Pubblicato: dom, 1 Giu , 2014

Diritti negati a Massimo Ciancimino: «Il suo caso non segue le normali regole»

Il figlio di don Vito non può presenziare all’udienza per la maxi frode dell’acciaio. Nessuna autorizzazione a lasciare Palermo

MASSIMO-CIANCIMINO_IMG_9597-624x300Si è svolto sabato scorso, a Ferrara, l’esame in incidente probatorio nell’ambito dell’udienza preliminare per il processo sulla maxi truffa dell’acciaio, che vede coinvolte oltre 20 società da Nord a Sud, buona parte delle quali non avevano alcuna attività reale ma servivano da semplice specchietto per le allodole, utili per finanziare la commercializzazione di metalli ferrosi e consentire di non versare l’Iva incassata dai clienti nelle transazioni commerciali. Una frode che, tra il 2007 e il 2009, avrebbe fruttato 130 milioni di euro tra evasione fiscale e Iva non versata. L’inchiesta vede imputate 34 persone, accusate a vario titolo di aver fatto parte dell’organizzazione criminale che ha sottratto l’ingente somma al fisco. Tra loro, anche Massimo Ciancimino: testimone chiave al processo sulla trattativa Stato-mafia, in corso davanti alla Corte d’assise di Palermo, e accusato dalla Procura di Ferrara di essere ai vertici dell’organizzazione della colossale frode.

L’incidente probatorio, per “congelare” le testimonianze degli unici due imputati che hanno chiesto riti alternativi – gli imprenditori veneti Luigi Matteo Padovan e Giulio Galletti –, è stato eseguito davanti al gup di Ferrara Monica Bighetti, che ha concesso al primo il rito abbreviato e negato al secondo il patteggiamento richiesto dalla difesa. Per tutti gli indagati, Ciancimino compreso, la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio. Udienza fissata per il 16 giugno, durante la quale si proseguirà con le arringhe degli avvocati della difesa e il gup dovrà decidere se accettare o meno la richiesta di Massimo Ciancimino di poter trasferire il processo da Ferrara, ritenuta «territorialmente incompetente».

I legali Roberto D’Agostino e Marco Linguerri dovranno dimostrare che il figlio dell’ex sindaco di Palermo, riconosciute le sue – seppur parziali – responsabilità (ammesse dallo stesso in fase di interrogatorio e che hanno consentito agli inquirenti anche di allargare l’indagine), non ha retto affatto le fila dell’organizzazione a delinquere, «ma svolgeva semplicemente attività di intermediazione nella vendita dell’acciaio». Senza dubbio Ciancimino jr è un personaggio scomodo per tanti, non solo per i mafiosi ma anche per quei potenti che ricoprono alte cariche politiche e istituzionali. Costantemente delegittimato e isolato, all’udienza di sabato fissata dal gup di Ferrara nel procedimento che lo vede imputato di evasione fiscale, avrebbe voluto essere presente anche lui. Ma quel diritto gli è stato negato.

Massimo Ciancimino aveva infatti presentato istanza per essere presente all’udienza, molto importante al fine di determinare l’effettivo ruolo da lui svolto nella vicenda della presunta evasione fiscale. Quando, però, si reca al commissariato di Polizia per sapere se aveva ottenuto l’autorizzazione dalla Sezione misure di prevenzione, per tutta risposta il funzionario presente gli riferisce che non avrebbe potuto lasciare Palermo per recarsi a Ferrara, in quanto non era pervenuta alcuna autorizzazione. «Alla mia richiesta di mettermelo per iscritto – racconta lui stesso – il sagace funzionario di Polizia mi negava la richiesta, adducendo che per legge, quando un imputato è sottoposto a obbligo di soggiorno, seppur provvisorio come il mio, la legge è chiara, basta la citazione per poter recarsi alla udienza limitandosi a comunicare alla autorità preposta al controllo la stessa citazione, ma con me questa norma non può essere applicata perché, come detto dallo stesso funzionario “lei sa benissimo che il suo caso non segue le normali regole del diritto, lei si chiama Ciancimino, ha dato fastidio a tanti ed ha un prassi stabilita solo per lei”. […] Il gup non ha accettato il mio legittimo impedimento, negando anche lo stesso mio diritto, avendo richiesto espressamente di voler essere presente». Eppure ci sono sentenze delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Cassazione Sez. Un., n. 37483 del 26 settembre 2006, Arena, Rv. 234600) che parlano chiaro: «all’imputato detenuto o soggetto a misure limitative della libertà, che manifesti in qualsiasi modo e tempestivamente la volontà di comparire, non può essere violato il diritto fondamentale di partecipare all’udienza». Rigettata da parte del gup Bighetti anche la richiesta dell’imputato di spostare ad altra data l’udienza di sabato per legittimo impedimento. «Vedremo fin dove si spingeranno, infrangendo tutti i codici e le leggi vigenti in materia».

La legge è uguale per tutti. Per alcuni, evidentemente, non lo è la sua applicazione.

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