Berlusconi, due anni di interdizione dai pubblici uffici
La Corte d’Appello di Milano ridetermina la pena accessoria dopo la condanna per frode fiscale. L’ira di Ghedini: «Ricorreremo in Cassazione»
La Corte d’Appello di Milano ha determinato in due anni l‘interdizione dai pubblici uffici per Silvio Berlusconi, già condannato in via definitiva a 4 anni di reclusione dalla Cassazione per la frode fiscale nel processo Mediaset.
Così, ha deciso il collegio della terza sezione penale della Corte d’Appello, presieduto da Arturo Soprano, riducendo quindi i cinque anni di interdizione inflitti in primo e secondo grado. La sentenza emessa questa mattina giunge dopo il rinvio per ricalcolare la pena accessoria deciso dalla Cassazione lo scorso primo agosto. La difesa aveva chiesto di contenere la pena a un anno, mente il pg Laura Bertolè Viale aveva chiesto di condannare l’ex premier a due anni di interdizione. Nel formulare la sua richiesta, il procuratore generale aveva spiegato che, «come la pena principale è stata due terzi della pena massima, così deve essere anche per la pena accessoria».
Furiosi i legali del cavaliere, Niccolò Ghedini e Roberto Borgogno (assente in aula Franco Coppi), che avevano sollevato la questione di legittimità costituzionale: «Non avrebbe dovuto trovare ragione la pena interdittiva, in particolare quella relativa al contenzioso fiscale, essendo stato fatto un accertamento con adesione e avendo Mediaset versato a settembre circa 11 milioni per le due annualità, 2002 e 2003, relative alla frode fiscale contestata a Berlusconi». «Ricorreranno in Cassazione contro la decisione dei giudici d’Appello di Milano – prosegue Ghedini – Un ricorso che punterà sia sul ricalcolo della pena accessoria, sia riproponendo entrambe le questioni di costituzionalità sollevate oggi in udienza».