Pubblicato: dom, 29 Mar , 2020

Tucidide e il coronavirus: Atene e Milano.

La peste di Atene del V secolo avanti Cristo. Una lezione ancora molto attuale su salute pubblica e democrazia.

Premettendo che la cosa più sbagliata del mondo è sostenere la teoria del ripetersi della storia, rileggendo alcuni classici, come ad esempio ‘I Promessi sposi’ o in questo caso ‘La guerra del Peloponneso’, si resta meravigliati dalla somiglianza dei fatti presenti con alcuni aneddoti di un po’ (ma giusto un po’) di tempo fa.

Ci troviamo in Grecia, chi ci parla è Tucidide, grande storico e militare ateniese, uno dei principali esponenti della letteratura greca.

E’ un racconto antico, di “soli” 2450 anni fa, quello della Guerra del Peloponneso, tra le due superpotenze del V a.C., Sparta ed Atene, entrambe in competizione per il predominio sulle poleis della Grecia antica.

«E i medici non erano capaci di combatterla, perché non la conoscevano. Infatti, loro erano nella situazione di curarla per la prima volta[…]Fece la sua prima apparizione, a quanto si racconta, in Etiopia, oltre l’Egitto; poi dilagò anche nell’Egitto, in Libia e nella maggior parte del regno di Persia. In Atene piombò all’improvviso e i primi a subirne il contagio furono gli abitanti del Pireo[…]». E’ un racconto antico quello di Tucidide, storico di uno dei conflitti più violenti della storia greca, cioè la Guerra del Peloponneso, tra le due superpotenze del V a.C., cioè tra Atene e Sparta.

Marco Ricucci, insegnante docente di italiano e latino al Liceo Scientifico «Leonardo» di Milano e professore all’Università degli Studi di Milano, in un suo bellissimo articolo sul Corriere della Sera ci invita a fare un piccolo esperimento, che a prima vista può sembrare follia, soprattutto storicamente parlando, ma che invece si rivela fonte di grande riflessione, per riuscire meglio a comprendere in primis l’importanza della storia e poi i fatti contemporanei.

“Ma se noi sostituiamo il nome delle località, facendo un piccolo sforzo, con i nomi geografici della cronaca di oggi, forse possiamo essere d’accordo con l’antico detto: Historia magistra vitae. La storia maestra di vita. Di ognuno di noi, in quanto essere umano.

Etiopia come la Cina, la Persia come l’Europa, il Pireo come Codogno, nella operosa Lombardia. Tucidide, che fu in prima linea nella guerra come stratega e comandante, descrive la peste arrivata ad Atene, nel 430 a.C: i suoi abitanti, padroni del mare, si erano rinchiusi nelle Grandi Mura, pensando di stare al sicuro, dalla più potente macchina da guerra del tempo cioè l’esercito degli Spartani. Fuori loro, dentro gli Ateniesi, con provviste che trasportate sul mare, sbarcate al porto del Pireo, sarebbero giunte senza problemi lungo un corridoio di circa 20 km, ben munito dalle mura, direttamente al cuore di Atene, centro della civiltà e della cultura; anzi il Partenone, di cui ancora oggi ammiriamo le tracce superstiti, osservava con il suo splendore quella che doveva essere un conflitto veloce. Ma il nemico, la peste, venne dal mare, ignoto ai più: ci sono i sintomi ben descritti da Tucidide: starnuti, raucedine, tosse violenta, dolori allo stomaco, spesso lancinanti. Poi il morbo avanzava manifestandosi sul fisico: fuoco nel corpo, piccole piaghe e ulcere, tanto da voler bere continuamente acqua, anzi buttarcisi dentro, nella speranza di trovare un consolatore refrigerio. Si poteva diventare ciechi, ma anche c’era chi guariva: il prezzo era una completa amnesia, al punto da non riconoscere la propria famiglia. La solitudine dilagava, insieme alla peste…”

«Ma di tutto il male la cosa più terrificante era la demoralizzazione da cui venivano presi quando si accorgevano di essere stati contagiati dal morbo […]si tentava di curarsi l’un con l’altro, si moriva di contagio, come le pecore. Ciò provocò la più vasta mortalità». Bastano le parole di Tucidide, per capire l’importanza delle indicazioni che continuamente ci vengono date a livello mediatico per contenere il coronavirus. Restare in casa non è solo un fatto di sicurezza sanitaria ma di civiltà!

«Iniziò allora, in città, per la prima volta, in seguito alla malattia, una maggiore sfrenatezza di fronte alla legge, anche in altre cose; e con più ardore, molti osavano ciò che prima stavano ben attenti a fare a loro piacimento». Nella patria di Fidia e Platone, nel faro della democrazia e all’apice della ricchezza, ad Atene dilaga il panico, ogni buona creanza, insomma ogni forma e gesto di civiltà, che qualificava il vivere ogni giorno. Possiamo attualizzare la testimonianza di Tucidide? Lui scrive in greco antico, quella grande lingua che ha segnato e ha influenzato per sempre il mondo antico, moderno e contemporaneo, tanto è vero che ancora nel terzo millennio i nostri ragazzi la studiano. Tucidide è un pensatore fine, che, dopo il grande Erodoto, getta le basi per la Storia e la storiografia come scienze. In più, questo figlio di Atene, sposa la concezione ippocratica della medicina, ovvero lo studio sistematico della medicina clinica, riassumendo le conoscenze mediche delle scuole precedenti, e di descrivere le pratiche per i medici attraverso il Corpus Hippocraticum e altre opere. Lo stesso fa, magistralmente, da storico, Tucidide.

«Io, per mio conto, dirò come si è manifestato e con quali sintomi, cosicché, se un giorno dovesse ritornare a infierire, ciascuno, conoscendone le caratteristiche, abbia modo di sapere di che si tratta: tutto chiaramente esporrò, in quanto io stesso ne ho patito e ho visto molti colpiti dal contagio».

Nel 2005 nel DNA estratto dai denti di una vittima al cimitero Ceramico di Atene, è stato ritrovato il batterio della febbre tifoidea, altri scavi e ricerche hanno confermato la scoperta. I sintomi della febbre tifoidea, quali brividi, brachicardia, astenia, mialgia e anoressia corrispondono in parte alla descrizione di Tucidide.

Conclude magistralmente il Prof. Ricucci:

“Noi possiamo essere come Tucidide, nella nostra quotidianità: non demoralizzandoci, soprattutto per i nostri ragazzi. Seguiamo dunque i consigli che ci vengono dati per non far diffondere l’epidemia del coronavirus. Vivendo in una maniera nuova, almeno nel tempo della sua incubazione, forse soffrendo inconsciamente di una nuova claustrofobia, perché la normativa ci obbliga, data l’emergenza, a stare in casa, e a uscire solo se strettamente necessario. È sempre Tucidide a darci una ultima lezione che è sempre attuale: «Nel Peloponneso il morbo non era penetrato, almeno in maniera significativa, aveva fatto una marea di contagi, specialmente, ad Atene e poi nelle parti del territorio più densamente popolate». Proviamo ad immaginare Milano e la Lombardia: nella collaborazione di tutti noi cittadini, la forma più alta di civiltà è seguire meticolosamente, ora, le indicazioni per contenere questa epidemia. Forse impareremo, non da Tucidide, ma da noi stessi, quanto è bella la libertà personale e di tutti gli altri.” Riscopriamoci liberi, soprattutto di pensare.

 

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