Pubblicato: gio, 19 Mag , 2016

Radio 100 passi Community Valdarno: uno strumento di intervento.

Per invertire una tendenza che preoccupa le coscienze, una necessità questa indifferibile, non si può prescindere da un’informazione libera.

Il Valdarno è la valle percorsa dal fiume Arno, che però non coincide pienamente con l’intero bacino del corso d’acque. L’area tra Arezzo e Firenze viene chiamata Valdarno Superiore, il tratto aretino è delimitato a nord-est dal massiccio del Pratomagno, a sud-ovest dai monti del Chianti, l’ultimo comune della provincia, al confine della fiorentina, è San Giovanni. Si allarga fino ad includere l’ondulato territorio solcato dal torrente Ambra, affluente dell’Arno. Il percorso fiorentino è pianeggiante lungo il corso del fiume e fiancheggiato da sistemi collinari.

ferroviaPresenta una notevole varietà paesaggistica; alpestre sulle pendici del Pratomagno, rilevato da fenomeni di erosione argillosa ai piedi della dorsale montana, caratterizzato dall’opera dell’uomo nella parte centrale: connotata da insediamenti abitativi- industriali-commerciali che da Levane, Montevarchi si estendono senza soluzione di continuità lungo il corso che lambisce Figline, dove inizia la provincia fiorentina, quindi Matassino, Incisa, Rignano, fino a Firenze. Attività e antropizzazione che hanno sottratto spazio all’agricoltura, alla tradizionale coltura promiscua fatta di seminativi alternati con filari di alberi e sostituita da coltivazioni specializzate di cereali, foraggi, prodotti orticoli-vivaistici. La valle, nella parte centrale, è attraversata da grandi vie di comunicazione, come l’Autostrada del Sole e la linea  ferroviaria Roma-Firenze. Nelle zone collinari si ottengono i prodotti agricoli che distinguono internazionalmente la regione toscana: vino ed olio.

Il Valdarno è divenuto terra di matura industrializzazione, con una economia attiva e differenziata: i maggiori settori produttivi sono l’alimentare, il tessile, il comparto della moda, delle calzature, il chimico, l’orafo, il florovivaistico. Gli addetti all’industria sono il 50% della forza lavoro, una delle realtà locali a più alta intensità di occupati nel settore dell’impresa rispetto alla popolazione residente. Sviluppato il settore dell’accoglienza turistica e negli ultimi tempi ha avuto consistente incremento l’agriturismo. Simile caratterizzazione dell’economia valdarnese, in linea col resto della regione, è stata resa possibile dal connubio di prestatori d’opera di alta professionalità con un tessuto diffuso di piccole e medie imprese di ottima qualità artigianale e produttiva, e solo poche grandi strutture industriali.

Eppure un tempo le condizioni dell’economia e lo stato della società erano precari. Alla fine dell’800 le popolazioni erano quasi del tutto impiegate nelle attività agricole. Predominava la mezzadria, caratterizzata da bassi investimenti di capitali e un elevatissimo sfruttamento del lavoro dei coloni che assicurava solo ai padroni la realizzazione di consistenti rendite. Vaste zone si connotavano per la fatica e l’indigenza delle popolazioni rurali e l’instaurarsi del regno piemontese non aveva modificato per nulla la situazione.

Così, nonostante la terra fosse ricca e numeroso il bestiame e discreta la produzione, il nutrimento delle popolazioni era scarso ed esse erano completamente sottomesse ai padroni e obbedienti alle direttive del clero e costituivano una preziosa riserva elettorale per i proprietari terrieri. La tassazione imposta dal regno sabaudo era vessatoria per la povera gente e già allora, benché per loro fosse rispettosa, i proprietari si contraddistinguevano per tasse “non risolute”, mentre mai era dato che potessero evitarle i coloni. Le condizioni sanitarie e igieniche erano inadeguate. Verso la fine dell’800 il contratto colonico era divenuto tanto oneroso per il colono che non era più sufficiente al suo sostentamento ed era costretto ad indebitarsi col padrone.

L’industria si sviluppò in seguito alla costruzione della linea ferroviaria Firenze-Arezzo. Nel 1873 fu costruito lo stabilimento siderurgico o “Ferriera” di San Giovanni. Siderurgia, escavazione mineraria, fornaci costituirono, a quel tempo, l’industria del Valdarno, che arrivò ad occupare anche alcune migliaia di operai. Va detto, comunque, che già al tempo dei Medici, dopo la conquista e la colonizzazione del Valdarno, Firenze vi aveva spostato alcuni opifici dell’Arte della Lana, come gualchiere, tintorie, tessiture, ubicati lungo l’Arno per sfruttarne le acque come forza motrice. Rimasero produttive a lungo e costituirono i primi insediamenti di quella piccola e media impresa che caratterizzerà questo territorio. La produzione dei cappelli di feltro a Montevarchi e l’industria vetraria a Figline rimasero attive e rinomate fino ed oltre l’industrializzazione moderna.

Ben presto, però, la condizione operaia si rivelò non tanto migliore rispetto a quella delle campagne. Nel 1892 il foglio “La Frusta” scrisse che le paghe degli operai della Ferriera di San Giovanni erano del tutto insufficienti. Le paghe operaie, infatti, erano misere e le condizioni di lavoro, alla ferriera come nelle miniere di lignite, erano assai difficili. La popolazione di San Giovanni, nella stragrande maggioranza composta da operai, viveva in stato di estrema miseria. L’aria, poi, sotto la fabbrica era malsana e gli abitanti erano tormentati anche dalle nebbie, dall’insufficiente situazione igienica, dalla mancanza di adeguate fognature. E anche le tasse prendevano a gravare sui lavoratori dell’industria.

Lo sfruttamento dei lavoratori, dunque, diveniva insostenibile. Tra la fine dell’800 e la prima guerra mondiale,  i lavoratori delle fabbriche conobbero l’influenza del movimento socialista. Nacquero le leghe sindacali di resistenza, le Camere del lavoro, le società di mutuo soccorso, le cooperative di produzione e consumo: una trama associativa urbana fortemente segnata da tradizioni repubblicane e di umanitarismo anarchico, dalla socialità propria della rete dei centri abitati minori, dalla mobilitazione della società mezzadrile. Si esperimentarono  pratiche di solidarietà, si avviarono le esperienze del municipalismo socialista, connotate dagli interventi a sostegno delle classi popolari. Un modello che si contrapponeva alla natura oligarchica, accentrata del nuovo Stato unitario. Proprio perciò la reazione fascista fu particolarmente feroce in Toscana, con l’oppressione si intendeva anche eliminare la ricchezza delle particolarità della nostra identità nazionale.

Dopo la liberazione dal nazifascismo, in Toscana le amministrazioni locali furono dirette dai partiti politici che avevano raccolto l’eredità della presa di coscienza popolare e delle istanze culturali progressiste. Lontane dalle gerarchie ecclesiastiche, pure intelligenze cattoliche si mossero nel solco dell’emancipazione della società civile. Crediamo siano stati tali fermenti innovativi a modificare il volto di queste terre: dall’arretratezza a un tessuto costituito da piccole e medie imprese artigiane di buona qualità e da lavoratori capaci, e la crescita intesa non come un mero processo materiale, ma al contempo sociale e culturale, una trasformazione che al centro ponesse l’uomo e la qualità della sua vita, nonché la salvaguardia della bellezza paesaggistica.

Ma come avvenne tra le due guerre, i poteri della conservazione e reazione non mancarono di incidere negativamente su tali aspettative e contro l’alleanza tra le componenti migliori della  società italiana che produssero la Costituzione. Provenivano  da questa regione toscana molte braccia usate per la strategia della tensione e nella provincia aretina ha eletto domicilio una consistente componente massonica: Licio Gelli abitava a Castiglion Fibocchi e nella sua villa ubicata nel paesino della provincia aretina furono scoperti gli elenchi della P2 .

E sta in questi giorni ancora sulle prime pagine dei giornali un nome simbolo dell’inquinante potere massonico, nonché del tracollo di un impianto socio-economico che, non conoscendo più limiti, vizia ormai profondamente anche quel sistema toscano fatto di cooperative, associazioni, tessuto produttivo e connettivo di una società che, appunto perciò, era riuscita a evitare maggiori fenomeni degenerativi: Banca Etruria.

E’ il parassitismo finanziario che ha combinato nel globo rovine irreversibili. Ed è di questi giorni la notizia del TTIP, il Partenariato trans-atlantico per il commercio e gli investimenti: una mostruosità che gli States vogliono imporre all’Europa e l’Europa è prevedibile finirà per accettare. Basti ricordare un punto solo di simile accordo: un investitore, vale a dire una multinazionale, può denunciare il governo di uno Stato sovrano, assumendo di essere stato danneggiato da un qualsiasi provvedimento del governo di quello Stato e che sia andato, a parere della multinazionale, contro i propri interessi. Uno Stato,dunque, che, ad esempio, vieti la commercializzazione di un prodotto dannoso per la salute  può venire condannato a rimettere in pericolo la vita dei suoi cittadini affinchè venga assicurato il profitto iniquo della multinazionale.

Noi crediamo che bisogna ripartire dalla base, dalla propria regione, dalla propria provincia, dalla propria valle, dal proprio paese, dalla conoscenza della propria storia e dalla consapevolezza di essere cittadini del mondo, per creare una rete, un patto tra cittadini responsabili e coscienti dell’urgenza della resistenza. E l’informazione libera è uno dei mezzi da cui non si può prescindere.

Fulvio Turtulici

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