Pubblicato: gio, 28 Mag , 2020

Roma, 200 asili nido rischiano di non riaprire più. La denuncia di Cristina Ragaini, presidente di Onda gialla.

Roma Capitale deve ancora fare la sua parte e pagare 1500 educatrici degli asili nido convenzionati. I soldi c’erano e sono stati stanziati, come ogni anno, ma ancora non si vedono e nessuno risponde.

     Dal Dipartimento Servizi Educativi del Comune di Roma, il silenzio è assordante. Ieri, Critina Ragaini che raccoglie circo 200 strutture a Roma nell’associazione Onda gialla è stata costretta a spedire l’ennesima pec alla dirigente con poteri sostitutivi. Sono stanche e stremate di aspettare, ma non si  fermeranno facilmente, finchè qualcuno non sbloccherà la fatturazione e non si pagherà quanto stabilito. Infatti, dallo scorso marzo tutte le educatrici (1500) sono senza stipendio, molte sono donne con famiglie a loro volta, o giovani single e non sanno proprio come sopravvivere in questa tempesta perfetta.

Gli asili nido privati e convenzionati, a Roma, sono un terzo dell’offerta dei servizi per l’infanzia. Una forma di imprenditoria, perlopiù al femminile, che conta 200 nidi (da 0 a 3 anni) con personale qualificato, che nonostante il lockdown, da metà marzo non si è perso d’animo e progettando una modalità nuova, ha siglato un protocollo con il Comune di Roma, ispirato dall’art 48 del decreto “Cura Italia”. Hanno così mantenuto costanti rapporti con i bambini e le famiglie, oltre a manutenere le strutture e le aule sempre pulite e pronte all’uso, come concordato, per la ipotizzata ed ipotetica ripartenza.

Il lockdown, non dimentichiamocelo,  è stato un problema non solo per i genitori ma anche per i più piccini, racconta Cristina Ragaini, coordinatrice di Onda Gialla, l’associazione che fin dal 2014 ha cominciato a rappresentare questo specifico comparto dei servizi dedicati all’infanzia (0-3 anni) nella Capitale.  Ogni anno noi svolgiamo un’attività per dieci mesi e mezzo, le differenze tra i bambini che frequentano la nostra didattica ed i nuovi arrivati sono ben visibili, tre mesi in quella fascia di età sono davvero molti, per questo abbiamo lavorato a distanza anche da casa, per non lasciare da sole le famiglie.  Normalmente, fatturiamo al Comune la quota contributiva stabilita per ogni bambino, che proviene dalle liste comunali e che la famiglia contribuisce ad integrare in base al valore ISEE, ma con il lockdown è venuta meno la parte pagata dalle famiglie. La sindaca Virginia Raggi, appena annunciata la chiusura, si è precipitata a tranquillizzare le famiglie perché non fossero più gravate del loro contributo economico. – Giustissimo – sottolinea Ragaini,  ma il problema è rimasto tutto nostro. Entrate zero, quindi, ed in più la quota, comunque dovuta in base al nuovo protocollo e già impegnata da inizio anno per le nostre attività,  non si è proprio vista, anzi ancora non abbiamo potuto fatturare neanche il mese di marzo. Anche durante l’anno, cosidetto ordinario, già patiamo i ritardi dei pagamenti, che sono gestiti dai diversi municipi, che detengono i compiti dei controlli e della fatturazione, ma durante il lockdown, si è visto davvero di tutto. Potremmo davvero affermare che in base al municipio che vai, fatturazione che trovi? E’ incredibile e non dovrebbe esserlo, ma pare proprio così. Non si riesce ad avere interpretazioni uniformi neanche sul protocollo da noi siglato e su quali conteggi e come debbano essere fatti. Questioni, che nonostante i problemi a cascata che creano, sarebbero nulla rispetto al silenzio assordante alle nostre lettere, pec e perfino esposti inviati al Dipartimento Politiche Educative, fino alla lettera di ieri, indirizzata, questa volta, alla dirigente con poteri sostitutivi. Una situazione che ci lascia allibiti, perché, non conosciamo formalmente alcuna motivazione. Ed in tutto questo, le educatrici sono allo stremo, senza stipendio da marzo e se le cose non si dovessero risolvere in pochi giorni, noi rischiamo di non poter più garantire la sopravvivenza del nostro settore e la possibilità di poter riabbracciare davvero i bambini, ormai cresciuti, a settembre- conclude Cristina Ragaini.

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