Postali, sciopero generale.
Oggi hanno scioperato i Lavoratore di Poste Italiane per il rinnovo del contratto di lavoro scaduto dal 2012 e contro il processo di privatizzazione di un servizio pubblico ormai ridotto ai minimi termini.
“Sono passati 16 anni dall’ultimo sciopero generale”, ci dicono i responsabili sindacali di Slc Cgil, Slp Cisl, Failp Cisal, Confsal Comunicazioni e Ugl-com che hanno scioperato unitariamente, “vediamo solo chiusure e tagli, così come avvenuto nel passato per le altre grandi aziende, da Ferrovie a Telecom”. Le segreterie segnalano inoltre: “vergognosi tentativi da parte aziendale per ”consigli” ai direttori degli uffici postali di non partecipare allo sciopero”.
Tra i motivi della protesta di oggi è la decisione del Consiglio dei ministri di quotare in Borsa un ulteriore 29,7% e del passaggio a Cassa Depositi e Prestiti del rimanente 35% del capitale. Una decisione arrivata a breve distanza dal primo collocamento azionario di oltre il 30% effettuato ad ottobre 2015. A parte le indiscrezioni dell’interessamento dei soliti cinesi, questo vedrebbe l’uscita definitiva del Ministero dell’Economia dall’azionariato del Gruppo Poste con la perdita del controllo pubblico.
Il gruppo Poste Italiane non è in crisi, ma una delle poche aziende rimasta a maggioranza statale che porta utili. A questo si aggiunge che Poste svolge un servizio universale alla cittadinanza essendo ancora punto di riferimento per molti italiani specie nei piccoli centri.
E’ ormai storia vecchia lo scempio dei risparmi postali dei tanti italiani che Cassa depositi e prestiti, dopo essersene impadronita, utilizza per coprire buchi e dissesti a destra e a manca. Come se questo non bastasse, il Governo Renzi per fare cassa immediata ha deciso di svendere Poste Italiane mettendovi alla guida Francesco Caio con “licenza di uccidere”.
L’operato del nuovo gruppo dirigente è sotto gli occhi di tutti:
– La chiusura degli uffici postali nelle zone disagiate ed il taglio di migliaia di sportelli. Infatti, il 92,49% della popolazione avrà uno sportello entro 3 chilometri, a fronte di un vincolo legale del 75%, e il 97,79% lo avrà entro 5 chilometri, contro il 95% fissato dalla legge, e il 98,65% entro 6 chilometri, a fronte del requisito previsto del 97,5%;
– il cattivo funzionamento del recapito della corrispondenza grazie al servizio a giorni alterni che ha visto il pronunciamento del Parlamento Europeo che ha chiesto il recapito in tutti i giorni lavorativi.
Le organizzazioni sindacali ribadiscono, “il sevizio pubblico è stato sacrificato sull’altare del profitto, “l’azienda si ricorda di doverlo espletare solo quando, come oggi, precetta i lavoratori per mantenere alcuni uffici aperti.
Abbiamo una riduzione complessiva di circa il 10% relativo alle aree operative, i pensionamenti non vengono integrati. Il numero dei dirigenti invece, negli ultimi anni è aumentato, così come sono aumentati i loro trattamenti economici. Il costo unitario relativo al personale dirigente è aumentato del 44,9%, quello dei non dirigenti ha riscontrato una crescita di appena l’8,1%, variazione inferiore a quella dell’inflazione, con conseguente riduzione del potere d’acquisto dei salari.
Non ultima la protesta dei lavoratori part-time, in attesa da tempo, della trasformazione in full-time. Mancanza di fondi? Alla manifestazione ironizzando ricordavano il recente fatto di cronaca che ha visto l’assunzione in Poste del fratello del Ministro Alfano per la modica cifra di 160.000 euro e del bagno privato che si è fatto costruire nella stanza del suo ufficio a Palermo.