Pubblicato: lun, 27 Set , 2021

ENBY: PIU’ IN LA’ DEL BINOMIO MASCHILE-FEMMINILE

dallo slang NB – non binary, le molteplicità dell’essere.

L’essere umano è davvero riconducibile solo a maschile e femminile?

Il sesso biologico viene assegnato geneticamente durante la gestazione (xx, xy, ermafroditi e intersessuati) e determina gli organi sessuali che presentiamo alla nascita. La sessualità si riferisce, invece, alle emozioni che vengono prodotte dalle relazioni interpersonali (chi ci attrae: orientamento sessuale etero, lesbico, gay, bisex, pansessuale, asessuale, etc…).

Il genere è l’aspettativa della società rispetto all’esercizio del sesso e della sessualità. Detto semplicisticamente: da chi ha il corpo di un uomo ci si aspetta che si comporti come un uomo. Mentre l’identità sessuale (o di genere) è la dimensione soggettiva del proprio essere, cioè il come ci sentiamo nel nostro io interiore.

L’identità sessuale non sempre coincide con il sesso biologico che è stato assegnato alla nascita (transessuale la persona che non si sente nel corpo giusto, FtM o M2F).

La definizione di genere è stata creata per ordinare in gruppi persone, animali o cose aventi caratteristiche uguali. E’, pertanto, una costruzione sociale, che siamo abituati a intendere in modo statico e definito. Il che sicuramente va bene per i compiti a scuola o per dei calcoli rigorosi, ma questa rigidità mal si adatta ai modi dell’essere.

Se cambiamo prospettiva, come ci insegnano anche le culture orientali, pensando al genere come un’indicazione flessibile, possiamo intuire la soggettività umana nella sua complessità.

Maschile e femminile non sono le due uniche metà di cui si compone l’umanità, ma i punti -estremi e ideali- di una scala cromatica che ogni persona in differenti culture e Paesi realizza. In questo senso, si dice che gli uomini e le donne cisgender (sesso biologico e identità sessuale coincidono) sono solo due tra le possibili variabili del genere.

Emblematica la storia di David Reimer (As Nature Made Him, John Colapinto): nel libro viene mostrata la persistenza di un’identità di genere maschile, in una persona che ha perso il pene subito dopo la nascita, per una circoncisione sbagliata, nonostante, per rimediare al danno, il soggetto fosse stato riassegnato costruendogli chirurgicamente i genitali femminili. E’ sicuramente un caso esasperato che forse può semplificare il concetto di non-coincidenza tra i sentimenti interni ed il corpo.

L’identità sessuale di una persona può contrastare fortemente (a volte anche con gravi disagi) con la sua apparenza esteriore: va ben oltre il sesso dell’individuo dedotto dall’esame dei genitali e, in età adulta, dai caratteri sessuali secondari.

Cosa non funziona, quindi, in un’epoca che si spaccia tanto per moderna?

Accettiamo che le persone si rifacciano i tratti somatici, deformino il proprio fisico, cambino colore di pelle e occhi per estetica, moda o appagamento personale, ma non possiamo tollerare che ciascuno trovi il contenitore e il modo di esprimersi più adatto per la sua essenza ?

Verso la metà del XVII secolo un militare olandese testimoniò di Nzinga, una donna guerriera del regno di Ndongo, del popolo Mbundu, che regnava come re piuttosto che come regina, vestita da uomo e circondata da un harem di giovani uomini vestiti da donna, che erano le sue mogli.

Grecia e Roma Antiche hanno lasciato innumerevoli testimonianze di omosessualità e transessualità. Lo scrittore romano Macrobio racconta che a Cipro, ma non solo, la dea Venere Castina, protettrice dei transessuali, rispondeva con simpatia e comprensione ai desideri delle anime femminili racchiuse in corpi maschili e viceversa. (Bulliet, C.Venus Castina. Famous Female Impersonators Celestial and Human, New York, 1928).

Si dice che l’imperatore Eliogabalo avrebbe offerto la metà dell’Impero Romano al medico che l’avesse potuto fornire di genitali femminili. Sposò sia donne che uomini, era noto per le sue avances a ragazzi e per l’uso smodato di trucco.

Diversi califfi di Cordoba, incluso Hisham II, Abd-ar-Rahman III e Al-Hakam II avevano harem maschili. L’imperatore Ai della Dinastia cinese Han, era famoso per tagliare i vestiti per non svegliare l’amante. Mentre Re Enrico III di Francia voleva essere considerato una donna. Si narra che nel febbraio 1577, sa majesté comparve dinanzi ai Deputati truccato, con una lunga collana di perle e un abito tagliato in basso. I Burrnesh nella penisola balcanica erano le “vergini giurate”, il terzo genere.

E se diamo un giro al mappamondo? Presso gli indiani Yuma esisteva una classe di maschi, chiamati elsa, che si riteneva avessero subito un “cambiamento di spirito”.

Fra i nativi americani, esistono categorie di genere multiple e alcune persone vengono chiamate “due spiriti”. In alcune società polinesiane, le fa’afafine non sono discriminate, ma ritenute appartenenti ad un genere sessuale naturale.

Tra gli Indiani Cocopam erano detti elha i maschi con caratteri femminili fin dall’infanzia, mentre le femmine maschili erano war’hemeh. I Navaho, li chiamavano nadl, negli Indiani della California erano i-wa-musp (uomo-donna), con un regolare grado sociale formalmente riconosciuto. Nel Madagascar i sarombavy e a Tahiti c’erano i mahoo. In Lango, in Uganda, alcuni uomini vestono da donna, simulano la mestruazione, ed entrano a far parte nel gruppo delle mogli di altri maschi. Presenti anche nella cultura dei Malgasci con i ts ecate, tra gli Onondaga dell’Africa del Sud-Ovest e tra i Diakite-Sarracolese del Mali.

Nel 2003 è comparso il primo passaporto australiano con un marcatore di sesso x, come indeterminato. I Kathoeys, il terzo genere, sono particolarmente diffusi e accettati pubblicamente nella cultura thailandese, dalle tv ai giornali, ai famosi concorsi di bellezza. Il SudAmerica, in particolare il Brasile, da decenni abbraccia la libertà di genere.

Nel 2014 anche la Corte Suprema Indiana ha riconosciuto il terzo genere: le hijras non vengono considerate né uomini, né donne e hanno un ruolo di genere differente. Previsti già da tempo degli spazi appositi e anche delle scuole rivolte ai transgender. Ancora nel secolo scorso la città indiana di Lucknow aveva consentito il cambio di identità giuridica per inserire nelle liste elettorali femminili tutti gli eunuchi che lo richiedessero, in quanto non solo si erano sottoposti ad un intervento chirurgico che rendesse i loro genitali simili in tutto ad una vagina, ma anche il loro stile di vita era allineato a quello delle donne (Siddgui, T., e Rehman, M., Eunuchs of India and Pakistan, in Sexology).

Sharyn G.Davies, professoressa dell’University Tecnology Western Australia, ha investigato la forma in cui le società non occidentali “costruiscono” il genere attraverso caratteristiche come il vestirsi, il modo di camminare o parlare. In questo senso, l’Indonesia è uno tra i paesi più aperti, tanto che riconosce legalmente cinque generi distinti. Nella cultura Bugi, il maggior gruppo etnico indonesiano, con tre milioni di abitanti a maggioranza musulmana, i generi si combinano con gli aspetti biologici e psicologici: makkunrai donna femmina; oroani uomo maschile; calalai uomo femminile; calabai donna maschile; bissu sacerdote transgender. Secondo questa cultura, i generi non sono privativi o limitativi, ma liquidi. Interpretandoli come una traccia in costante evoluzione, è possibile uscire dalla riduttiva ideologia binaria. In quanto costruzione sociale, possono essere sempre modificati o ampliati, permettendo ad ogni individuo di essere ciò che si sente, senza doverlo stereotipare forzatamente in una categoria.

Se guardiamo alle religioni, che oggi sembrano più un ostacolo anzichè un aiuto per trovare la propria dimensione, esiste da sempre il superamento dei contrari e la creazione con la presenza androgina. Nei miti cosmogonici il cielo e la terra erano una cosa sola, maschio e femmina. Dalla Teogonia di Esiodo, all’Edda nordica, al Cristianesimo e Protestantesimo, passando per le cosmogonie egiziane e babilonesi sino a quelle polinesiane. Nell’interpretazione della Genesi, l’androgino è l’essere originariamente creato. La stessa scuola rabbinica considera la prima figura androgina, ritenendo una vera e propria compresenza tra la parte maschile e quella femminile. Le divinità egiziane, prima di quelle greche ed ebraiche, furono ermafrodite: lo è Hapi, il dio del Nilo, e Mut, la Grande Madre dotata insieme di organi sessuali maschili e femminili. Anche nello Zohar, il Libro dello splendore, si dice che «ogni anima e ogni spirito, prima di penetrare in questo mondo, sono composti da un maschio ed una femmina uniti in un solo essere».

Interessante è anche Dioniso, decisamente trans-gender, passa da maschio a femmina, ed il contrario dal femminile al maschile. La sua androginia non è un dato permanente come fatto anatomico, quanto un modo d’essere sociale e psicologico che esplicita ante litteram la differenza tra sesso e genere. E’ transgender nel senso più attuale, possiede cioè al tempo stesso le caratteristiche culturali di entrambi i sessi. Non a caso, il suo nome è anche Lysios, colui che scioglie (Nietzsche). «Tutto è Dioniso» afferma Schelling, volendo fare eco a quel «Tutto è Shiva», principio cardine dell’Induismo (Filosofia della rivelazione). Nelle religioni orientali Bodhisattva, «colui che è illuminazione», viene raffigurato in vesti femminili e maschili.

Il passato era più moderno di quanto lo sia il nostro presente.

Se siamo, quindi, esseri viventi con pari diritti e dignità, e se è vero che cerchiamo di migliorare la nostra condizione di vita tramite progresso e tecnologia, dovremmo darci tutti una possibilità di essere felici.

Non binary (en-by), gender fluid sono solo alcune delle molteplici sfaccettature in cui ci si può esprimere. Pangender, demigender, questioning, neppure l’acronimo LGBTQIA+ riesce ad abbracciarle tutte. Dalle quattro iniziali che simbolicamente indicavano Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender, l’ombrello si è allargato con ulteriori lettere. Queer oggi viene utilizzato per le persone che preferiscono non identificarsi in una specifica “etichetta” relativamente all’orientamento sessuale e/o all’identità di genere. Seguono Intersessuali ed Asessuali, oltre al segno + che rappresenta tutte le altre identità.

Ancora non è facile per l’individuo riuscire a dire chi sia. Non sempre gli altri esseri umani glielo consentono. Alcuni Stati, hanno provveduto ad inserire specifiche tutele per le discriminazioni anche per identità di genere: Belgio, Francia, Svezia, Spagna, Portogallo, Grecia, Finlandia, Croazia, Malta, UK, Irlanda e perfino Ungheria. Da segnalare che la Scozia è stata tra le prime a citare espressamente le “persone transgender”. Islanda, Albania e Montenegro, Bosnia, Macedonia, Kosovo e addirittura la Georgia. La Norvegia ha introdotto una prima legge nel 1981 e dal 2020 ha incluso per i reati d’odio anche le persone transgender e bisessuali. La Svezia è considerato uno degli stati più gay friendly del mondo: la sua legislazione prevede fino a quattro anni di carcere per minacce o disprezzo verso gli omosessuali; la discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale è stata criminalizzata dal 1987 e quella sull’identità di genere dal 2009.

In molti paesi si tenta di virare verso linguaggi e comportamenti più inclusivi. Abbigliamento, calzature, compreso il profumo, si fanno genderless: le diciture ‘pour femme’ o ‘pour homme’ sembrano superate (salone internazionale della profumeria, Firenze settembre 2021). Anche l’arte, la musica e la moda risentono di questa necessità di ricerca di identità senza etichetta, diventando sempre più fluide e non binarie. Poesia, teatro, pittura, scultura, fotografia e cinema trascendono i limiti imposti dalla società e aprono alla visione trans+. Le parole, i suoni, le strutture, i movimenti, le immagini evocate da artist* vanno oltre le separazioni tra i diversi gruppi, esternando esperienze e sentimenti.

E’ sicuramente una corrente artistica fondamentale nella storia dell’uomo in quanto espressione della ricerca del sé, trasversale ed internazionale. Sia implicitamente che esplicitamente, obbliga chi ne fruisce a riflettere; tenta di decostruire la violenza istituzionalizzata e le discriminazioni ancora presenti. Offre l’opportunità di nuove prospettive, dando forma a dei modi dell’essere che altrimenti sarebbero ineffabili. Si apre quindi una finestra verso un mondo variopinto, coloratissimo e ricco di sfumature che è sempre esistito, ma che non ha avuto possibilità di emergere negli ultimi secoli. Molteplici esistenze che nulla tolgono alle altre, ma che anzi potrebbero arricchire enormemente l’umanità. Ognuno di noi custodisce un infinito universo.

Se da una parte si volge lo sguardo alle pluralità dell’essere, vale la pena ricordare, però, che in molti stati del mondo, per lo più arabi e africani, oggi non è ammesso nemmeno pensare una realtà differente da quella della loro tradizione. I rapporti omosessuali ed il cross-dressing sono considerati reati puniti con la reclusione anche fino all’ergastolo o addirittura con l’esecuzione capitale.

L’Italia sembra arrancare, tra rimbalzi di convenienza politica e vaticano, ma resta la speranza che ciascuno possa essere ciò che si sente; che si possa apprezzare e che ci si possa innamorare di una persona, non del suo genere.

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