Pubblicato: lun, 22 Giu , 2015

Porto delle nebbie.

La Costituzione inapplicata e umiliata.

Ma cosa sono le vicende di mafia capitale se non le squallide ricadute di un fenomeno ben più vasto e inquietante, conseguente alla storia e alla cronaca dei nostri ultimi 70 anni?

costituzione-italianaIl progetto della nostra Costituzione repubblicana rappresentò il momento più alto della nostra storia moderna. L’incontro tra le istanze del socialismo che accettava la democrazia, quella parte più avanzata del cattolicesimo che si svestiva dell’intransigenza religiosa e delle altre componenti ideali antifasciste costituì un proposito così elevato e ardito di libertà e di emancipazione, anche internazionale dalla logica degli schieramenti, che le forze della reazione e del mantenimento dello status quo non avrebbero potuto accettare comunque, e a maggior ragione in un paese arretrato, dissestato e suddito di uno dei due imperi che si dividevano il mondo, come invero era l’Italia.

Nel referendum del giugno 1946 gli italiani, dopo la Resistenza, scelsero la Repubblica. Il 25 giugno 1946 si tenne la prima riunione dell’Assemblea costituente. Lo spirito che la informò fu quello della convergenza di tutte le componenti politiche e culturali che avevano dato vita al moto di liberazione dal nazifascismo. Ma il 1 maggio 1947, mentre i lavori assembleari proseguivano nel solco dell’unità, il bandito Giuliano sparò sulla folla riunita a Portella della Ginestra per festeggiare la festa del lavoro. Il bandito non aveva mai perseguito nelle sue azioni criminali fini politici, tranne la copertura fornitagli dal movimento separatista siciliano; nessun’altra ipotesi fu formulata se non quella, parecchio attendibile, che fosse stato ingaggiato dalla mafia per conto del ministro degli Interni, democristiano, Mario Scelba. Il 22 dicembre dello stesso anno, nonostante dunque l’ostilità ministeriale che dimostrava l’agire inquinante di una fonda reazione , la Costituzione italiana vide la luce. Nel 1948, anche per mezzo della legge elettorale”truffa” che tradiva l’anima e gli intenti della Carta costituzionale, il PCI, una delle componenti più importanti della lotta al fascismo e della nascita della Costituzione, fu allontanato dalla formazione del nuovo governo e da quella ricostruzione unitaria dell’Italia che era una delle principali ragioni della fatica dei costituenti.

Al processo per la strage, la prima strage di Stato di una serie che diverrà ben presto da regime poliziesco e militare, Gaspare Pisciotta, luogotenente di Salvatore Giuliano, promise che avrebbe fatto tremare l’Italia. L’Italia non tremò: Gaspare Pisciotta fu avvelenato in un carcere dello Stato e il paese, privata la sinistra della legittimità al governo nazionale nonostante che in seguito avrebbe diretto gran numero di amministrazioni locali, si arenò, dal punto di vista della legalità istituzionale e in seguito e conseguentemente della coscienza civica, in un porto delle nebbie e la Costituzione che aveva impegnato le migliori intelligenze ed idealità del paese rimase inapplicata.

foto storicaE tuttavia dagli anni ’50 agli anni ’70 il Paese conobbe uno sviluppo economico notevole ed anche dal punto di vista dei diritti civili progredì e si emancipò dall’oscurantismo del cattolicesimo più retrivo: ciò fu possibile grazie all’opera determinante della sinistra. Città simbolo di tale progresso furono Torino e Milano operaie e socialiste. Di conseguenza il PCI crebbe nei consensi elettorali e nell’elaborazione di una via democratica tanto che apparve matura per il governo del Paese. Berlinguer, segretario del partito, fu accolto a Mosca dal gelo delle cariatidi sovietiche quando, proprio e volutamente in quell’assemblea dei partiti comunisti, esplicitò il programma della pregiudiziale democratica nella costruzione di una società socialista nella libertà e la pluralità delle culture e delle espressioni politiche. Era una linea che, come subito si dimostrò, preoccupava non poco tutti i conservatorismi di destra e di sinistra.

Quando, nel 1973, ci fu il golpe cileno, Berlinguer intuì tutta la drammaticità della situazione, avvertì in tutta la sua gravità l’acre sentore di caserma che in Italia aveva cominciato a produrre puzza di tritolo già nel 1969 a Milano. La reazione nazionale e internazionale si era messa in moto. In Italia, dove tentativi di colpo di Stato erano già stati elaborati benché senza successo, spuntò ben più agguerrita la P2; negli Stati Uniti furoreggiava Kissinger, elaboratore di golpe, attentati, stragi ovunque nel mondo ritenesse minacciati gli interessi americani. Dunque Berlinguer formulò la proposta del compromesso storico, in buona sostanza l’incontro tra sinistra e cattolici progressisti, dunque il rinnovo dei fini che avevano dato vita alla Costituzione repubblicana.

Fu Aldo Moro, presidente della DC, colui che più comprese l’acume di Enrico Berlinguer che intuiva la vastità e la pericolosità dell’area del conservatorismo e della reazione. Fu Moro l’artefice della solidarietà nazionale e dell’avvicinamento tra Democrazia cristiana e Partito comunista italiano. Il partito comunista, con il fronte del no all’attacco della destra e del cattolicesimo retrivo contro il divorzio, nonché con la promozione di una cultura di progresso civile stava contribuendo a cambiare il volto del Paese e pertanto il suo consenso elettorale era salito fino ad insidiare l’eternità del governo democristiano. Quanti sentivano minacciati, dentro e fuori del Paese, i propri poteri si erano però già attivati. Moro tornò preoccupato, secondo alcune testimonianze sconvolto dalla visita negli Stati Uniti durante la quale aveva esposto agli americani la nuova politica italiana. Bisogna aggiungere che il Partito comunista italiano e la sua politica non erano graditi neanche a Mosca.

La mattina del giorno in cui il nuovo governo di solidarietà nazionale avrebbe dovuto essere presentato in Parlamento per ottenere la fiducia, il 16 marzo 1978, Aldo Moro fu rapito dalle Brigate Rosse e la sua scorta eliminata, mediante un’azione militare che apparve di molto superiore alle capacità di terroristi che colpivano solo bersagli privi di protezione. 55 giorni dopo fecero ritrovare il cadavere dello statista, simbolicamente abbandonato nel bagagliaio di una macchina lasciata tra la sede della DC e quella del PCI, a render palese quale fosse l’obiettivo politico della loro azione.

Ma chi sono gli uomini delle BR? Il cambio di “natura” avvenne con il sequestro del giudice Sossi, nell’aprile del 1974. Lì le Brigate Rosse divennero “politiche”. Fu Rocco”, agente dell’Ufficio Affari Riservati del Viminale, infiltrato nella banda, a prelevare materialmente il giudice Sossi. Francesco Marra, “Rocco”, era un parà addestratosi in Toscana e in Sardegna all’uso delle armi e con una sorta di specializzazione nella pratica delle “gambizzazioni”, di cui le BR fecero largo uso. Ha detto Franceschini, brigatista, che lo Stato avrebbe potuto, già nel 1974, con estrema facilità arrestare tutti gli affiliati terroristi. “Rocco” è rimasto sempre coperto, non è entrato mai in alcun processo riguardante la stagione del terrorismo, che fu anche stagione di stragi fasciste e di Stato, tutte rimaste impunite. Una di tali stragi, quella di Brescia in Piazza della Loggia, fu compiuta lo stesso giorno in cui sul Corriere della Sera, in quegli anni della tensione strumento della P2, Sossi, già liberato, definì le BR “organizzatissime”, “documentatissime” e soprattutto “numerosissime”.

Al tempo del sequestro e dell’assassinio di Moro, i vertici degli apparati dello Stato erano monopolizzati dalla P2, alcuni di loro erano stati promossi pochi mesi prima, altri durante. Erano Giuseppe Santovito, direttore del Sismi, il prefetto Walter Pelosi, direttore del Cesis, il generale Giulio Grassini del Sisde, l’ammiraglio Antonino Geraci, capo del Sios della Marina Militare, Federico Umberto D’Amato, direttore dell’Ufficio Affari Riservati del Ministero dell’Interno, il generale Raffaele Giudice, comandante generale della Guardia di Finanza, il generale Donato Lo Prete, capo di stato maggiore della stessa, il generale dei carabinieri Giuseppe Siracusano.

Ministro degli Interni era Francesco Cossiga, Kossiga per il movimento studentesco, addentro nei segreti di Gladio, organizzazione paramilitare clandestina promossa dalla Nato e secondo alcune testimonianze finanziata dalla Cia. Istituì tre comitati di crisi, i componenti erano pressoché tutti iscritti alla loggia massonica P2, il cui maestro venerabile era Licio Gelli. Uno di loro, Franco Ferracuti, facente parte del “Comitato degli esperti” e agente della Cia, fu colui che sostenne che le lettere di Moro redatte nella prigione brigatista erano frutto di un lavaggio del cervello subito dal presidente. In una di quelle missive Moro scrisse: “vi è forse, nel tener duro contro di me, un’indicazione americana e tedesca?” Nel discorso alle Camere, su suggerimento di Cossiga, il primo ministro Andreotti definì le lettere di Moro “non moralmente autentiche”. Nel comitato degli esperti vi era pure Steve Pieczenik, funzionario della sezione antiterrorismo del Dipartimento di Stato americano, diretto da Kissinger.

Il colonnello Camillo Guglielmi del Sismi si trovava nelle vicinanze, nelle ore dell’agguato; notizia tenuta segreta fino al 1991 e scoperta a seguito di una relazione presentata da un deputato di Democrazia proletaria, Luigi Cipriani. Il colonnello disse che era stato invitato a pranzo da un collega. Il collega affermò che sì, si era presentato a casa sua, ma non invitato e in modo del tutto inatteso e imprevedibile. Alcuni macchinari presenti nella tipografia usata dai brigatisti per i comunicati e gestita da uno di loro erano stati prima di proprietà dello Stato, del Sismi, una stampatrice, in particolare, di soli due anni e in ottimo stato di conversazione svenduta come rottame ferroso. Nello stabile di via Gradoli, prigione dello statista e che durante il sequestro venne perquisito dai carabinieri, ma tralasciando l’appartamento-prigione, viveva un confidente della polizia, mentre diversi alloggi erano intestati a uomini del Sismi. La signora che aveva affittato il covo a Moretti era amica di Giuliana Conforto, il cui padre era nella lista Mitrokhin di agenti del KGB e nel cui appartamento furono arrestati i brigatisti Morucci e Faranda che parteciparono alla vicenda Moro.

Non passò molto dal rapimento e l’uccisione e le Brigate Rosse furono completamente e agevolmente smantellate. Non successe così per le organizzazioni terroristiche fasciste che avevano eseguito tutte le stragi di Stato della strategia della tensione. Rimasero del tutto impuniti gli esecutori materiali e le menti raffinatissime che le avevano progettate, perché furono coperti dallo Stato.

Il programma dell’avvicinamento delle componenti migliori del Paese decadde. Per il Partito comunista e la sinistra tutta iniziò l’inesorabile declino. Craxi fece del Partito socialista uno strumento di corruzione. Il 1992 fu l’anno delle stragi eseguite dalla mafia. Vennero sventrate piazze e autostrade, massacrati agenti delle scorte e cittadini per eliminare i giudici Falcone e Borsellino. Cambiarono gli esecutori, i mandanti rimasero le menti raffinatissime.

Sui resti sconfitti e insanguinati del primo progetto repubblicano si abbatté Berlusconi, piduista, accogliente ospite di mafiosi e papi. Fascisti e uomini delle mafie andarono a bivaccare nelle aule delle istituzioni, non rimaneva neanche più un tenue diaframma: un avvocato di mafiosi fu il presidente del Senato, tutt’ora un camerata il ministro della Difesa, un sedicente pentito di esser stato camerata ministro degli Esteri e vicepresidente, un eletto da razzisti ministro degli Interni, ancora un camerata sindaco di Roma. A Genova hanno picchiato, malmenato persone inermi, le hanno fatte strisciare per la caserma riempiendole di botte per costringerle a gridare “viva il Duce, viva Hitler”. Hanno minacciato le ragazze minorenni di stupro “entro stasera con voi faremo come in Kosovo”. Hanno spinto il capo a Ester nella tazza del water, hanno strappato lentamente, lentamente la mano a Giuseppe, hanno provocato ustioni multiple con sigarette sul dorso del piede di Carlos, hanno ripetutamente picchiato sui genitali Mohamed, persona con arto artificiale, ad Anna hanno rotto i denti e fratturato la mascella fino a che non è stata più in grado neppure di deglutire. Hanno lasciato a ragazzi minorenni lesioni permanenti. I ragazzi erano tutti innocenti, la feccia vigliacca è tutta stata promossa.

Conclusa la vicenda di signor cucù, avventura granguignolesca ormai impresentabile anche ai suoi mentori, l’opera di demolizione dell’edificio costituzionale, innalzato dalla parte migliore della storia e della società italiana, e peraltro quasi mai abitato dagli uomini dello Stato, è stata compiuta. Adesso l’Italia è terreno dissodato per ogni tipo di avventurismo “dove tutto si mischia”: criminale del mondo di mezzo come quelli di Carminati, camerata della banda della Magliana, e di Buzzi, il cooperativista; governativo come quello di Renzi, campione di quiz televisivi e boy scout.

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