Pubblicato: dom, 12 Gen , 2014

Calcio, Hitzlsperger: «Sono gay»

Il coming out di Hitzlsperger riapre il dibattito anche in Italia ma i pregiudizi sono ancora tanti

 

Thomas Hitzlsperger, qui con la maglia della nazionale tedesca

Thomas Hitzlsperger, qui con la maglia della nazionale tedesca

Omosessualità e calcio, un tema che ricorre ciclicamente. A far notizia, e ad aprire nuovamente la discussione, è stato il coming out di Thomas Hitzlsperger. Con una carriera divisa tra Premier League, Bundesliga e una brevissima esperienza in Serie A e con 52 presenze nella nazionale tedesca, Hitzlsperger è sicuramente il calciatore più famoso ad aver dichiarato la propria omosessualità. A quattro mesi dal suo ritiro e con un’intervista a “Die Zeit”, l’ex-giocatore ha deciso di parlarne perché, usando le sue parole, «credo sia arrivato il momento di fare un passo avanti riguardo a questo argomento, ovvero all’omosessualità nello sport professionistico» . Le reazioni sono state immediate, il portavoce del governo ha dichiarato: «siamo in un paese in cui nessuno deve preoccuparsi di atti di intolleranza se dichiara le sue tendenze sessuali». Gli ha fatto eco il team manager della nazionale tedesca Oliver Bierhoff: «merita riconoscimento e rispetto, approvo questo passo e in una società tollerante dovrebbe essere rispettato».

La questione dell’omosessualità nel mondo del calcio è uno dei tabù che sembra continuare a resistere nonostante i progressi delle società moderne. Se in Germania o in Olanda, dove la nazionale ha partecipato al gay pride, il clima sembra essere dei più positivi e tolleranti, in Italia non si può dire la stessa cosa. Vero è che il ct Prandelli e il presidente dell’AIC Tommasi hanno più volte invitato i giocatori a fare outing ma bisogna registrare anche le parole di illustri protagonisti come Cassano, Lippi e Di Natale che invece consigliavano ai calciatore gay di rimanere nell’ombra. Lippi, dopo aver negato di aver mai incontrato omosessuali nel calcio, ha suggerito loro, per quieto vivere e per non creare problemi con i tifosi, di non fare coming out. Stessa idea per l’attaccante dell’Udinese Di Natale che ha anche definito come «quasi impossibile» il far cadere nel calcio il tabù dell’omosessualità. Più esplicito e greve Cassano che in una conferenza stampa durante gli Europei 2012 disse con educazione e tatto: «froci in squadra? Spero di no, sono problemi loro».

Se negli altri sport iniziano ad essere numerosi gli atleti a fare outing, nel calcio bisogna ammettere che c’è una certa ritrosia. A parte Hitzlsperger, gli unici due ad essersi dichiarati sono stati il nazionale americano Robbie Rogers, allorquando annunciò il suo ritiro a 27 anni per infortunio e, nel 1990, l’inglese di origine nigeriana Justin Fashanu. La storia di Fashanu è però molto triste. Il calciatore decise di fare outing quasi 25 anni fa in un momento in cui i pregiudizi erano molto forti. Non solo fu emarginato dai colleghi e dagli addetti ai lavori costringendolo di fatto a mettere fine alla sua carriera ma fu addirittura ripudiato dalla famiglia. Il triste epilogo avvenne nel 1998 quando si suicidò a seguito di una falsa accusa di stupro rivoltagli da un giocatore da lui allora allenato negli Stati Uniti.

Visto il quadro sopra descritto non deve sorprendere la reticenza dei calciatori gay a fare outing. Non solo per considerazioni legate alla carriera, specie pensando alle parole dell’ex-dg della Juve Moggi che dichiarò che mai avrebbe acquistato un  giocatore gay, ma anche per eventuali problemi con le tifoserie. Molte curve, in Italia ma non solo, sono spesso impregnate di pregiudizi e razzismo e se quasi ogni domenica abbiamo a che fare con i cori contro gli stranieri o i neri si può facilmente ipotizzare cosa succederebbe con un calciatore dichiaratamente gay. Ovvio però, dall’altro lato, che il continuo nascondersi e il non voler mai affrontare il problema (se problema lo si vuole chiamare) non farà altro che dar forza a quei gruppi omofobi e razzisti che rendono spesso gli stadi dei luoghi in cui la civiltà si perde. Non si può chiedere certo di compiere atti di “eroismo” ma se le istituzioni e i protagonisti del pallone condannassero da subito e con forza le dichiarazioni di chi discrimina i gay o suggerisce loro di stare nell’ombra si farebbe un sicuro passo in avanti e si aiuterebbe gli interessati a fare outing.

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