Pubblicato: mer, 2 Nov , 2016

Oggi, giornata mondiale contro i crimini commessi contro la stampa

La campagna sui diritti umani realizzata durante il progetto internazionale “IntercultuReality” questo mese prosegue con l’Articolo 19 della Dichiarazione Universale dei diritti umani.

 

“Ogni individuo ha il diritto alla libertà di opinione e di espressione, incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere”.

Per commemorare l’assassinio di due giornalisti francesi avvenuta a Mali il 2 Novembre 2013, l’Assemblea delle Nazioni Unite ha sancito il 2 Novembre come Giornata internazionale per porre fine all’impunità per i crimini contro i giornalisti.

“Negli ultimi dieci anni, più di 700 giornalisti sono stati uccisi per portare notizie e informazioni al pubblico. Ciò che risulta preoccupante, è che solo uno su dieci casi commessi contro chi lavora per i media negli ultimi dieci anni ha portato a una condanna. Questa impunità incoraggia gli autori del crimini e allo stesso tempo ha un effetto raggelante sulla società inclusi i giornalisti stessi. L’impunità genera impunità e si inserisce in un circolo vizioso “.

informa-giovaniLa libertà di opinione trova la sua più alta espressione nella libertà della stampa. Secondo una ricerca di Freedom House del 2015, la libertà di stampa ha raggiunto i suo minimi livelli in quell’anno. Solo il 13% della popolazione mondiale ne beneficia, ovvero, dove la copertura delle notizie politiche è solida, la sicurezza dei giornalisti è garantita, intromissione dello Stato nelle vicende dei media è minima, e la stampo non è soggetta ad oneri legali o a pressioni economiche. Al contrario, il 41% della popolazione mondiale ha una stampa parzialmente libera , ed infine il 46% vive in ambienti in cui i media non sono liberi.

Tra i paesi che hanno sofferto il maggior declino nel 2015 vi sono Bangladesh, Turchia, Burundi, Francia, Serbia, Yemen, Egitto, Macedonia e Zimbabwe.
La ricerca stabilisce anche una categoria con i sei argomenti più pericolosi per i giornalisti: criminalità organizzata, la corruzione, l’ambiente e lo sviluppo del territorio, la religione, la sovranità contestata e lesa maestà e oltre.

Anche l’Italia purtroppo ha un elevato numero di giornalisti uccisi per aver svolto il proprio lavoro. Molti di loro per aver scritto proprio di criminalità organizzata, mafia e traffici internazionali.

Speriamo di non dimenticare nessuno che meriti di entrare in questo elenco.

In Sicilia:
Cosimo Cristina (1935-1960), Termini Imerese (Palermo)
Mauro De Mauro (1921-1970), Palermo
Giovanni Spampinato (1946-1972), Ragusa
Peppino Impastato (1948-1978), Cinisi
Mario Francese (1925-1979), Palermo
Giuseppe Fava (1925-1984), Catania
Mauro Rostagno (1942-1988), Lenzi di Valderice (Trapani)
Beppe Alfano (1945-1993), Barcellona Pozzo di Gotto (Messina)

A Napoli: 
Giancarlo Siani (1959-1985)

A Torino:
Carlo Casalegno (1916-1977)

A Milano:
Walter Tobagi (1947-1980)

Lontano dall’Italia:
Italo Toni e Graziella De Palo, scomparsi in Libano il 2 settembre 1980
Almerigo Grilz, (1953-1987) morto in Mozambico
Guido Puletti (1964-1993), Bosnia
Marco Luchetta, (1952-1994), Mostar (Bosnia) insieme agli operatori della Rai di Trieste Alessandro Ota e Dario D’Angelo
Ilaria Alpi (1961-1994), Mogadiscio, Somalia, con l’operatore Miran Hrovatin   (1949-1994)
Antonio Russo, (1960-2000), Tiblisi, Georgia
Maria Grazia Cutuli (1962-2001), Afghanistan, sulla strada che da Jalalabad porta a Kabul. Insieme a lei uccisi: l’inviato di El Mundo Julio Fuentes e due corrispondenti dell’agenzia Reuters, l’australiano Harry Burton e l’afghano Azizullah Haidari
Raffaele Ciriello (1959-2002), Ramallah, Cisgiordania, Palestina
Enzo Baldoni (1948–2004), Najaf, Iraq
Vittorio Arrigoni (1975-15 aprile 2011), Gaza, Palestina
Andrea Rocchelli (1983-24 maggio 2014) , Slavianks, Ucraina
Simone Camilli (1979-13 agosto 2014) Gaza, Palestina

 

Comunicato InformaGiovani

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