Pubblicato: ven, 14 Apr , 2023

Condannato Ruggirello, arrestata la maestra Laura e indagata la figlia Martina

proseguono gli arresti dei fedeli di Matteo Messina Denaro, ma la rete di complicità è molto più vasta

Debolmente cadono le coperture politico-istituzionali che sino ad ora hanno garantito la latitanza di Matteo Messina Denaro e la sua rete di complicità. Il passaggio delle consegne è evidente. Un’altra potente famiglia è già subentrata, cambiano pure le dinamiche nella massoneria, con tanto di riconoscimenti delle logge italiane anche da quelle inglesi. Dopo la condanna del senatore di Forza Italia, Antonio D’Alì e le indagini per i mandanti delle stragi, nonchè la trattativa stato-mafia certificata da sentenza proprio l’estatate scorsa, la discussione sull’ergastolo ostativo e l’abolizione del 41bis, il ritorno alla ribalta dei fratelli Graviano fittamente collegati a Riina, Messina Denaro e un imprenditore del nord. La scomparsa prematura di Matacena, spento poco prima del suo rientro in Italia, e del collaboratore di giustizia Palmeri, morto solo due giorni prima della testimonianza nei processi delle stragi. La consegna della primula rossa ha segnato il cambio di passo. Ora, a cascata lenta arrivano i fermi per nomi già famosi nell’asset siculo-trapanese. Oltre ai due vivandieri che ospitavano e banchettavano con MMD, sono finiti nelle indagini massoni, medici, ingegneri e geometri, professionisti. Non solo la bassa manovalanza di cosa nostra, ma anche quella tanto chiacchierata “borghesia mafiosa” e zona grigia.

Proprio qualche giorno fa, il sindaco di Campobello di Mazara aveva espresso il suo disappunto perchè il paese sarebbe considerato dall’opinione pubblica un contesto fortemente mafioso e quindi ne sarebbe danneggiato. Tuttavia, in un paese di appena diecimila anime sono presenti due logge massoniche riconosciute dal GOI, in un borgo peraltro già sciolto due volte per infiltrazioni mafiose. Appoggi massonici che hanno sostenuto la candidatura dello stesso attuale sindaco, in carica per il secondo mandato. A febbraio 2023 il primo cittadino è stato sentito presso il tribunale di Trapani, come teste della difesa di un imputato molto particolare, l’ex deputato regionale Paolo Ruggirello, il simbolo degli insospettabili finiti sotto accusa per frequentazioni con i fedelissimi di Matteo Messina Denaro. La Procura di Palermo ha chiesto la condanna a 20 anni di reclusione dell’ex deputato regionale del Pd, imputato di associazione mafiosa. Un nome di peso, conosciuto nel trapanese.

E al 12 aprile arriva la condanna per Ruggirello: dodici anni per concorso esterno a Cosa nostra. Era stato arrestato insieme ad altre 27 persone, tutti luogotenenti e gregari di Matteo Messina Denaro. Secondo le accuse della procura, ha cercato il sostegno elettorale della famiglia mafiosa di Trapani. E’ stato punto di riferimento delle cosche nella politica regionale; dalle indagini emerge anche che avrebbe fatto vincere appalti ai clan e avrebbe incontrato il capomafia Virga in diverse occasioni. L’ex deputato regionale ha ammesso che il boss gli chiese, prima delle regionali del 2017, 50 mila euro in cambio di mille voti e di aver accettato. Ruggirello aveva esordito in politica come assistente di Bartolo Pellegrino, vicepresidente della Regione con Totò Cuffaro. Anche Pellegrino è stato arrestato e poi assolto per concorso esterno a Cosa Nostra, divenne celebre per aver definito “infame” un personaggio che aveva parlato con i carabinieri. Vicino a Pellegrino era il padre di Ruggirello, il ragionier Giuseppe, capostipite della famiglia. Aveva cominciato negli anni ’60 con una piccola azienda edile. Negli anni ’70 si era comprato la Banca Industriale, e in poco tempo era passata da uno a sedici sportelli, coprendo ben tre province. Ruggirello senior diventa ricco molto velocemente, tanto da sollevare un’interrogazione parlamentare sull’origine del suo successo economico (1972). La Guardia di finanza lo cita nel rapporto “Colosseo Connection”, quello su Enrico Nicoletti, cassiere della Banda della Magliana: “Nel settore bancario – scrivono gli inquirenti – sono in corso indagini su un soggetto (Giuseppe Ruggirello) sospettato di collegamenti con esponenti vicini alla mafia, il quale starebbe per rilevare o avrebbe già rilevato una considerevole partecipazione in un Istituto di credito romano. Il soggetto, tramite tre società finanziarie, è presente sulla piazza di Roma e opera nel settore mobiliare e immobiliare impiegando ingenti capitali”. Oggi è condannato il figlio Paolo, il loro è un nome conosciuto nel territorio e nella storia siciliana. Dall’inchiesta è emerso anche come Ruggirello sia stato un sostenitore dell’elezione dell’attuale sindaco di Campobello di Mazara, il paese dove Messina Denaro ha trascorso quasi interamente la sua latitanza. Nel piccolo contesto di periferia tutti si conoscono e sono consci del potere di MMD e del clan Bonafede. Tutti conoscono la maestra Laura, così come la figlia Martina. Anche i numerosi fiancheggiatori ed aiutanti di Matteo Messina Denaro sono volti noti nel paese. Il sindaco, però, sostiene che era impossibile sapere, vedere, capire.

Poche settimane fa, a fine marzo, si è tenuta un’assemblea per cambiare nome alle scuole elementari, in ricordo del piccolo Giuseppe di Matteo, con un ritardo di 27 anni e solo dopo la consegna di MMD alle forze dell’ordine. La proposta, peraltro, non è stata ben accolta nè dai docenti nè dai genitori degli alunni di quella stessa scuola che fu frequentata anche da Matteo Messina Denaro e la cui abitazione storica sarebbe a pochi metri di distanza. Un fitto silenzio avvolge ancora questi territori, tutti sanno – nessuno sa. All’assemblea per l’intitolazione del plesso scolastico, andata deserta da quasi tutti i genitori, istituzioni e referenti locali non si sono sbilanciati nel rispondere alla stampa sulla vicenda della maestra della scuola dell’infanzia “Capuana-Pardo” di Castelvetrano, distante appena dieci minuti dalle scuole elementari.

Al 13 aprile, viene arrestata anche la maestra, figlia del boss Leonardo Bonafede, storico capo della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara, nonché cugina di Andrea ed Emanuele Bonafede, entrambi già arrestati nelle scorse settimane tra i favoreggiatori dell’ex superlatitante. Sposata con l’ergastolano Salvatore Gentile, condannato per due omicidi ordinati proprio da Messina Denaro, Laura Bonafede è donna di mafia. Una donna con la quale l’ultimo dei corleonesi ha intrattenuto una lunga relazione sentimentale. Secondo gli inquirenti, la maestra ha avuto un ruolo fondamentale nella gestione della latitanza di MMD, un ruolo cominciato addirittura dalla fine degli anni ’90. E proseguito fino ai giorni nostri, Laura Bonafede è accusata di essere stata una pedina fondamentale per garantire la clandestinità del capomafia. Secondo quello che è emerso ha provveduto alle necessità quotidiane del latitante, con il quale ha anche condiviso l’abitazione per alcuni periodi. E’ in carcere con le accuse di favoreggiamento e procurata inosservanza della pena, reati aggravati dall’aver favorito Cosa nostra. Indagata per gli stessi reati anche la figlia, Martina Gentile. E’ in corso un’indagine pure sulle responsabilità della dirigente scolastica dell’istituto in cui la maestra lavorava. La dirigente era a conoscenza dei nomi pesanti che costellavano la storia della maestra Laura, ma avrebbe dichiarato che non era suo interesse se nella vita privata si incontrava con MMD.

Dallo scambio epistolare tra il boss e la maestra emergono anche degli incontri romantici in un limoneto, proprio tra gli agrumi il latitante le aveva a suo tempo comunicato che alla scarcerazione di Leonardo Bonafede, il padre, e di Salvatore Gentile, il marito, la loro relazione sarebbe dovuta cessare, ma lei avrebbe rifiutato l’ipotesi. Si intravvedono relazioni e gelosie, sembra che la primula rossa si fosse invaghito di Lorena Ninfa Lanceri, motivo per cui la maestra sarebbe stata tanto gelosa.

Il giudice scrive che Laura Bonafede e la figlia venerano il boss, “tale adorazione non ha alcuna possibile spiegazione razionale e trova un senso solo nella totale adesione allo spirito, gli ideali ed i comportamenti di uno dei più feroci mafiosi conosciuti in territorio italiano”, scrive il gip. Sottolineando che l’attaccamento delle due donne non è venuto a mancare neanche dopo che molti loro parenti sono finiti agli arresti a causa dei i rapporti con i Messina Denaro. Nonostante questo “la Bonafede – prosegue il giudice – non ha esitato a organizzare la sua vita per fornire assistenza al boss. Le indagini hanno documentato come Laura Bonafede e Messina Denaro “unitamente alla figlia Martina Gentile, abbiano in numerose occasioni coabitato durante la latitanza, concordando l’utilizzo di un codice linguistico riservato e complesso per comunicare tra loro”. Uno stabile rapporto quasi familiare, in cui MMD scrive in numerose occasioni di aver cresciuto Martina come se fosse figlia sua, la quale è predisposta alla cultura mafiosa e gli assomiglia in toto. Nei pizzini sono tanti i riferimenti letterari anche alti, da Daniel Pennac a Marquez, Mario Vargas Llosa, Flaubert e Paco Ibáñez. Ha sempre preferito uno stile elegante e sofisticato, non solo nei vestiti costosi, quasi a camuffare la sua indole di spietato omicida.

C’è anche Macondo, ovvero il “posto più controllato della Nazione”, uno degli svariati rimandi letterari utilizzati da Messina Denaro, in questo caso per indicare il comune di Campobello di Mazara, citando il paese immaginario della foresta colombiana di Gabriel Garcia Màrquez. Macondino invece è la frazione di Tre fontane, la zona mare di Campobello. Ma il posto più controllato della nazione, lo era solo apparentemente. Matteo Messina Denaro viveva a Campobello da oltre 26 anni: praticamente è sempre rimasto nei suoi territori. Ha abitato in quegli stessi luoghi sempre palesando a tutti il suo viso, riconoscibile a quanti lo hanno visto in modo continuativo. Si muoveva indisturbato nella zona in cui era nato e cresciuto, protetto da una famiglia nota a tutti e parte della storia di Cosa nostra, il clan Bonafede, appunto. Leonardo, storico boss di Campobello, aveva gestito pure la latitanza di Francesco Messina Denaro, il padre di Matteo.

Secondo alcuni collaboratori di giustizia, Messina Denaro era il custode dell’archivio di Totò Riina, sparito dalla villa di via Bernini, a Palermo, prima che i carabinieri tentassero la perquisizione. Gli inquirenti stanno cercando gli altri nascondigli di MMD e l’archivio. Ma è molto probabile che sia già passato in altre mani, trasferito al sicuro. La storia della mafia italiana prosegue.

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