Pubblicato: ven, 3 Apr , 2020

Catastrofe economica ed Il futuro che c’è, se il paradigma cambia.

La globalizzazione è finita e si cerca un nuovo modello economico. Forse l’occasione è ghiotta anche per rimettere la persona al centro di tutto.Lo hanno spiegato bene l’economista Antonino Galloni e lo scrittore e spiritualista Carlo Toto ai microfoni di Bordernights da cui prenderemo alcuni spunti.

 

     E’ trascorso quasi un mese da quel 5 marzo in cui, con la chiusura delle scuole, siamo di fatto entrati nella quarantena e nel lock-down più lungo della nostra storia. Per noi, occidentali, è stato uno shock senza precedenti, aver visto in un sol colpo come si muore davvero, ogni anno, a causa di epidemie e virus, ad Est e a Sud del mondo, mentre noi eravamo abituati a fare solo lo zapping con il televisore, sicuri nelle nostre case, perché il peggio accadeva da un’ altra parte della terra. Ora, invece, non è più così. Siamo, infatti, alla vigilia di Pasqua e questa è una Quaresima molto cupa, che più cupa davvero non si può. In cui gli orrori, la morte e la crisi socio-economica sono decisamente catastrofici ed è per questo che alla catastrofe deve necessariamente seguire una opportunità di rinascita, eppure il nostro umore non migliora perché non riusciamo a vedere l’orizzonte. Gli strateghi che abbiamo non lanciano parole rassicuranti, non disegnano né svelano scenari, la sfida si prefigura così davvero molto difficile. Appaiono e riappaiono in un gioco a specchi, ripetendo cose già dette, snocciolando numeri duri, che non ci permettono di visualizzare nulla di buono, per questo ci sentiamo in trappola ed il labirinto ci inghiotte e sembra non condurci più verso l’uscita. Eppure risolvere l’enigma, almeno quello economico si potrebbe, cambiando il paradigma. Lo afferma da anni con convinzione, Antonino Galloni, economista di formazione neokeynesiana, allievo provetto del professore Federico Caffè, autore di numerosi lavori (L’economia imperfetta: catastrofe del capitalismo o rivincita del la voro? Novecento editore, 2015) non le manda proprio a dire e rilancia la sua ricetta: occorre stampare moneta non a debito ed immetterla a corso legale. Stampata, quindi, dallo stato italiano per restituire ossigeno al sistema della domanda e dell’offerta interni e per evitare che una sospensione prolungata delle attività e del lavoro possa condurre il Paese dalla recessione alla depressione, difficilissima da recuperare. Antonino Galloni smaschera così da tempo il grande tabù inconfessabile: quello che la moneta non la possano stampare gli stati senza indebitarsi. Diversa, invece, la proposta di Mario Draghi, uno dei più autorevoli e raffinati rappresentanti della Finanza mondiale, invocato come il deus ex machina per superare l’attuale catastrofe italiana (tutti gli stati oggi sono in depressione) dell’attuale trapasso italiano. Il quale, però, fa notare Antonino Galloni, pur provenendo dalla scuola del suo stesso maestro (Federico Caffè) ha abbandonato il postkeynesismo e preferito l’economia razionale. In questi giorni, l’ atteso Mario Draghi, avrebbe ipotizzato una mediazione, quella di prendere a debito la moneta dalle banche ma con la possibilità di avere un tasso basso di interesse e di ripagare, poi, il debito contratto poco, come se si trattasse di un vero e proprio debito di guerra. Una modalità mediana rispetto all’ipotesi di Galloni per non escludere il sistema bancario, mentre siamo in attesa di capire se l’Unione europea reggerà alla richiesta alla prova di una politica comune e di condividere il debito che tutti gli Stati avrebbero interesse a fare attraverso l’emissione degli eurobond, a cui ad oggi sarebbero, invece, contrari alcuni partner europei non da poco (Olanda e Germania in primis).
“Facciamo presto”, ha ricordato Galloni, ai microfoni di Fabio Fabretti (Bordernights) perché se non daremo una prospettiva ai piccoli e medi imprenditori, che sono lo scheletro ed i muscoli della nostra economia, se gli agricoltori non hanno più forza lavoro, il sistema perderà la sua ciclicità e rischierà di non ripartire per troppo tempo.
Una visione, questa, non solo che racconta i meccanismi economici ma che spargerebbe un humus buono, quello di una maggiore e necessaria solidarietà sociale ed internazionale, quando la politica degli stati nazionalisti fallirà sotto la scure economica. In questo contesto si potrebbe riscoprire la dimensione spirituale dell’uomo – Sottolinea lo scrittore e spiritualista Carlo Toto – che potrebbe ritrovare in un modello di vita e di lavoro con tempi diversi (meno ore di lavoro, distribuite meglio) uno spazio per coltivare anche il sé. Un nuovo e necessario paradigma economico, dunque, che implichi un modello culturale solidaristico, in cui Carlo Toto, già da qualche anno aveva collocato il reddito universale. Ovvero quella leva che nell’economia neokeynesiana agirebbe da moltiplicatore dentro un mercato nazionale, evitando l’impoverimento e la povertà di una larga fascia della popolazione. Ed è proprio di questi giorni l’invito che Carlo Toto lancia a Beppe Grillo che avrebbe citato l’ipotesi del reddito universale. ma con caratteristiche ancora poco chiare. E che il confronto e la sfida su questi temi, abbia, quindi inizio, in attesa davvero di una buona Pasqua per tutti.

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