Pubblicato: mer, 9 Lug , 2014

Google Places, il web marketing che tradisce

Un ristoratore statunitense denuncia Google

Roma – Non aveva idea del fatto che la Rete potesse influire sulla solida reputazione del suo ristorante, da quarant’anni fonte di approvvigionamento di prelibati manicaretti esotici per i cittadini della Virginia. In pochi mesi si è trovato costretto a chiudere: ora denuncia il sabotaggio, ad opera di una concorrenza che ha saputo approfittare dei mancati controlli operati da Google sui dati che arricchiscono le mappe che mette a dispozizione in Rete.

serbiancrownEra il 2012 quando Rene Bertagna, il gestore di Serbian Crown, aveva cominciato a percepire un calo dell’affluenza durante i giorni del fine settimana. Solo dopo essersi confrontato con qualcuno dei clienti abituali ha appreso dell’esistenza di Google Places, il servizio integrato in Google Maps che consente di individuare sulle mappe locali pubblici, e ha appreso che la pagina dedicata al suo esercizio riferiva ai cittadini della Rete che il ristorante osservava giorni di chiusura durante il week-end.

Il reclutamento di un consulente che riallineasse le informazioni di Google Places alla realtà dei fatti, per sopperire alla mancata collaborazione di Google, non è servita a riconquistare popolarità. Fino a poco prima ignaro di un servizio che avrebbe potuto attirare nuovi clienti, Bertagna si è convinto del fatto che proprio quel servizio lo abbia costretto alla chiusura del suo Serbian Crown, nell’aprile del 2012.

Google Places, secondo il proprietario del ristorante e secondo il suo avvocato, avrebbe agevolato una vera e propria azione di sabotaggio, probabilmente ad opera di un concorrente che lavora nelle vicinanze: per questo Bertagna ha denunciato Google, che avrebbe invece dovuto vigilare sulle informazioni messe a disposizione dagli utenti.
Per Mountain View, che ha già invocato la chiusura del caso, l’accusa di Bertagna è invece “senza fondamento”: Google Places è un servizio che, oltre a dati attinti da imparziali database, si basa sui contributi di chiunque detenga un account Google+, tanto gli avventori quanto i proprietari degli esercizi commerciali, ed è proprio il confronto diretto fra di loro che dovrebbe fare emergere informazioni utili per gli utenti.

Secondo Mountain View spetta dunque ai gestori delle attività vigilare sulla propria reputazione in Rete, e agire per smentire i contributi che tanto facilmente possono essere postati con obiettivi disonesti. Nonostante Google a parere degli osservatori contenga questo fenomeno con più attenzione rispetto al passato, tenuto conto dei precedenti, fra menzognere serrate di massa di locali perfettamente operativi e intercettazioni di link per le prenotazioni, ai proprietari dei locali pubblici non resterebbe che mettersi in gioco e adeguarsi alle impietose dinamiche del marketing in Rete.

 

per Reporter diffuso
Gaia Bottà

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