Juris Pills: usura ed estorsione
due reati che spesso si consumano congiuntamente
L’usura è classificata tra i delitti contro il patrimonio mediante frode: è lo sfruttamento del bisogno di denaro di un altro individuo per procacciarsi un forte guadagno illecito. Viene disciplinata dall’articolo 644 del codice penale, che definisce come usuraio “chiunque si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità, interessi o altri vantaggi usurari. Alla stessa pena soggiace chi procura a taluno una somma di denaro od altra utilità facendo dare o promettere, a sé o ad altri, per la mediazione, un compenso usurario”.
Nel rapporto usurario ci sono da una parte la necessità di denaro e, dall’altra, un’offerta che può apparire come un’immediata (e forse unica) possibile soluzione per chi si trova in difficoltà. Viene così concesso un prestito a un tasso d’interesse superiore al cosiddetto “tasso soglia”, tanto elevato che è considerato illegale, socialmente riprovevole e tale da renderne il rimborso molto difficile o impossibile. Gli interessi usurari superano il limite stabilito per legge o, in base alle modalità e al tasso medio praticato per operazioni similari, risultano comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero all’opera di mediazione. Si guarda al momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento (art.1 D.L. 394/00 – Legge 24/2001). Va osservato che anche eventuali terzi, pur se estranei al patto usuraio ma che contribuiscano ad esempio al recupero crediti e, dunque, all’illecito vantaggio, sono responsabili a titolo di concorso nel reato. Le categorie più a rischio sono i commercianti e i piccoli artigiani o imprenditori (circa il 60% dei casi), lavoratori precari e dei contratti atipici, famiglie e fasce deboli e a basso reddito della società, che sono più esposte alla trappola dello strozzino in quanto non hanno facile accesso agli ordinari strumenti di credito legale.
Il punto di riferimento in termini numerici sono i Tassi effettivi globali medi (TEGM), emessi trimestralmente dalla Banca d’Italia, rilevati su delega del Ministero dell’Economia e delle Finanze ai sensi della Legge n.108/96 (antiusura) e pubblicati su Gazzetta Ufficiale mediante apposito decreto contenente anche le soglie di usura aggiornate. In caso di prestito tramite banche e/o intermediazioni finanziarie occorre verificare anche il costo del credito (espresso dal TAEG): il tasso annuale effettivo globale che rappresenta il costo totale effettivo che il soggetto dovrà restituire alla società che eroga il prestito, includendo tutte le ulteriori voci in aggiunta al tasso d’interesse, come gli oneri accessori, le spese per la pratica, eventuali assicurazioni, etc.
Il reato di usura si configura già al momento dell’accettazione, con la semplice promessa del corrispettivo usurario, anche se questa poi non viene adempiuta in tutto o in parte, “il reato si perfeziona con la sola accettazione dell’obbligazione” (Cass. Pen. II sez., 8 ottobre 2015, n. 40380). L’altra parte della fattispecie criminosa è il pagamento del debito usuraio, con il conseguimento del profitto illecito e la realizzazione dell’evento lesivo del patrimonio altrui. Si distingue l’usura presunta, che ricorre quando si eccede la soglia limite stabilita dalla legge (tasso d’usura); e l’usura in concreto quando il soggetto approfitta dello stato di difficoltà in cui verte la vittima e gli interessi, pur sotto soglia, risultano sproporzionati rispetto alle prestazioni. Lo stato di bisogno, la condizione in cui non si possono soddisfare i bisogni primari, integra la circostanza aggravante, in quanto compromette fortemente la libertà contrattuale del soggetto, inducendolo a ricorrere al credito a condizioni sfavorevoli.
Le sanzioni per il reato di usura prevedono: sanzione amministrativa da 5.000 a 30.000 euro; pena detentiva da 2 a 10 anni; confisca dei beni che costituiscono il prezzo o il profitto del reato. Le pene sono aumentate da un terzo alla metà nei casi in cui l’usuraio ha agito nell’esercizio di un’attività professionale (usura bancaria, intermediazione finanziaria mobiliare); ha richiesto in garanzia delle partecipazioni o delle quote societarie, o aziendali, o proprietà immobiliari. La pena viene inasprita anche se il reato è commesso in danno ad attività di natura imprenditoriale, professionale o artigianale. In caso di condanna, alla vittima spetterà sia la restituzione integrale delle somme versate a titolo di interesse ed il risarcimento del danno subito. Si ricordi, inoltre, che per il codice civile nel caso in cui siano convenuti degli interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi (art.1815 c.c., art. 4,L.108/1996). Le Sezioni Unite con sentenza n.19597/2020 hanno stabilito, inoltre, che la disciplina antiusura si applica anche agli interessi moratori.
La Corte di Cassazione (38551/2019) chiarisce che la condotta tipica del reato di usura non richiede che l’autore debba assumere atteggiamenti intimidatori o minacciosi nei confronti del soggetto passivo. Basta la pattuizione usuraria, reato – contratto (cfr. 5231/2009). Nel caso in cui si ravvisassero atteggiamenti violenti al momento della stipula del patto, concorrerebbe con il reato di estorsione.
Il reato di estorsione è un delitto contro il patrimonio, mediante violenza a cose o persone, ma è considerato plurioffensivo poiché lede anche l’interesse personale all’autodeterminazione e all’integrità fisica del soggetto passivo. Lo troviamo all’articolo 629 del codice penale e avviene quando “chiunque, mediante violenza o minaccia, costringendo taluno a fare o ad omettere qualche cosa, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno”. L’elemento oggettivo dell’estorsione si configura con la costrizione, mediante minaccia o violenza del soggetto, portandolo a commettere comportamenti attivi o omissivi. La minaccia è da intendersi come la prospettazione di un male ingiusto; esplicita o implicita, idonea a coartare la volontà della vittima. E’ sufficiente considerare il dolo generico: la coscienza e volontà del reo di usare violenza o minaccia al fine di procurare a sé stessi o ad altri un ingiusto profitto, costringendo il soggetto passivo a porre in essere una condotta che gli arreca danno. L’esempio più classico di estorsione è il pizzo, minacce finalizzate ad ottenere il pagamento di una somma dietro la promessa di una presunta protezione mafiosa. Non rilevano le modalità con cui la violenza o la minaccia si concretizzano, ma se sono diretti a forzare la volontà della vittima. Se è commesso da un pubblico ufficiale, integra il reato di concussione e abuso di potere (art. 317 c.p).
Affinché vi sia estorsione è necessario che si verifichi un evento preciso: il reo, per mezzo della sua condotta criminosa, ottiene un profitto causando un danno alla vittima. Se è stata posta in essere la condotta criminosa, ma l’evento non si è verificato (per es. ci si è rivolti alla polizia senza pagare) vi è tentata estorsione. Nel tentativo di estorsione sono stati posti in essere tutti gli atti idonei ed univoci a delinquere, ma nonostante ciò, l’attività criminosa si è fermata prima che ne conseguisse il profitto. Si può riscontrare il tentativo incompiuto (per es. una lettera minatoria intercettata dalla polizia e mai giunta al destinatario), ed il tentativo compiuto (per es. viene arrestato prima della consegna della somma di denaro). La Corte di Cassazione ha chiarito che anche nel caso di tentativo è necessario che la minaccia o la violenza abbiano reale forza intimidatoria.
Si considera estorsione aggravata se violenza o minaccia sono commesse con l’utilizzo di armi, da persona travisata (soggetto che ha alterato intenzionalmente il proprio aspetto, in modo da essere irriconoscibile) o da più persone riunite; ponendo la vittima nello stato di incapacità di volere o agire; se perpetrata ai danni di persona anziana o se realizzata da appartenente ad associazione mafiosa; se il fatto è commesso in abitazione privata, trasporti pubblici, istituti di credito o in luoghi tali da ostacolare la pubblica o privata difesa. Il Codice penale punisce l’estorsione semplice con la reclusione da 5 a 10 anni e con la sanzione da 1.000 a 4.000 euro. Nei casi di tentata estorsione la pena viene diminuita da un terzo a due terzi. Mentre per l’aggravata la reclusione è da 7 a 20 anni, la sanzione da 5.000 a 15.000 euro.
E’ sempre possibile denunciare. Inoltre, il legislatore ha disciplinato una precisa normativa di sostegno alle vittime, che tramite il Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive, dell’usura e dei reati intenzionali violenti, prevede il ristoro per tutti coloro che abbiano subito danni a causa di attività estorsive o di usura e abbiano deciso di denunciare e collaborare con le istituzioni. La domanda di accesso al Fondo va presentata al Prefetto della provincia nella quale si è verificato l’evento lesivo ovvero si è consumato il delitto, entro i termini stabiliti dalla legge. La materia è delegata al Commissario straordinario per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura nominato, su proposta del Ministro dell’Interno, con decreto del Presidente della Repubblica e previa delibera del Consiglio dei Ministri, tra persone di comprovata esperienza nell’attività di contrasto al fenomeno delle estorsioni e dell’usura e di solidarietà nei confronti delle vittime.
(qui il link per fare richiesta; https://antiracketusura.interno.gov.it/gp/home.php)