Pubblicato: mer, 19 Feb , 2014

Legge 40, dieci anni di perché

La fecondazione assistita  per la sanità pubblica non esiste e la diagnosi genetica è una questione privata

fecondazione assistitaA  dieci anni dalla legge 40, le tecniche di procreazione medicalmente assistita non esistono per  la sanità pubblica nazionale. Non sono chiamate con il loro nome, non sono mai entrate dalla porta del Ministero della Salute, ma spesso sono uscite dalla finestra. Qualcuno però ieri ha bussato. Al  tavolo nazionale  interregionale era presente un funzionario del Ministero della Salute impegnato nella revisione dei livelli essenziali di assistenza, a cui è stata finalmente posta la questione: di portare le carte sul tavolo del Ministero per l’ aggiornamento dei Lea. Il seguito verrà e sarà tutto da scrivere e da raccontare.

Una scelta finalmente politica? Forse, ma i conti delle Regioni in questi anni hanno incluso il turismo procreativo sotto mentite vesti, fino ad oggi almeno. Non tornavano i conti di chi pagava e di chi riceveva in base a tariffe diverse. La disequità di un sistema di rimborsi che, di fatto ha impoverito alcune Regioni (quelle del Sud, Sicilia, Calabria e Puglia) a scapito di altre (sempre le stesse) con un meccanismo di travaso di risorse tecnicamente illegittimo, non essendo codificato. Come per le Regioni  in piano di rientro, che non potrebbero davvero neanche compensare quelle prestazioni. Una questione di diritto e non solo di società, di cui qualcuno lassù, a Roma,  pare si sia accorto e su cui sta vigilando anche Cittadinanzattiva. In Regione Siciliana, ad esempio, solo pochi giorni fa è stato approvato il decreto che riordina il quadro dei requisiti minimi dei centri, omogeneizzando pubblici e privati e facendo venir meno il computo di 3100 euro per ciclo fivet, uno tra i più alti d’Italia, a cui la Regione contribuiva con 1000 euro per ogni ciclo. Conteggi anomali, rispetto al costo di 1800 euro per un fecondazione assistita in Toscana o alla media dei 2.400 euro computati dalla comitato di esperti presso la Conferenza Stato – Regioni ed ormai stabilizzati come costo medio possibile a livello nazionale. Anche la Regione Lazio dopo dieci anni ed eclatanti fatti di cronaca (la misteriosa morte di alcuni embrioni congelati all’ospedale San Filippo Neri) ha inaugurato la presidenza di Nicola Zingaretti con l’atto di delibera dei requisiti indicati dalla legge 40. Per dirla in breve, il Lazio non aveva mai controllato gli oltre 50 centri di PMA che pur autodenunciatisi, non avevano mai potuto inviare i loro dati ufficialmente al registro nazionale della PMA, perché per loro ed in base alle richieste della legge 40 non esistevano!

Lentezze e distorsioni a parte, da due anni è al lavoro un Comitato di esperti che ha messo nero su bianco, costi, questioni tecniche, indicazioni sulla diagnosi genetica perché sia richiesta nei casi opportuni. Un lavoro, che prima dell’estate scorsa è passato sui tavoli di tutti gli assessorati alla salute, e che ha posto anche la questione dell’argine clinico e tecnico all’indagine genetica sugli embrioni. Perché se prima era politicamente interdetta, oggi la diagnosi genetica sugli embrioni rischia la volata senza freni, costi permettendo, dal momento che la politica ha congelato la ricerca dei laboratori universitari ed ospedalieri, favorendo la crescita di un privato all’avanguardia, ma di fatto monopolista nazionale, con costi davvero poco accessibili ai tempi della crisi. E la diagnosi genetica in Italia, vanta costi complessivi ed inclusivi della fecondazione in vitro dagli 8 ai 10 mila euro per tentativo, non essendo organizzata in nessun centro pubblico, eccettuata la formula emiliana di Cattolica, dove la fivet viene erogata in regime pubblico con il pagamento di ticket n base al reddito dai 500 agli 800 euro, ma poi la diagnosi genetica prevede un contratto privato, dai 2 ai 4000 euro, con due laboratori di genetica privati,  a scelta, uno ad Oxford ed uno a Roma,che tuttavia restano in contatto nel processo clinico con la struttura pubblica, a cui reinviano l’esito della diagnosi. Una miscela pubblico privato, frutto della creatività ed imprenditorialità romagnola che, davvero, nel bene o nel male,  non finiranno mai di stupirci.

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