Pubblicato: sab, 22 Nov , 2014

Sono solo Bambini.

Immigrati e rifugiati. Soldati armati, e poi corpi senza vita sulle strade di città distrutte dalla guerra. Corrieri della droga. Detenuti in carcere. Stranieri e italiani.

bambini_soldatiCosì, con status e ruoli con cui vengono mascherati e descritti dai “grandi”, si parla dei bambini e dei minori negli ultimi anni e mesi, soprattutto. Loro che allungano la lista dei nuovi poveri, e che dalla povertà non hanno strumenti per difendersi. Loro che non conoscono la differenza tra “bianchi, neri e gialli” se non per il colore delle magliette, e che vengono allontanati dalle periferie italiane e dai loro nuovi amici coetanei perché immigrati e “fonte di degrado”. Loro che rappresentano la speranza di un futuro migliore, e che vengono allenati all’illegalità e alla morte dalle mafie, spesso dalle loro stesse madri. Loro che sono figli della modernità, viziati a volte dalle nuove tecnologie, ma che si confrontano presto con la solitudine a cui la vita frenetica degli adulti li condanna. Loro, e tutti gli altri, sono semplicemente bambini e ragazzi.

Si è parlato di loro ieri a Roma, in occasione del 25° anniversario della Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo, in una conferenza voluta dall’associazione Misna per la promozione dei diritti di fanciulli, anche immigrati. Perché nella realtà sociale del momento le nuove vittime di abusi e violenze sono proprio i minori stranieri non accompagnati. Mescolati tra gli adulti sui barconi, quando arrivano vivi a terra, in Italia, subiscono gli stessi trattamenti dei loro compagni di viaggio grandi. Per loro si aprono le porte dei centri di prima accoglienza, spesso non adeguati ai minimi standard dell’accoglienza. Costretti a vivere, spesso appena nati, in capannoni dove uomini e donne, ragazzi e bimbi devono condividere la poca aria a disposizione. Giornate intere “chiusi in luoghi dove non succede niente. E questo è già un problema”, come fa notare Leonardo Cavaliere di Misna. Qui il diritto all’ascolto dei minori, previsto nella Carta di New York 25 anni fa, è lettera morta. Eppure qualcosa si muove. Lo dimostra il kit di benvenuto, studiato dal Garante per i minori con l’associazione Terre des Hommes, fatto dai minori già ospiti della comunità di Mazzarino in Sicilia “I girasoli” per i fratelli in arrivo. “Nel realizzarlo gli abbiamo chiesto cosa avrebbero voluto sentirsi dire appena arrivati – ha spiegato l’avvocatessa Alessandra Ballerini di Terre des Hommes – Volevano sapere i loro diritti, ma anche dov’erano perché non lo sanno! Ma abbiamo anche chiesto come farlo in modo che sia accattivante. E loro hanno risposto: Se mettete in copertina il nome di Dio per noi è sacro e non lo butteremo mai”. La laicità del progetto ha poi optato per un’altra scritta, ma i ragazzi si sono sentiti comunque accomunati da un valore comune. E questo si è scoperto solo ascoltandoli.

A volte però la reclusione a cui sono sottoposti è solo conseguenza delle scelte sbagliate della madre, che li condanna nei primi anni di vita alle sbarre e alle restrizioni del carcere. E quando non si riesce ad applicare la legge sulle case famiglia protette (spesso per carenza di spazi da dedicare, nonostante i tanti locali vuoti confiscati alle mafie), si prova a ricucire quel diritto leso allo svago con i “sabati di libertà”. Un giorno in cui i piccoli reclusi ritornano bambini. E parlando di bambini e ragazzi condannati dalla nascita, è inevitabile parlare anche dei figli delle mafie. Piccoli nati e svezzati dalla cultura dell’illegalità. Una mentalità che quando coinvolge clan e organizzazioni mafiose radicate vede i figli e ragazzi come nuovi affiliati. Bambini cresciuti vedendo le sorelle sposare appartenenti ad altri clan, per rafforzare il sodalizio mafioso, le madri incitare alla faida e alla vendetta e arrivando ad allontanare i figli diventati collaboratori di giustizia. Un terreno minato su cui le fragili vite dei bambini e ragazzi non possono fare altro che camminare, come vengono educati a fare. A rieducarli e accompagnarli su altre vie, ci pensano i maestri e preti di strada. “Un lavoro splendido, ma tutto in solitudine – ha precisato la professoressa Stefania Pellegrini – Senza strumenti, né sostegno. Semplicemente come una missione di conversione dalle mafie”. Bambini arruolati e bambini uccisi dalle mafie, perché figli di clan avversari o solo perché si trovavano nel posto sbagliato, al momento sbagliato.

Prendersi cura di loro, e degli altri, equivale a seminare speranza nel futuro. E per cominciare basta intanto ricordarsi che sono solo bambini.

 

 

Anna Giuffrida

annagiuffrida.wordpress.com

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