Pubblicato: ven, 24 Mar , 2023

Primo collaboratore di giustizia della mafia cinese

l’indagine della Dda di Roma, dall’omicidio a Torpignattara al blitz contro il clan che gestiva narcotraffico e prostituzione

L’indagine condotta dal settembre 2021, ha raccolto e sviluppato le dichiarazioni di un collaboratore di giustizia di nazionalità cinese, considerato un unicum in ambito giudiziario in virtù del forte ermetismo che permea le organizzazioni criminali cinesi. E’ stato dunque possibile raccogliere gravi elementi indiziari in ordine all’esistenza di «una solida struttura criminale di tipo associativo, gestita da cittadini cinesi, attiva nel traffico nazionale ed internazionale di metamfetamine (shaboo, yaba, ketamina), nonché dedita allo sfruttamento della prostituzione».

47 cittadini cinesi, filippini e italiani sono oggetto di un’ordinanza per associazione a delinquere, traffico di stupefacenti e sfruttamento della prostituzione, che coinvolge Lazio, Toscana e Grecia. 19 custodie cautelari in carcere, 16 arresti domiciliari e 12 divieti di dimora emessi dal giudice delle indagini preliminari di Roma. Con l’emissione dell’ordinanza il gip ha accolto le richieste avanzate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma.

Il filone d’indagine partiva da lontano, da un omicidio, avvenuto in un appartamento di Torpignattara nel 2010, in via Rovetti, dove era stata trovata strangolata una prostituta cinese. Una morte violenta, dietro alla quale si nascondeva probabilmente un giro di meretricio, sfruttamento e narcotraffico legato ad una banda asiatica. L’uomo, oggi collaboratore di giustizia, era già stato fermato più volte per traffico di ketamine e shaboo. Sembra, infatti, fosse un membro attivo del clan, ma successivamente avrebbe raccontato di essere stato legato affettivamente alla vittima, motivo per il quale avrebbe scelto di denunciare i compagni.

L’attività investigativa è partita dopo aver raccolto le sue dichiarazioni, individuando la struttura del sodalizio criminale suddiviso in una cellula centrale a Prato e un’altra satellite a Roma. Entrambe le cellule erano capeggiate da due donne con una forte leadership e capaci di imporre rigide regole di comportamenti agli associati, nonché abilissime a gestire l’importazione di sostanze stupefacenti dalla Grecia. La droga arrivava in Italia attraverso corrieri imbarcati sui voli di linea, oppure attraverso la spedizione di pacchi di fattura cinese nei quali veniva occultata la merce. Durante l’indagine è stato assodato che il sodalizio gestiva anche una discoteca nella periferia sud est di Roma (Torra Angela), all’interno della quale era in attività una casa d’appuntamento riservata ai cittadini di nazionalità cinese, con traffico di shaboo e chetamina.

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