Pubblicato: mar, 6 Mag , 2014

Nigeria, rapite oltre 300 studentesse: «le venderemo come mogli»

Nel nord est del paese il gruppo terroristico Boko Haram ha fatto irruzione in una scuola privata e rapito le ragazze . Una cinquantina sono riuscite a fuggire 

manifestanteUna storia di orrore e terrore scuote la Nigeria. Il gruppo terroristico jihadista denominato Boko Haram lo scorso 15 aprile ha fatto irruzione in una scuola privata di Chibok, città situata nella regione del Borno nel nordest del Paese e rapito circa trecento studentesse di età compresa tra i dodici ed i sedici anni.
«Si sono presentati come soldati e ci hanno detto che non ci avrebbero fatto nulla – dice una ragazza di sedici anni che è riuscita a scappare – hanno preso tutto il cibo e ci hanno caricato su dei camion urlando “Allah Akhbar” (Dio è grande) e lì capimmo». Capirono che non erano soldati ma guerriglieri del gruppo islamista Boko Haram, che tradotto significa ‘ l’educazione occidentale è peccaminosa’.
Un video di rivendicazione del gesto da parte del leader del gruppo Abubakar Sheaku è stato recapitato alle autorità nigeriane lunedì. «Ho rapito le vostre ragazze – dice in lingua Hausa – per Allah le venderò al mercato. Ora sono schiave». Non è ancora chiaro se il filmato, lungo quasi un’ora, è stato girato prima del rapimento.
La pratica del mercato di baby spose è ancora molto comune in alcune zone dell’ Africa Centrale e si pensa che alcune di loro possano essere state già vendute nelle nazioni confinanti del Camerun e del Ciad. Altre ancora, dicono voci non confermate, sono state comprate da alcuni stessi rapitori ad un costo di 12 dollari, poco meno di nove euro.

Dopo oltre tre settimane ancora 276 ragazze sono disperse e, a detta di un intermediario a contatto coi rapitori ci sarebbero almeno due ragazze morte in seguito a morsi di serpente mentre altre venti si sono ammalate. Circa cinquanta ragazze sono riuscite miracolosamente a scappare: «Ci hanno caricate in tre camion ed abbiamo attraversato tre villaggi, poi la camionetta dei militari che ci seguiva per controllare si è bloccata– dice una ragazza intervistata telefonicamente dalla Associated Press – Siamo saltate giù proprio quando la camionetta aveva riacceso le luci. No so se ci hanno viste. Non abbiamo avuto il tempo di avere paura. Abbiamo solo corso velocemente verso i cespugli». Il giorno seguente sono riuscite a tornare a casa ed abbracciare i genitori.
Col passare dei giorni si fanno chiare le dinamiche della notte tra il 14 ed il 15 aprile. Alle 11 di sera, l’ufficiale locale di Chibok , Bana Lawal ha ricevuto al cellulare l’allarme che annunciava  l’arrivo di 200 terroristi a bordo di venti pick up oltre a trenta in motociclette. Ha subito avvertito i 15 militari di stanza nel paese e svegliato la popolazione esortandola ad andarsi a nascondere nelle vicine colline. L’ SOS, mandato alle caserme più vicine distanti un’ora di strada, è andato perso nel vuoto. Dopo due ore sono arrivati i terroristi, meglio equipaggiati ed in evidente vantaggio numerico. I militari hanno combattuto fino all’esaurimento delle munizioni prima di darsi alla fuga.

Gli abitanti di Chibok, scoraggiati dalla pochezza delle forze militari, hanno acquistato carburante per andare alla ricerca delle ragazze, avventurandosi nella pericolosa foresta Sambisa, che si estende per oltre 60km quadrati. Trovato l’accampamento di Boka Haram sono tornati indietro per segnalarlo ai militari, che però per paura non si sono attivati. Le differenze di mezzi sono enormi, con i terroristi ben armati e carichi di cibo contro i mal equipaggiati soldati nigeriani che mangiano una volta al giorno.
«Sono veramente triste – dice la madre di una delle ragazze rapite – perché il governo nigeriano non si preoccupa delle nostre figlie. Tutto quello che ci è rimasto è pregare in Dio.

Mentre il presidente nigeriano Goodluck Jonathan ha costituito un’unità di crisi per studiare una strategia per il salvataggio , nei maggiori centri del Paese ed a New York crescono le manifestazioni di protesta contro l’empasse del governo. Due organizzatrici della protesta, Naomi Mutah Nyadar e Saratu Angus Ndirpaya sono state arrestate. Secondo i manifestanti dietro l’arresto ci sarebbe la mano della moglie del presidente Jonathan, Patience. Fonti governative smentiscono mentre la Nyadar è ancora in stato di custodia. Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Cina sono stati chiamati in aiuto per risolvere la questione, ma al momento l’unica via rimane quella della negoziazione.

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