Pubblicato: dom, 15 Giu , 2014

I Pagliacci di Leoncavallo nella visione di Bellocchio

Intervista di Giusy Frallonardo al regista Marco Bellocchio

Marco BMarco Bellocchio ambienta Pagliacci di Leoncavallo, prodotto dal Teatro Petruzzelli di Bari, in un carcere. Ci racconta che la suggestione delle sue regie proviene da un’immagine, in questo caso una prigione abbandonata di Bobbio, terra evocata in molte produzoni del regista. Non ha voluto rappresentare tutta l’umanita in prigione costringendovi i Comici dei Pagliacci, ma aprire una finestra su un mondo abbandonato, dove pochi filantropi si prendono cura di esseri che la massa pensa sia meglio tenere rinchiusi buttando la chiave.

Avrebbe voluto farne un film e nella sua messinscena il profumo del cinema si sente. I volti dei protagonisti, spiati nelle celle da telecamere, incombono sulla maestosa scena, che sembra includere anche gli spettatori tra quelle mura ostili.

Questo Grande Fratello per Bellocchio è uno sguardo parallelo che perseguita tutti. Le grandi città pullulano di telecamere e questo lo interessa molto, è uno sguardo sul futuro, che usa la sicurezza per renderci tutti controllati.

Per un regista come Bellocchio, che crea un feeling profondo con gli attori, confrontarsi con i cantanti che hanno un rapporto privilegiato con il direttore d’orchestra, non è stato immediato. Il M° Paolo Carignani è stato prezioso nell’allestimento per coniugare le esigenze registiche con quelle dei cantanti e con il soprano Maria Katzarava ha dato risultati sorprendenti. Bellocchio, pur contento dell’esperienza, pensa che questo sarà il suo canto del cigno con l’opera, perché ora i suoi interessi viaggiano verso altri lidi e la conoscenza della macchina teatrale operistica è troppo ostica per assecondare il suo spirito inquieto.

Intervista integrale audio a Marco Bellocchio

 

Giusy Frallonardo

 

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