Pubblicato: gio, 28 Lug , 2016

S.o.S. epatite C, la cura c’ è, ma costa troppo. Solo 50 mila si salveranno.

La cura per l’ epatite C funziona, ma il brevetto la fa costare troppo. In Italia solo 50 mila malati potranno averla, gli altri 120 mila forse no.  L’emergenza c’ è ed il Governo  deve rinegoziare i farmaci innovativi o fare subito la sperimentazione sul generico, diffuso in India. Queste le proposte.

I farmaci innovativi e la spesa farmaceutica sono il cuore del dibattito della sanità prossima ventura. Lo si comincia  a dire più forte e più chiaro da un po’, anche in parlamento. Lo si è chiesto anche al governo mercoledì scorso, quando per i farmaci sulla epatite C, i deputati di  Sel, del Movimento 5 stelle e del Pd, lo hanno  sollecitato con tre ampie ed articolate mozioni, a cui il governo dovrà rispondere.L’emergenza ed il caso chiave, che sollecita nuove politiche in materia di determinazione della spesa per i farmaci innovativi,è proprio la cura farmacologica per l’epatite C. In Italia, ci sono un milione di malati, ma solo il 50% è noto al Servizio Sanitario Nazionale.  Trecentomila sono i pazienti diagnosticati, 160 mila i casi che potrebbero giovarsi delle cure farmacoligiche oggi note, gli antivirali  con il marchio, ma costano troppo. Il rimedio esiste, dunque, ma il brevetto che è stato registrato dalla ditta che lo produce, lo ha reso costosissimo, tanto che il servizio sanitario nazionale italiano, secondo i dati aggiornati al 25 luglio  potrà assicurarlo  solo ad alcuni, circa 50 mila e ad altri no. E’ un fatto grave, ma è un fatto.

Una questione di equità e di etica non da poco, che fa a botte con la nostra Costituzione ed i nostri principi universalistici,di assistenza sanitaria, in particolare per le cure gravi. Il deputato IdV Romano, oggi in conferenza stampa per la giornata mondiale per la epatite C, ha proposto una sperimentazione sul generico, prodotto in India, ma questo dovrà deciderlo il ministero della Salute. Lo sollecitano molte associazioni di pazienti. L’epatite C, se non si cura, uccide. Il punto critico però è proprio nel sistema di negoziazione che non va. L’ha scritto nero su bianco la mozione parlamentare che ha come prima firmataria Marisa Nicchi di Sel, ne hanno ribadito i concetti anche le mozioni a firma di Grillo (Movimento 5 stelle) e di Lenzi (PD) mercoledì scorso alla Camera dei deputati. La criticità è nel sistema, ha illustrato la deputata Marisa Nicchi (Sel) ed è la modalità con cui si arriva al prezzo. Si procede con una trattativa tra AIFA e case farmaceutiche con l’incredibile clausola della riservatezza.  Questo sistema va cambiato ed invocata l’emergenza per i farmaci sull’ epatite C, in grado di far derogare ai vincoli della procedura per i farmaci brevettati.

Anche l’esperto farmacologo  Silvio Garattini dell’istituto Mario Negri, ha più volte ricordato quanto la pratica con cui si arriva al prezzo sia preoccupante. Si cerca di massimizzare il profitto costringendo alla finanziarizzazione, ovvero ci si indebita per curare i cittadini. L’Aifa – prosegue la deputata Marisa Nicchi – ha valutato una gara nazionale, ma noi di Sel proponiamo che, in caso di emergenza sanitaria, si possa derogare alle norme previste dal brevettom in questione.  E l’epatite C dev’ essere riconosciuta come emergenza, occorre una licenza obbligatoria, che sgravi dall’esclusività del brevetto. Chi ha questo potere? Di certo il Governo. Una nazione ha un potere autonomo, occorre svincolarsi per soddisfare l’emergenza della cura per una malattia grave.

Marisa Nicchi

La procedura di autorizzazione è in Europa ed è gestita dall’Emea, recepita dall’Aifa sul territorio nazionale. Sui farmaci innovativi, soprattutto per quelli proposti per le malattie mortali o gravi, occorre davvero cambiare rotta e rendere disponibili i dati clinici. Rivedere la modalità e l’efficcacia va misurata in termini di “superiorità” e non di mera “non inferiorità”.  Un’ altra richiesta è che I dossier non siano preparati solo dalla case farmaceutiche, dunque l’altra questione non da poco è che  Il conflitto di interessi è il tema forte che deve tornare al centro del dibattito politico. E lo studio clinico dev’essere fatto da un ente terzo, almeno nella fase tre. E’ un dato oggettivo, pare, che solo il 10% dei nuovi farmaci abbia reali novità terapeuti, che per le cure e che dunque possano definirsi davvero innovativi. Un doveroso e congruo finanziamento con denaro pubblico alla ricerca indipendente potrebbe aiutare a risparmiare e a fare chiarezza.  La risposta del Governo è attesa e la riforma di una sana gestione della spesa farmaceutica non è più rinviabile. Anche i cittadini cominciano ad interrogarsi e riconquistare i temi della salute e della sanità anche sui social non sarebbe male.

 

 

 

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