Pubblicato: lun, 11 Set , 2023

Ammazzata e data in pasto ai maiali: così la ‘ndrangheta ha ucciso Maria Chindamo

Operazione Carthago-Maestrale, disvelato il brutale assassinio. Il procuratore Gratteri: “La sua libertà di essere donna non le è stata perdonata”

Un altro omicidio brutale che elimina il cliché della mafia come organizzazione criminale foriera di nobili valori. Si dice che i clan in virtù di un presunto codice d’onore risparmino gli innocenti, donne e bambini, ma la storia e la cronaca dimostrano invece il contrario. Le donne sono state uccise dalle mafie per l’impegno politico, sono rimaste vittime di delitti d’onore, sono state suicidate, oggetto di vendette trasversali, rimaste incastrate dentro una situazione familiare e mafiosa da cui non sono riuscite a uscire. La “buona vecchia mafia”, la “società antica e onorevole” quella che considera intoccabili i più deboli non è mai esistita. È un’autorappresentazione che affonda le proprie radici già a fine Ottocento, per avere un aspetto più rispettabile. La ndrangheta non dimentica e non perdona, nessuno sconto. Maria Chindamo è stata uccisa e data in pasto ai maiali il 6 maggio 2016, a Limbadi. I resti, poi, macinati con un trattore cingolato. C’è tutta la ferocia della ‘ndrangheta nell’omicidio di Maria, l’imprenditrice di Laureana di Borrello sparita sette anni fa, 42 enne piena di entusiasmo ed energia, si trovava nella sua tenuta agricola di Limbadi, sotto il regno del clan Mancuso.

Nell’inchiesta “Carthago-Maestrale” che in questi giorni ha portato all’arresto di 84 persone ed un totale di 170 indagati, la Dda di Catanzaro guidata dall’immenso procuratore Nicola Gratteri ha ricostruito anche il delitto della donna calabrese che si era ribellata alla ‘ndrangheta e aveva deciso di gestire i terreni di sua proprietà dopo il suicidio del marito, Ferdinando Puntoriero, morto l’8 maggio 2015. Il padre di quest’ultimo, Vincenzo Puntoriero (deceduto), sarebbe stato il mandante dell’omicidio della nuora.  “Quella stessa famiglia – scrivono i pm – che ha ritenuto la donna responsabile del suicidio del figlio e per questo ha ritenuto doverla punire”. Maria Chindamo è stata uccisa nell’anniversario della morte del marito, due giorni dopo aver reso pubblica la sua relazione con il nuovo compagno, un poliziotto, pubblicando sui social le foto di loro insieme.

Con l’ultima operazione della DDA è finito in carcere Salvatore Ascone detto “Pinnolaru”, confinante dei terreni della Chindamo. Già coinvolto in un primo processo sull’omicidio della donna, il pastore Ascone è un uomo pericoloso che i pentiti indicano come trafficante di droga e al quale la cosca Mancuso aveva “devoluto il controllo territoriale della località Montalto di Limbadi, ove lo stesso, mediante una serie di reati tipici e simbolici del metodo mafioso, esercita la propria influenza criminale”. Assieme al figlio (all’epoca minorenne e oggi indagato dalla Procura) e ad altri soggetti da identificare, Ascone avrebbe manomesso il sistema di videosorveglianza nella proprietà della Chindamo. Maria Chindamo è stata uccisa e il suo cadavere gettato “in pasto ai maiali”. A raccontarlo ai magistrati è stato prima il collaboratore Antonio Cossidente per averlo saputo dal suo compagno di cella, il pentito Emanuele Mancuso, figlio del boss Pantaleone Mancuso detto “l’ingegnere”. Anche un secondo collaboratore di giustizia conferma la tragica fine della donna, indicando il capannone dove “i maiali hanno divorato il corpo della Chindamo”. A Emanuele Mancuso lo raccontò proprio il figlio allora minorenne di Salvatore Ascone, “in 20 minuti, i maiali si erano divorati il corpo della donna e che avevano poi triturato i resti delle ossa con una fresa o con un trattore. Questo racconto mi fu fatto qualche tempo dopo la scomparsa della donna”. Come ha spiegato il procuratore Gratteri, dietro l’omicidio Chindamo ci sono anche gli interessi della cosca Mancuso per i suoi terreni. A parlarne con i magistrati è stato pure il pentito Andrea Mantella: “Diego Mancuso mi parlò della Chindamo, che aveva una piantagione di kiwi che non voleva vendere. La piantagione, disse Diego Mancuso, interessava ai suoi parenti, se non ricordo male al genero di Pantalone Mancuso detto Vetrinetta. Nel discutere dell’argomento, apostrofandola in malo modo, disse che lei era una ‘tosta’ a non voler vendere, mentre il marito era un ‘babbo’ nel senso di bonaccione. In sostanza, l’idea era quella di comprare ad un prezzo stracciato la proprietà della Chindamo per poi darla in gestione per la coltivazione a Salvatore Ascone”. Ascone è uomo dei Mancuso, come confermato anche dal collaboratore di giustizia Antonino Belnome secondo cui “Salvatore Ascone, senza il permesso degli ‘Mbroglia (cosca di Limbadi), non muove una foglia. Per fare un omicidio nella ‘ndrangheta, perché è evidente che la Chindamo è stata uccisa, ci vuole un ottimo basista e tutto è sempre pianificato alla perfezione. Inoltre, non può accadere un fatto del genere senza avere l’autorizzazione. Ciò è nelle regole territoriali. Quando ero in libertà e frequentavo Ascone, ricordo che, per qualsiasi cosa che dovevo fare mi diceva ripetutamente ‘mo vado a parlare con Luni’ (il boss). Quindi lui doveva sempre dare conto ai Mancuso”.

In Calabria sono state uccise tante donne dalla mafia. Maria Chindamo apparteneva a una famiglia normale della piana di Gioia Tauro e sposò un uomo incensurato, ma forse con mentalità abbastanza chiusa. Quest’uomo si suicidò nel 2015 e tutti iniziarono a pensare che lo avesse fatto per colpa della donna. Lei si ritrovò a gestire i suoi terreni e l’attività agricola. La ‘ndrangheta puntava a quell’appezzamento di terra e lei non ha voluto cedere. Più volte è stata minacciata e vessata, ma non ha mollato e alla fine hanno deciso di ammazzarla. Anziché chiudersi in casa e aspettare il mantenimento dei parenti del marito, si è rimboccata le maniche: si è iscritta all’albo degli imprenditori agricoli e all’università, iniziando a piantare kiwi.

Non le sono state perdonate due cose: si era fidanzata con un altro uomo, per giunta un poliziotto, e aveva avuto l’ardire di proseguire nell’attività imprenditoriale. Nello stesso tempo, appunto, la ‘ndrangheta voleva quell’appezzamento di terreno molto fertile. Era tanta la rabbia di chi ha deciso di ucciderla.  Per la Dda ci sarebbe stata una “convergenza di moventi” che emerge anche da un’intercettazione tra il fratello della Chindamo un uomo che non è stato identificato. Poche settimane dopo la scomparsa della donna la famiglia tratteggia un’idea di quanto accaduto “perché se tutto nasce da quello che stavo pensando… è chiaro che potrebbe esserci interessato il terreno a questo punto” e inquadra il contesto in cui potrebbe essere maturato l’omicidio: “Suo nonno (nonno del cognato suicida) vedi che era un uomo di fiducia di Ciccio Mancuso… parente dei Bellocco”. E così il fratello è invitato a non muoversi, “non vorrei che poi prendi un colpo di pistola”. La consapevolezza amara e drammatica, “a lei non la troveranno mai”.

Maria, non le è stata perdonata la sua libertà, la gestione dei terreni avuti in eredità e su cui c’erano gli appetiti di una famiglia di ‘ndrangheta. Non le è stato concesso un nuovo amore. Ha pensato di diventare imprenditrice e di curare gli interessi della terra e dei suoi figli, si era iscritta all’università. Questa sua libertà, questa sua voglia di essere indipendente, di essere donna non le è stata perdonata. Era un affronto, una sfida al potere delle ndrine. La sua uccisione è stata straziante. Il brutale assassinio dà il senso e la misura della rabbia e del risentimento che chi ha ordinato l’omicidio nutriva nei suoi confronti. Lei non si poteva permettere il lusso di rifarsi una vita, in modo libero e uscendo dalla mentalità mafiosa. Donna, eretica, libera e coraggiosa. Condannata a morte dalla stessa famiglia. Odiata per la sua forza di fronteggiare quell’atavico clima di rassegnazione e sottomissione che da sempre accompagna troppe persone e paesi, perchè chi porta vento fresco scompiglia la routine e gli assetti mafiosi. Maria: donna, madre, amante, imprenditrice e sognatrice, con i libri e la mente aperti. Terribilmente pericolosa per la ndrangheta.

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