Pubblicato: ven, 17 Gen , 2014

Dalla Siria a Gioia Tauro, un bastimento carico di armi chimiche

I comuni spiazzati non credono alle rassicurazioni di Palazzo Chigi
Il porto di Gioia Tauro (RC)

Il porto di Gioia Tauro (RC)

Il sindaco di Gioia Tauro Bellofiore teme per delle ritorsioni personali della popolazione, dovesse succedere qualcosa, che lo vadano a prendere a casa «con i forconi». Gioia Tauro teme per disastri che eventualmente sarebbero letali visto il carico speciale e il governatore calabrese Scopellitti intravede la possibilità di una «guerra civile». Il sindaco di San Ferdinando, comune in cui ricadono la maggior parte delle banchine del porto in questione, sta già pensando ad un’ordinanza per farlo chiudere. Ma nessuno è stato interpellato. La decisione di ospitare i container della Cape Ray carica delle armi chimiche siriane è stata comunicata dal ministro degli Esteri Bonino nell’audizione in parlamento con il ministro dei trasporti Lupi, il capo dell’Opac (Organizzazione per la proibizione delle Armi Chimiche) Ahmet Uzumcu, di fronte le commissioni riunite Affari esteri e Difesa di Camera e Senato. «Si tratta della più importante operazione di disarmo negli ultimi dieci anni» dice Emma Bonino: una decisione prospettata da dicembre quando l’Italia, come diversi altri paesi, aveva offerto un suo porto per il trasbordo nell’ambito dell’ «operazione internazionale –dice il ministro- che è il primo passo per arrivare ad un Medio Oriente privo di armi chimiche», in base agli accordi con l’Opac, che per il suo lavoro ha vinto il Premio Nobel per la pace. Per stemperare gli allarmismi delle ignare amministrazioni locali, il ministro Lupi ha assicurato come la scelta sia ricaduta sul porto civile di Gioia Tauro perché tecnicamente il più preparato e abituato alle operazioni di gestione di agenti chimici. Rassicurazioni confermate dalla Contship, società concessionaria del terminal container di Gioia Tauro: «Non conosciamo ancora i dettagli dell’operazione, ma possiamo garantire che sarà svolta sulla base dei massimi requisiti di sicurezza» e da Sul, il sindacato dei portuali: «Se ci saranno certezze sulle condizioni di sicurezza sul lavoro si può anche fare». Il trasbordo avverrà «da nave a nave» senza toccare il suolo italiano: cioè senza sbarcare nemmeno in banchina e senza che il carico debba essere stoccato in depositi a terra. L’operazione prevista entro la prima metà di febbraio, hanno spiegato i titolari della Farnesina e dell’Opec, non dovrebbe durare più di «48 ore», sotto il controllo degli ispettori Opec. Per poi proseguire per altri due mesi in acque internazionali, con la distruzione per idrolisi delle armi chimiche.

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