Pubblicato: mer, 13 Nov , 2013

Kyenge: l’immigrazione non va più trattata come un’emergenza

I numeri del Dossier statistico Idos raccontano un fenomeno ormai stabile: nel 2012, in Italia sono stati stimati due milioni di stranieri soggiornanti di lungo periodo.   

 

 

  kyengeIn settantacinque capitoli, centinaia di pagine e molte tabelle, il Dossier statistico 2013 “Dalle discriminazioni ai diritti”, curato dal centro studi e ricerche Idos per l’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (Unar) presso la presidenza del Consiglio dei ministri e presentato questa mattina a Roma, tratteggia il fenomeno dell’immigrazione in Italia.

  Su 60 milioni di abitanti, nel Bel paese si contano 5.186.000 di cittadini stranieri regolari, pari al 7,4% della popolazione complessiva. Il 50% proviene da Paesi europei, il 22% dall’Africa e li 19,4% dall’Asia. Solo l’8% dall’America e lo 0,1% dall’Oceania. La collettività più rappresentata è quella romena, che conta un milione circa di soggiornanti, seguita da quella marocchina (513mila), albanese (498mila), cinese (305mila), ucraina (225mila), filippina (158mila), indiana (150mila) e moldava (149mila). I soggiornanti di lungo periodo, invece, sono oltre due milioni di persone, il 54,3% del totale. Elevato è anche il numero dei minori (nati in Italia o ricongiunti) che sono  sul territorio nazionale, un milione. Nel 2012, sono venuti alla luce direttamente in Italia 79.894 neonati stranieri, il 14,9% di tutte le nascite.

 Il fenomeno dell’immigrazione, lo dicono i numeri, è ormai stabile. Non è più un’emergenza di cui avere paura, sottolinea il ministro per l’Integrazione, Cécile Kashetu Kyenge. Occorre, però, un cambio di passo. L’approccio culturale al tema deve essere diverso. Finora si è parlato di immigrazione  in termini di sicurezza, l’informazione riferisce di immigrati prevalentemente nelle pagine di cronaca. L’invito, allora, è a politici e a giornalisti, a comunicare usando un linguaggio capace di spiegare a tutti il fenomeno, rafforzando l’impegno condiviso. L’Italia può diventare un Paese più aperto e riconoscere nella presenza degli immigrati un’opportunità. Anche di fronte alla crisi. Perché insieme si può uscire vincenti.

  Gli episodi di razzismo quotidiano sono diffusi e crescenti. Nel 2012, l’Unar ha seguito 1.238 casi, più della metà (51,4%) per discriminazione su base etnico-razziale. Atteggiamenti, comportamenti, modi di relazionarsi umilianti e inferiorizzanti, anche nel mondo dello sport. Nel campionato di calcio 2012-2013, si legge nel rapporto, gli episodi di razzismo che hanno coinvolto le tifoserie di ogni categoria, dalla serie A al campionato Primavera, dalla Coppa Italia alle gare amichevoli, sono stati 699. Hanno riguardato 29 società e sono stati sanzionati con ammende pari a quasi mezzo milione di euro.

  Le principali norme che regolano la materia dell’immigrazione e della cittadinanza hanno oltre venti anni, un lasso di tempo troppo lungo per una realtà che ha subito profondi mutamenti. Però, spiega il vice ministro al Lavoro con delega alle Pari opportunità, Maria Cecilia Guerra, il dossier statistico Idos fornisce informazioni a tutto campo e può aiutare a stigmatizzare chiusure e discriminazioni, ma anche a individuare le buone pratiche e le prospettive di una convivenza più informata ai principi delle uguaglianze e delle pari opportunità.

  Talvolta, la discriminazione peggiore è proprio quella istituzionale. Lo dice il presidente dell’Idos, Franco Pittau, che spiega: la disparità di trattamento si ha quando una norma tratta in maniera diversa un italiano da uno straniero. Negli ultimi anni, tra il 2005 e il 2011, si è speso troppo per il controllo e il rimpatrio degli immigrati, più di un milione di euro per i Cie, i Centri di accoglienza e i Cara.  Il denaro, invece, andrebbe distribuito meglio, investito nella inte(g)razione tra italiani e stranieri. Bisogna tenere presente, infatti, che il rapporto tra la spesa pubblica per l’immigrazione e i contributi previdenziali e le tasse pagate dagli immigrati hanno registrato,  nel 2011, una differenza in positivo per il sistema Paese di 1,4 miliardi. Gli introiti per lo Stato riconducibili agli immigrati, quindi, sono stati pari a 13,3 miliardi di euro, mentre le uscite sostenute per loro sono state di 11,9 miliardi.

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