Pubblicato: gio, 3 Apr , 2014

Sit-in Agende Rosse davanti alla Prefettura per sostenere Di Matteo

Presidi in tutta Italia per sollecitare il ministro dell’Interno Alfano: «Subito il Bomb Jammer per impedire una nuova strage»

Immagine 024Era lo scorso 3 dicembre quando, il ministro dell’Interno Angelino Alfano, in visita a Palermo, assicurò che il Bomb Jammer – dispositivo in grado di azzerare le frequenze dei telecomandi di eventuali congegni esplosivi – era stato reso disponibile per la scorta del pm Nino Di Matteo, che insieme ai colleghi Del Bene, Teresi e Tartaglia indaga sulla trattativa Stato-mafia. A quelle parole, però, non sono seguiti i fatti. È per questo che oggi, a distanza di quattro mesi esatti da quella promessa, si sono svolti in contemporanea numerosi sit-in davanti alle Prefetture di tutta Italia, per chiedere al ministro una risposta immediata in merito alla concessione del dispositivo di sicurezza al magistrato palermitano, oggetto di veri e propri ordini di morte lanciati da Totò Riina dal carcere milanese di Opera.

«Il motivo per il quale non è stato ancora assegnato il Bomb Jammer – afferma Simone Cappellani, coordinatore delle Agende Rosse palermitane – è che questo dispositivo fa male alla salute. Da fonti non ufficiali sappiamo che esistono delle versioni di questo strumento di ultima generazione, che non farebbero poi così male alla salute come ci vorrebbero far credere». In effetti, in merito alla recente visita di Barack Obama a Roma, diversi organi d’informazione hanno fatto esplicitamente riferimento proprio al Bomb Jammer utilizzato per garantire la sicurezza del presidente degli Stati Uniti d’America. «Non è vero, quindi, che questi dispositivi fanno male alla salute o, quanto meno, fanno male solamente in alcuni casi. Il caso di Obama, poi, non è nemmeno il primo. Il Jammer è stato usato anche per Putin quando venne in Italia. Insomma, è uno strumento ampiamente utilizzato».

«Noi vogliamo, pretendiamo fatti». È l’appello di Salvatore Borsellino, fratello del giudice ucciso nel ’92 in quel modo eclatante che tanto piace a Riina e che oggi solo con la dotazione immediata di un modello e sofisticazione adeguata di Bomb Jammer può essere impedito. La stessa richiesta è stata ribadita con forza dai cittadini riunitisi davanti alle Prefetture, per ottenere una volta per tutte risposte definitive e, allo stesso tempo, manifestare la propria solidarietà ai magistrati minacciati. A Palermo erano circa un centinaio, mai stanchi di lottare affinché non vi sia un’ennesima strage. Solidarietà che invece non è mai arrivata dai piani più alti delle istituzioni. Non una sola parola di sostegno nei confronti del procuratore Di Matteo è stata infatti espressa dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. «Lo Stato deve rispettare gli impegni che si è preso, perché noi non possiamo permetterci quello che è accaduto vent’anni fa a Falcone e Borsellino e, ancora prima a Carlo Alberto Dalla Chiesa e Rocco Chinnici», conclude Cappellani a nome del Movimento delle Agende Rosse, che ha organizzato l’iniziativa, insieme all’Associazione Nazionale Familiari Vittime di Mafia, Un’altra Storia di Rita Borsellino, alla rivista Antimafiaduemila, al cento studi Paolo Giaccone e numerose altre associazioni.

«Registriamo con soddisfazione che, dopo due anni, il Consiglio Superiore della Magistratura ha prosciolto Nino Di Matteo – ha detto Giorgio Colajanni di ANPI Palermo, che ha preso la parola subito dopo –. Ovviamente non siamo così presuntuosi da pensare che sia stato il risultato delle nostre iniziative, ma sicuramente queste hanno dato fastidio, soprattutto a chi vorrebbe che una coltre di silenzio scendesse sul processo trattativa. Dobbiamo però ricordarci che il peggior nemico è l’indifferenza. In ogni modo e con ogni mezzo dobbiamo tenere alta l’attenzione non soltanto nei confronti della Procura di Palermo, ma di tutti quei magistrati che si stanno occupando di contrasto alla criminalità organizzata».

«Siamo qui anche per manifestare la nostra vicinanza agli uomini delle scorte – ricorda Armando Carta –. Troppi poliziotti e carabinieri sono morti a fianco dei magistrati durante le stragi del ’92. Lo Stato deve fare la sua parte e anche tutelare chi, grazie alle sue testimonianze, sta aiutando il processo sulla trattativa ad andare avanti. È una persona che non riceve alcuna tutela e il suo nome è Massimo Ciancimino. Non ha alcuna protezione da parte dello Stato, che gli ha tolto la scorta e ritirato persino la patente, eppure è dalle sue dichiarazioni che è scaturito questo processo».

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