Pubblicato: ven, 6 Giu , 2014

Omicidio Mattarella, Piero Grasso: «Intrecci politico-mafiosi»

L’ex procuratore nazionale antimafia interviene alla presentazione del libro che ricorda il presidente della Regione Siciliana, ucciso da Cosa nostra nel 1980

Piersanti-Mattarella«L’omicidio di Piersanti Mattarella fu una coincidenza di interessi che non siamo mai riusciti a chiarire e che tuttora mi toglie il sonno insieme ad altre intuizioni laceranti su tante stragi di mafia irrisolte». A parlare è il presidente del Senato Piero Grasso, a margine della presentazione del libro del giornalista di Avvenire Giovanni Grasso: “Piersanti Mattarella. Da solo contro la mafia”. «Anche decenni dopo le indagini non mi sono arreso e da procuratore Antimafia ho messo in atto ogni utile strumento a mia disposizione per cercare la verità».

Piero Grasso, all’epoca giovane magistrato di turno incaricato delle indagini, ricorda «il sangue sparso in via Libertà il 6 gennaio 1980», in cui «si infranse ancora una volta il sogno di una Sicilia rinnovata e libera dalle incrostazioni mafiose, che si stava traducendo in concreta azione di governo di una Regione, come diceva Mattarella, “con le carte in regola”». «Mattarella – aggiunge Grasso – isolò gli interessi particolaristici e mafiosi nelle istituzioni siciliane e condusse al tempo stesso un’azione di rigenerazione della vita interna del suo partito, smantellando correnti personali e oscuri giochi di potere».

«È lecito supporre che per tale omicidio – prosegue il presidente del Senato – si sia verificata una deliberata convergenza di interessi, rientranti tra le finalità terroristico-intimidatrici dell’organizzazione, e interessi connessi alla gestione della “cosa pubblica”. Tale ipotesi, se esatta, presuppone un intricato intreccio di segreti collegamenti tra i detentori delle rispettive leve del potere politico e mafioso. Sin dalle prime indagini fu chiaro che il movente dell’omicidio andava cercato nell’attività politica di Mattarella, specie nei due anni della sua presidenza». Tuttavia, ancora oggi, nonostante siano trascorsi 34 anni e tre gradi di giudizio, restano non poche zone d’ombra, rendendo così, l’omicidio dell’ex presidente della Regione Siciliana, uno dei tanti misteri irrisolti della storia dell’Italia repubblicana. E, a proposito di zone d’ombra, Grasso ricorda per esempio quegli «intrecci tra mafia e neofascismo armato, che avevano portato nel 1989 Giovanni Falcone a spiccare un mandato di cattura nei confronti dei terroristi neri Giusva Fioravanti e Gilberto Cavallini, indicati quali esecutori materiali del delitto e in seguito prosciolti dalle accuse». Per non parlare delle telefonate fatte ad alcuni organi di stampa da sedicenti gruppi filo-terroristici, che rivendicavano il delitto appena poche ore dopo che era stato compiuto: dai “Nuclei Fascisti Rivoluzionari”, a “Prima Linea” e “Brigate Rosse”. A ciò vanno aggiunti i numerosi tentativi di depistaggi: «Va citato uno strano colloquio tra il Questore Immordino e Ciancimino, il quale intese informare segretamente che il delitto Mattarella era stato opera di un terrorista di sinistra venuto dal Nord».

Ciò che è certo, è che «con l’eliminazione fisica di Mattarella – osserva ancora Piero Grasso – vennero spazzati via in un sol colpo tanti problemi che sarebbe stato troppo lungo e complicato risolvere con le logiche e con i tempi della politica e del compromesso. L’omicidio, dunque, diventa una soluzione anche delle difficoltà della politica. Questa è la grande specificità della situazione palermitana: nessun altro Paese ha visto tanti vertici istituzionali decapitati. Ma sarebbe riduttivo affermare che ciò è accaduto solo perché quegli uomini si opponevano all’organizzazione mafiosa. Si opponevano sì all’organizzazione, ma come appartenente a un sistema di potere che era qualcosa più della semplice organizzazione criminale».

«Le carte processuali – conclude l’ex Capo dell’Antimafia – riuscirono a fotografare solo una porzione superficiale della storia, quella che riguarda gli ideatori, gli organizzatori del delitto. Nulla sappiamo degli esecutori o di eventuali mandanti esterni di cui pure si scorgono le sagome. Le investigazioni sembrano suggerire una partecipazione mafiosa riservata solo ai “piani alti” e, quanto ai depistaggi, l’esperienza dimostra che quando arriva la strategia della confusione c’è sempre dietro qualche “puparo” che manovra i fili del vero e del falso. Io ho sempre considerato l’omicidio di Piersanti Mattarella di tipo preventivo e conservativo, inteso quindi non tanto a vendicare la sua retta azione di amministratore e statista ma a mantenere lo status quo, impedendo il rinnovamento politico del compromesso storico e la neutralizzazione della penetrazione mafiosa nella Regione».

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