop tra italiani e americani, oppure che perfino tra loro gli attori, gli autori, le produzioni italiane si organizzino in un modo nuovo anche in Italia e nascano progetti. Noi diamo molta importanza alla socializzazione tra le compagnie selezionate.

Qual è la sfida più importante per gli spettacoli italiani?

E’ quella di tradurre i testi italiani in modo molto puntuale in un’ altra lingua, l’inglese o meglio l’americano. I testi vengono presentati tutti con i sottotitoli, ma si tratta di lavori che richiedono grande cura ed impegno, diventano dei testi originali in un’ altra lingua. Un buon interprete di madrelingua non basta, occorre conoscere a fondo il testo e saperlo comunicare al pubblico. Per fare questo ci serviamo di una qualificata società toscana di sottotitolazione.

Chi vi finanzia?

Facciamo tutto con cifre ridicole, ma ogni spettacolo è libero di portare anche i suoi sponsor per autofinanziarsi la trasferta, il vitto e le spese. La passione ci aiuta e spesso non riceviamo denaro, ma servizi, così negoziamo costi molto bassi per gli affitti delle sale o degli spazi per le prove, che da queste parti non sono affatto cosa da poco.

Quanto costa ai partecipanti? Di fatto il viaggio, il vitto e l’alloggio. Mentre non devono pagare alcuna quota all’organizzazione, solo un deposito cauzionale per eventuali cancellazioni impreviste dell’ultimo minuto, che metterebbero a rischio il lavoro di tutta l’organizzazione. A New York partecipare ad un festival implica iscrizioni  salate, dai 450 ai 2000 dollari, in cambio dello spazio, del tecnico e della promozione del festival. Noi lo facciamo gratuitamente ed anche i biglietti per il pubblico sono ad un ottimo prezzo, il mio sogno è un giorno lasciare l’ingresso libero, per farne una vera festa del teatro.

Cos’altro garantite alle compagnie?

Diamo un tecnico dedicato al singolo spettacolo, non generico, che va oltre la semplice gestione della sala. Il tecnico parla con le compagnie prima, anche se alcune compagnie preferiscono affiancare il loro tecnico delle luci o del suono, ma non sono obbligate. Noi, offriamo anche una promozione dedicata al singolo spettacolo, non solo all’evento del Festival. Sia video che foto di scena e fuori scena. Ed abbiamo dei media partner ed un canale tv dedicato su di una piattaforma web. Altra cosa è che mettiamo biglietto d’ingresso basso, per far riempire le sale. Un off brodway un biglietto costa 70/80 dollari, ma noi facciamo promozione del teatro a 20 euro. Alcuni partner ci danno lo spazio, ma vogliono ingressi gratuiti per i loro abbonati.Io vorrei fare teatro gratuito come al public theatre dove tutte le sere  va in scena Un testo di W. Shakespeare.

Come si partecipa?

C’ è un bando che mandiamo in giugno/luglio e che facciamo girare ovunque sui social, sui siti specialistici. La difficoltà è scegliere, ci sono spettacoli molto belli, ma complicati da mettere in scena questi sono impensabili da portare. Chiediamo i video, diamo tre mesi per organizzare il materiale. Per noi è la parte più importante.

 

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