Pubblicato: mar, 25 Lug , 2023

ndrangheta: arrestato il latitante Bellocco in Francia

la ndrina dei Bellocco domina nella Piana di Gioia Tauro, ha colonizzato il nord Italia e ha forti ramificazioni all’estero

Michele Bellocco, 27 anni, originario di Rosarno nella Piana di Gioia Tauro, è conosciuto come uno dei rampolli dell’omonimo clan di ndrangheta. In questi giorni è stato arrestato dalla Gendarmerie Nationale francese, nella stazione ferroviaria Perrache di Lione. Sulle sue tracce, lavoravano i carabinieri della compagnia di Gioia Tauro e lo speciale squadrone eliportato ‘Cacciatori di Calabria’.

Nel 2021 Bellocco si allontana dall’abitazione dov’era agli arresti domiciliari, nel sentore di una possibile sentenza definitiva che arriverà dopo pochi mesi. I giudici gli confermano otto anni e quattro mesi di reclusione per reati contro la persona e il patrimonio, violazione in materia di armi, rapine a farmacie e supermercati nella Piana di Gioia Tauro e nel Vibonese, calunnia, resistenza a pubblico ufficiale. Gli inquirenti proseguono le indagini fino a giungere nel lionese, dove da decenni vive una folta comunità calabrese. Il giovane Bellocco viene fermato dalle autorità francesi proprio mentre si trovava in stazione. La sua vacanza termina bruscamente e a breve verrà estradato in Italia.

Nel frattempo, nello scorso dicembre, l’inchiesta Blu Notte ha visto altri 93 indagati orbitanti al clan dei Bellocco, concretizzando l’arresto di 63 persone di cui 47 in carcere e 16 ai domiciliari e 2 all’obbligo di dimora. Indagati, a vario titolo, per associazione mafiosa, concorso esterno, porto e detenzione di armi comuni e da guerra, estorsioni, usura e danneggiamenti aggravati dalle finalità mafiose, riciclaggio e autoriciclaggio, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti. Il principale indagato è Umberto Bellocco, di 39 anni, detto “Chiacchiera”, ritenuto il boss reggente.

L’indagine della Dda di Reggio Calabria, guidata dal procuratore Giovanni Bombardieri, ha disvelato gli interessi della ndrina, che è attiva nel narcotraffico, nel traffico delle armi, nelle estorsioni e nel controllo delle attività commerciali e imprenditoriali soprattutto nei territori di Rosarno e San Ferdinando. L’inchiesta ha confermato interessi e business dei Bellocco su scala nazionale ed internazionale. Contestualmente agli arresti eseguiti in Calabria e collegata all’indagine della Dda di Reggio, è scattata l’operazione Ritorno della Dda di Brescia. Il gip lombardo ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare per altri 13 soggetti accusati di associazione mafiosa, concorso esterno e tentata estorsione. Sei sono accusati anche di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati tributari e in materia di lavoro. Su richiesta del procuratore è stato anche disposto il sequestro preventivo di beni e disponibilità finanziarie per oltre 4 milioni di euro, quale profitto dei reati in materia di imposte sui redditi ed iva.

Le indagini della Dda di Brescia sono partite dall’attività del Ros iniziata nel 2018 e che, sulla scia di quanto già accertato nell’indagine ‘nduja del 2005, ha confermato la presenza dei Bellocco anche nelle province di Brescia e Bergamo, «delineandone assetti organizzativi, collegamenti con le omologhe strutture presenti in Calabria e attività delittuose, principalmente legate all’infiltrazione dell’economia legale». Per la Dda, è ancora Umberto Bellocco, già condannato in via definitiva per associazione mafiosa, «l’elemento di vertice della proiezione operante in Lombardia». Anche da detenuto, avrebbe continuato a dirigere le attività illecite «veicolando direttive ai propri familiari, concorrenti nei reati». Nell’operazione sono stati individuati i referenti calabresi della struttura criminale lombarda che concorrevano nella gestione delle molteplici attività economiche, realizzate prevalentemente tramite un imprenditore attivo tra Brescia e Bergamo nei settori edile e immobiliare. L’imprenditore avrebbe «fornito un fattivo contributo anche mediante la commissione di delitti tributari e di somministrazione fraudolenta di manodopera, attuati attraverso un articolato circuito di società cartiere deputate all’emissione di fatture per operazioni inesistenti». Dalle risultanze investigative emerge «l’esistenza di proiezioni della ‘ndrangheta in regioni diverse dalla Calabria» e consente di «confermare l’esistenza di un fenomeno di colonizzazione dovuto al trasferimento di affiliati calabresi in altri territori, soprattutto in quelli caratterizzati da un maggiore sviluppo economico e da un più ampio grado di ricchezza generale». Le attività di polizia giudiziaria sono state estese nelle province di Brescia e Verona, Bergamo, Como, Varese, Monza Brianza, Roma, Chieti, Reggio Calabria e Siracusa.

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