Pubblicato: lun, 8 Nov , 2021

Juris Pills: il Caporalato

L’economia mafiosa dello sfruttamento del lavoro che toglie dignità e futuro.

 

     Il caporalato indica lo sfruttamento dei lavoratori, esercitato dai cosiddetti “caporali”, intermediari che reclutano e organizzano la manodopera per conto di imprenditori. Questo comporta paghe al di sotto delle tariffe stabilite dai contratti collettivi, orari di lavoro dilatati, riposi ridotti al minimo o nulli. E’ un ambito dell’economia mafiosa, un affare di padroni e padrini che sostanzialmente prevaricano imponendo lo sfruttamento.

Il fenomeno è diffuso in tutta Italia, da Nord a Sud, e riguarda soprattutto settori come l’agricoltura, ad esempio la raccolta della frutta, l’allevamento, il facchinaggio e l’edilizia. Nelle recenti inchieste è emerso anche nel Sistema Sanitario Nazionale, in particolare tra i lavoratori delle ambulanze. La Guardia di Finanza di Pavia, proprio in questi giorni, nell’ambito di indagini per caporalato e appalti truccati (valore complessivo circa 11 Milioni di Euro), ha posto sotto sequestro una cooperativa nel settore dei trasporti sanitari, tra i primi operatori nazionali, affidataria di appalti pubblici in tutta Italia, oltreché beni per un importo di circa 200 mila euro (tra cui disponibilità finanziarie, fabbricati, terreni ed autoveicoli).

Il Caporalato, per quanto se ne parli ancora poco, si può fermare: con il Decreto Legge n.138/2011, convertito in legge (l. n. 148/2011) e da ultimo con la l. 199/2016, è stato introdotto nel codice penale l’articolo 603bis, che prevede appunto il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. Con la nuova fattispecie, i soggetti agenti presi in considerazione sono il caporale ed il datore di lavoro stesso, come persona fisica o giuridica. Le pene previste vanno da 1 a 6 anni di reclusione, aumentabili fino ad 8 anni se c’è violenza o minaccia; con multe da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore reclutato.

Nel documento (Atti Parlamentari (camera.it) approvato lo scorso maggio dalle commissioni Lavoro e Agricoltura della Camera dei deputati alla fine di tre anni di inchiesta sul “caporalato in agricoltura”, si parla di  oltre 200mila “vulnerabili”, che non sono lavoratori irregolari, ma vittime del caporalato, sottoposti a regimi di semi schiavitù (Flai – Federazione dei lavoratori agricoli). Guadagnano dai 25 ai 30 euro al giorno, per giornate che possono arrivare anche a 12 ore di lavoro consecutive. Si stima che l’economia sommersa in agricoltura abbia raggiunto il 12,3% dell’economia totale, il volume complessivo d’affari delle agromafie raggiungerebbe 24,5 miliardi. Le cifre aumentano vertiginosamente se ci spostiamo anche nell’ambito delle cooperative per facchinaggio e magazzinieri, pulizie e camerieri, trasportatori e riders per le consegne. Dalle indagini dell’arma, emerge il macro-gruppo della logistica, dove lo sfruttamento è sempre più impattante. Non da meno anche l’ambito sanitario, dove non è ancora stata quantificata la reale entità del fenomeno, ma vede coinvolti migliaia e migliaia di soccorritori ed autisti soccorritori in tutto il paese. Lavorano in condizioni più che discutibili, privi di tutele e riconoscimenti normativi, con turni di altrettante decine di ore per una spicciolata di euro. Una situazione irreale nel 2021, per uno stato che si proclama moderno.

Correlati allo sfruttamento, ci sono anche il problema delle droghe, spesso somministrate per far lavorare di più i braccianti, e quello dei suicidi; oltre al terribile dato di infortuni e morti per le eccessive condizioni di sfruttamento. Inoltre, la mancanza di contratti congrui, tra atipici, stagionali, a chiamata e simili, l’inesistenza di tutele normative e di una solidità economica, innesca un ulteriore circolo malavitoso di prestiti, estorsioni ed usura a cui sono costretti rivolgersi molti dei lavoratori che non rientrano nelle strettissime maglie dei cd classici dipendenti a tempo indeterminato. Per acquisti di telefoni, computer, elettrodomestici o auto, ma anche per locazioni o nella più utopica delle possibilità di un mutuo, vengono richieste garanzie e buste-paga consistenti e continuative. Un problema reale, che incide sulle condizioni di vita quotidiana di migliaia di persone. Un sistema che ha eroso progettualità e speranze per il futuro di intere generazioni.

Secondo l’ispezione del Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite, avvenuta questo ottobre in Italia, servono miglioramenti significativi nella revisione e nell’applicazione delle leggi, nel monitoraggio efficace delle attività commerciali e nel rafforzamento dell’accesso a rimedi concreti per le violazioni dei diritti umani, tra cui anche i diritti alla salute e ad un ambiente pulito.

Non si denuncia (quasi) mai, perché lo stato di bisogno è così forte da far accettare anche condizioni inumane. Una situazione a dir poco incivile che l’Italia dovrebbe respingere in toto.

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