Pubblicato: sab, 31 Dic , 2022

Luca10: storia di giustizia e colori

Dalla Sicilia la bellezza della legalità e dell’arte 

Era un giovinetto semplice e smilzo che correva veloce tra i campi da calcio. Lavorava in un’attività condivisa con il fratello, tanti progetti con la fidanzata. Poi Luca è cresciuto di colpo e si è scontrato con la realtà della sua terra. Ha pagato il pizzo per qualche anno, ma dal 2016 si è ribellato alle estorsioni. Ha testimoniato in molti procedimenti, tra cui anche quello della cd “ambulanza della morte”, che ha visto uno dei gregari di Biancavilla condannato all’ergastolo dalla prima sezione della Corte d’assise di Catania per alcuni omicidi aggravati dal metodo mafioso (2021). Luca è un imprenditore che ha cambiato la sua vita per sempre. Ha superato il punto di non ritorno che stravolge qualsiasi cosa, è diventato testimone di giustizia e a 25 anni ha lasciato paese, familiari, amici. In Sicilia, scegliere la strada della rettitudine e della denuncia non è affatto semplice.

E poi cosa succede? Che ne è di quelle persone che hanno guardato in faccia la criminalità organizzata e deciso di allontanarla?

Dall’inferno di cosa nostra e ndrangheta si passa all’oscurantismo della mafia statale. Testimoni e collaboratori di giustizia italiani sono spesso dimenticati e abbandonati dalle stesse istituzioni; lasciati in un girone opaco di prevaricazioni e abusi. Poco tutelati, per loro una vita piena di insidie e difficoltà che non sempre ripaga lo sforzo di onestà espresso per il paese. Oggi il trattamento di protezione in essere è diverso per i testimoni e i collaboratori di giustizia, e rispettive famiglie, con condizioni di maggior favore verso i primi. Il programma fa comunque acqua da tutte le parti: non garantisce sicurezza, alloggi e lavori compatibili con le esigenze di segretezza. Un sistema volontariamente ostacolato, che disincentiva la scelta di onestà. Non si vogliono nuovi collaboratori di spessore: il malfunzionamento del programma di protezione è un regalo che una parte della politica fa ai clan con cui intrattiene rapporti e che fa a se stessa, per evitare che nuovi pentiti possano citare nomi eccellenti come collusi e affiliati. Così, i denuncianti sono traditi dallo Stato, si palesano altri interessi e alleanze. Scorte e programma di protezione vengono fatti saltare con la velocità di un cambio di camicia, vivere nelle fila dei giusti sembra una prova più ardua del previsto. Tra i più grandi (e gravi) cortocircuiti vi è indubbiamente l’ingerenza della politica nella scelta di assicurare protezione e tutele a testimoni e collaboratori di giustizia.

In tanta solitudine e buio, vi è anche chi non cede e con la tenacia dei fiori di strada spacca il cemento. Luca, alias Luca10, si è reinventato tramite la pittura, un mezzo di comunicazione forte e diretto. Un artista siciliano, con la tempra dei guerrieri del deserto, come loro è posto ad oriente, un moderno Saraceno che volge lo sguardo al sorgere del sole e ai nuovi inizi. Il suo, tra le tele e i colori ad olio. L’arte va nei posti di confine dimenticati, in esilio come in carcere, nei contesti più alienanti, ci entra per evadere, per rendere migliori. E così diventa arte terapia, ricerca di equilibrio e del sè, per urlare quello che si ha dentro; arte come libertà, per dilatare il non-spazio e misurare il non-tempo. Un mondo altro, di forte impatto, di storie travagliate e complesse. Una dimensione dove l’arte, patrona delle anime tormentate per eccellenza, è più dirompente. Non è un caso che anche nelle fila dei clan si raccolgano pittori e musicisti.
Nel non-mondo girano migliaia di anime, traiettorie umane diverse tra loro. L’arte consente ad ogni individualità di esprimersi, quale che sia la sua storia; con il privilegio di portare il centro del mondo in un luogo che dal mondo è completamente fuori. E se l’arte contemporanea è anche una lente di ingrandimento che mette a fuoco le distorsioni del presente, quando entra nel non-mondo, con le sue illuminazioni diventa testimonianza di smarrimento esistenziale. Uno sguardo dissacrante che scala muri di cemento e pregiudizi fuori dai quali ci si immagina al sicuro, separati dalla realtà destabilizzante dei reati e delle pene. E allora serve un’immaginazione libera, per raccontare gli abissi, dove le parole perdono senso e non pronunciarle può sancire la salvezza. Un tentativo di fissare con tensione emotiva quell’universo di vite perdute, intrecciate di solitudini, per coglierne le speranze disattese e i desideri soffocati, sparpagliati e immiseriti lungo le strade che hanno incrociato la mafia. La libertà d’immaginazione è la possibilità di cambiare, senza dover giustificare ciò che è stato prima. Occorre dare spazio alla bellezza come antidoto al dolore.

Con le sue creazioni Luca10 abbatte le pareti di quella particolare reclusione e delle tante solitudini, la creatività è essenziale per sopravvivere. Rende valore alla sua Sicilia, lasciandola trasparire in ogni sua pennellata. La forza rigeneratrice dell’arte è una risposta alla violenza della mafia. Le arti sono uno strumento per combattere la criminalità, per sanare le ferite e riqualificare i luoghi segnati dalla delinquenza. Cultura e bellezza possono funzionare come medicina contro l’aridità che lascia la prepotenza criminale. Sono molte le immagini e le suggestioni che delineano la storia dell’antimafia, dalle celebri foto di Falcone e Borsellino, murales, installazioni, street art, musica, teatro, alle infinite produzioni letterarie. Arte come denuncia e riscatto sociale sono alternative al buio delle consorterie.  I linguaggi artistici servono anche per rinnovare la memoria di eventi che potrebbero accadere di nuovo. Peppino Impastato diceva che se si insegnasse la bellezza alla gente si fornirebbe un’arma contro la paura, la rassegnazione, l’omertà. L’Arte, con altri mezzi rispetto a quelli dell’attivismo e della politica, ha il potere di scuotere le coscienze. Sì, indubbiamente la bellezza salverà il mondo. La bellezza del bene, della cultura e della giustizia.

I quadri di Luca10 vivono di tante sfumature che lasciano intravvedere grandi occhi lucidi, pensieri che si aggrovigliano. Il pittore tratteggia una dimensione meditabonda e malinconica. La tinta nera domina frequentemente le sue tele, ma c’è spazio anche per il chiarore di paesaggi colorati. Fiori vivaci in tramonti che si sciolgono tra i campi. Donne bellissime, conturbanti, rotonde, avvolgenti. Delicate. Quasi da proteggere. Una pittura poetica, che racconta di molte storie, passate e future. L’amore per la Sicilia e il suo paese. Il rispetto per i defunti. Emozioni di chi non ha paura di morire, ma nemmeno vuole rinunciare a vivere. Soprattutto, Luca racconta la vita dopo. Una “liberazione” dal vincolo mafioso. Libero in parte, perchè di fatto non è ancora possibile per lui -come per tanti altri- tornare nella propria terra, impegnarsi in loco in progetti imprenditoriali e lavorativi. Senza tutele ed appoggio statale, senza mezzi e risorse, la battaglia contro la mafia continua ad essere una lotta impari. Armi spuntate, che non rendono possibile la bonifica del territorio nazionale e che lasciano ampio margine di manovra alle consorterie. Eppure, non tutto è perso. Per chi sceglie di denunciare, per chi sceglie la strada della correttezza, c’è ancora il modo di ricostruire, ripartire. Reinventarsi, trovare nuovi colori.

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