Pubblicato: dom, 20 Gen , 2013

I funerali di Prospero Gallinari

Gallinari apparteneva al nucleo storico delle Brigate Rosse che nel 1974 assassinò il giudice Mario Sossi.

 

di Mario Tralongo

NEWS_92573Si sono svolti ieri i funerali di Prospero Gallinari morto lo scorso lunedì per un infarto all’ interno della propria auto nel garage dello stabile dove abitava e dove scontava gli arresti domiciliari. Gallinari appartenente al nucleo storico delle Brigate Rosse nel 1974 partecipa al rapimento del giudice Mario Sossi, arrestato poco dopo riesce ad evadere dal carcere di Treviso ed entra a far parte della colonna romana delle BR. Nel marzo del 1978 vestito da Aviere partecipa al rapimento dell’ esponente della D.C. Aldo Moro e all’ omicidio degli agenti di scorta. Con Moro in qualità di carceriere passa tutti i 55 giorni di prigionia del politico prima che questi venga ucciso. Indicato come l’ assassino del presidente della DC verrà in seguito, da questa accusa, scagionato da Mario Moretti che si assegnerà la paternità dell’ omicidio.
Nel settembre 1979 durante un normale controllo di una pattuglia della polizia viene visto mentre cambia la targa di una vettura rubata. Ferito alla testa nel conflitto a fuoco viene nuovamente e questa volta definitivamente arrestato. Prospero Gallinari mai pentito né dissociato alla fine degli anni ’80 sottoscrive la resa delle Brigate Rosse firmando un documento nel quale si riconosce la vittoria dello Stato. Dopo quindici anni di carcere speciale, per gravi motivi di salute, ottiene gli arresti domiciliari. Sin qui la breve e scarna scheda del militante politico rivoluzionario “del contadino rivoluzionario” come amava definirsi lui stesso. Quello che più colpisce in questo epilogo è la numerosa partecipazione (circa 1000 persone) al funerale. Renato Curcio, Barbara Balzerani, Oreste Scalzone leader e fondatore di Potere Operaio, Raffaele Fiore e altri cosiddetti “irriducibli” hanno salutato la bara con il pugno chiuso e cantando l’ Internazionale. Molti dei partecipanti al funerale (forse tutti) sconosciuti ai ragazzi di oggi hanno riempito per mesi e per anni le cronache giudiziarie e politiche durante la stagione degli “anni di piombo”. Decine di vite furono spezzate, giornalisti, politici, magistrati, sindacalisti, servitori dello stato furono uccisi nel nome della rivoluzione proletaria di cui loro, le temute B.R., erano l’ avanguardia.
Se fossero “compagni che sbagliano” o nemici della classe operaia fu un dibattito che lacerò l’ intera sinistra, da quella istituzionale a quella extraparlamentare. Rivederli così, invecchiati con ‘ aspetto di modesti pensionati intonare slogan a pugno chiuso rende la storia ancora più oscena. L’impressione è quella di un raduno di reduci al funerale di un loro compagno. Reduci di una guerra feroce ma non dichiarata dove tra pentimenti e dissociazioni non vi è stato nemmeno il conforto di sapere di essere stati dalla parte giusta.

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