Pubblicato: gio, 7 Nov , 2013

Processo Stato-mafia, pentito Onorato: «Dalla Chiesa ucciso per volere di Andreotti e Craxi»

Nel processo per la trattativa, l’ex boss di Cosa nostra si schiera dalla parte di Riina: «Lo Stato prima lo ha usato e poi lo ha lasciato solo»

 

trattativa stato-mafia«Sento parlare di trattativa tra Stato e mafia. Ma quale trattativa? Io ho visto la convivenza tra politica, Stato e mafia. Totò Riina ha ragione quando dice che lo Stato lo ha lasciato solo. Lo sapete perché Riina accusa lo Stato di manovrare Cosa nostra? Nel momento in cui l’opinione pubblica è scesa in piazza, i politici si sono andati a nascondere. E adesso lui sta pagando il conto, mentre lo Stato no. Prima Craxi e Andreotti gli hanno fatto fare le cose, gli hanno fatto uccidere il generale Dalla Chiesa perché avevano il suo fiato sul collo, e poi lo hanno lasciato solo. Perché Dalla Chiesa non dava fastidio a Cosa nostra». A parlare è il pentito Francesco Onorato, che ha deposto questa mattina davanti alla Corte d’Assise di Palermo, nel processo per la trattativa Stato-mafia.

Secondo Onorato, che apprendeva le informazioni da Salvatore Biondino, ambasciatore e coordinatore della commissione provinciale di Cosa nostra e sempre in contatto con Totò Riina (assieme al quale fu arrestato il 15 gennaio del 1993), dopo la conferma delle condanne del maxi processo in Cassazione, ad inizio del ‘92, Riina «se avesse potuto, i politici li avrebbe uccisi tutti».

Tuttavia c’era una lista di vittime da rispettare. Uomini che ricoprivano cariche istituzionali e che il capo dei capi avrebbe voluto far fuori al termine del maxi processo. In cima a quell’elenco «comparivano i nomi di Salvo Lima e Giulio Andreotti». Ma c’erano anche «Calogero Mannino (di cui prima tra di noi ne parlavamo bene), Vizzini (per il quale erano cominciati i pedinamenti), i cugini Salvo, Claudio Martelli, Ferruzzi e persino Gardini. Martelli lo facemmo diventare ministro noi. Io da reggente della famiglia di Partanna Mondello, tra il 1987 e il 1988 presi 200 milioni per finanziare Claudio Martelli, perché si diceva che faceva uscire i mafiosi dal carcere». Il boss corleonese, secondo il pentito, voleva assassinare anche il commissario Rino Germanà, ex capo della squadra mobile di Trapani che scampò a un agguato e che è stato il primo teste del processo per la trattativa. «Dopo il maxi-processo – rivela ancora Onorato – una serie di politici vennero contattati da Cosa nostra: tra loro anche Salvo Lima che non si presentò all’appuntamento. Diede buca». A Riina, non piacque l’atteggiamento dell’eurodeputato Dc che era nella lista dei politici da eliminare. Come di fatto poi avvenne, il 12 marzo 1992, all’uscita dalla sua villa di Mondello mentre si recava all’hotel  Palace per un convegno in cui era atteso Andreotti. L’esecutore materiale dell’omicidio fu proprio Onorato.

Continuano come un fiume in piena le dichiarazioni shock del pentito con 18 anni di carcere alle spalle: «Salvatore Biondino mi disse che per quanto riguarda il progetto di uccidere Giulio Andreotti e il figlio, si stavano interessando i fratelli Graviano a Roma, ma che c’era qualche problema perché gli venne rinforzata la scorta. L’omicidio si sarebbe comunque fatto», ha detto Onorato rispondendo al pm Nino Di Matteo.

Le “ingerenze” politiche sulle attività di Cosa nostra, stando a quanto affermato oggi da Onorato, vanno rintracciate anche nel fallito attentato contro il giudice Giovanni Falcone all’Addaura. Il collaboratore di giustizia, citando ancora una volta Biondino, ha affermato: «Mi disse che eravamo stati noi a mettere in giro la voce che era stato Falcone stesso a mettersi la bomba. Dovevamo far diventare Falcone come un bugiardo, un uomo di poco conto. Mi disse anche che questa era una pressione fatta dai politici».

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