Pubblicato: ven, 16 Ago , 2013

MPS: un caso italiano

L’ennesimo episodio della vacuità del potere democratico in Italia

 

di Fulvio Turtulici 

NEWS_156200Il Monte dei Paschi di Siena ha chiuso il periodo aprile-giugno con una perdita netta, superiore alle attese, di 279,3 milioni di euro, registrando il quinto trimestre consecutivo in rosso. Il passivo della banca, la terza per importanza in Italia e oggetto di indagine da parte della magistratura per la scandalosa gestione, e’ superiore al consensus Reuters. Il risultato negativo del primo semestre 2013 raggiunge quota 380 milioni. Tra il 2011 e il 2012 aveva perso 8 miliardi di euro. Sono note le consistenti irregolarità riscontrate nello svolgimento dell’attività della banca ed e’, pertanto, doloroso da digerire, da parte della collettività, il salvataggio pubblico deciso al tempo del governo Monti.
Una delle operazioni più ambigue, e da cui pare siano iniziate le difficoltà e l’amministrazione malata, e’ stata l’acquisizione, a dir poco anomala, di Banca Antonveneta. MPS acquistò nel 2007 l’istituto padovano a 9,3 miliardi di euro dagli spagnoli del Banco Santander, che però solo pochi mesi prima l’avevano acquisita, pagandola 6,3 miliardi, ben 3 in meno. Un prezzo spropositato e immotivato.
Gianni Letta era stato appena nominato consulente italiano di Goldmann Sachs quando la società americana divenne advisor di MPS nell’acquisizione di Antonveneta. Molti conoscitori di questioni finanziarie, tra cui ad esempio Sergio Di Cori Modigliani, si sono domandati come mai, non essendo Letta ne un esperto di sistemi bancari ne un esperto in tecnica bancaria ne un banchiere, tanto meno ufficialmente parte in causa, sia stato scelto per tale delicato lavoro che presuppone una corposa e specifica competenza tecnica. Naturalmente, non hanno ottenuto risposta.
Antonveneta ha trascorso vicende molto poco limpide. Attorno ai casi che ne riguardarono gli ambiti di attività si sono affaticate le procure. Ne furono protagonisti Stefano Ricucci, quello della sgangherata scalata al Gruppo Rizzoli, uno dei furbetti del quartierino; Giampiero Fiorani, arrestato per associazione a delinquere, aggiotaggio, appropriazione indebita; Antonio Fazio, il disinvolto e disponibile all’amicizia governatore della Banca d’Italia; Emilio Gnutti, il compare di Colaninno nella torbida scalata a Telecom Italia; Giovanni Consorte di Unipol, inquisito per aggiotaggio. E si ricordano le dazioni di somme di denaro in contanti e a zero costi a politici di destra, tra cui Roberto Calderoli della Lega e Aldo Brancher di Forza Italia, nonché il tentativo di salvataggio di Credieuronord, la scombinata banca leghista rapidamente fallita.
I piccoli azionisti MPS, ben 321, segnalarono più volte ai vertici della fondazione, nonché a Bankitalia e alla Consob, le operazioni “sospette e poco chiare”, in genere, e soprattutto quelle occasionate dall’affare Antonveneta. Le risposte furono, da parte dei vertici dell’istituto, “palesamente non esaustive e addirittura elusive della realtà” e Bankitalia e Consob all’esposto conseguente degli azionisti tacquero e che tutto si trovasse in un silenzio di tipo inquietante e’ dimostrato dal fatto che, a fronte di un bilancio 2011 chiaramente disastroso, furono spesati 58 milioni di euro per sponsorizzazioni e promozioni.
Di che natura e’, dunque, il potere in Italia? Mai lo si può definire democratico, nonostante la formale grande opera dei costituzionalisti. Negli anni ’50 e ’60 dominarono la Chiesa, come anche le Sette sorelle americane che seppero molto della morte di Enrico Mattei, con le infiltrazioni mafiose e i primi delitti del Ministero degli Interni. Negli anni ’70, ii servizi sostennero la strategia della tensione, sorsero dalla melma occulta P2, Gladio e tutte le anime nere italiote, quindi Tangentopoli. Il potere, dunque, si esercitava tutto altrove, mentre le istituzioni divenivano un guscio vuoto.
Quando le varie indagini giudiziarie, sul fronte della corruzione e delle mafie, misero in pericolo l’omertà dei crimini e delitti si instaurò il caos. Mancò del tutto, nei fatti e nelle coscienze, ciò che in qualsiasi forma di potere consente la direzione di una società civile e di uno Stato: la cultura e l’etica di una convivenza, di un sistema organizzato di norme, regole, comportamenti morali da rispettare e far rispettare. Buona parte di pubblico fu instupidito dalle televisioni, decerebrato dal sogno del consumo illimitato e dall’incubo di una innominabile, o troppo nominata, spectra, dunque per vent’anni abbiamo conosciuto le sceneggiate ministeriali di un buffone, come unanimemente lo si definisce da Lugano in poi, cui hanno assegnato, coppole, piduisti e corrotti, l’informazione e l’intrattenimento discinto e dozzinale, affinchè, unico suo scopo, potesse eludere e risparmiarsi le conseguenze delle leggi per le sue personali e tracimanti, nel privato e nel pubblico, attività di reati e delitti.
Che un pregiudicato e guitto possa ancora pretendere, e magari ottenere, di violare i fondamenti del nostro contratto sociale e assoggettare i destini di sessanta milioni di cittadini ai suoi personalissimi guai giudiziari, fa assomigliare la nostra attuale cronaca e storia al più demenziale dei cinepanettoni.
E sono figuri di un volgare e tragicomico varietà i personaggi del corteggio farsesco: azzeccagarbugli perfino più grotteschi dell’originale; nani con disturbi della personalità; procacciatori di prostitute, travisati da direttori di telegiornali e giornalisti, che assumono killer perché inscenino la parte di loro attentatori; igieniste dentali che, per arte del mestiere, dimenano tette e culi al vento; zoccole minorenni e senza permesso di soggiorno che vengono fatte passare, al ministero dell’interno con formale votazione parlamentare, per nipoti di capi di stato; sindaci di grandi città, la cui unica competenza e’ la preparazione di sensazionali miscugli di viagra e pozioni di lunga vita, e sindaci di piccole città, che tolgono dal piatto dei bambini delle scuole dell’obbligo il cibo; maestri di sci, nominati esperti di politica internazionale e intermediari di asini che volano; calendariette per camionisti fatte ministre; pantegane giganti devote nelle ore pari. Tutti appassionatamente ben remunerati dal papi del bunga bunga, travestito da primo ministro per lasciare un aereo che lo porti a un impegno istituzionale e prenderne invece un altro che lo depositi, in una grigia domenica autunnale, in una squallida periferia marginale, per portare caramelle a una minorenne di cui paga le prestazioni sessuali alla di lei madre.
E una simile banda del buco starebbe per fermare, sul fiume che mormorò, le trinaricciute armate staliniste. La sai quella, da scompisciarsi, infatti lo fanno appena oltre la frontiera. E magari non sai l’ultima: i trinaricciuti stalinisti sono quelli del Pd. Ma gli italiani sono le zitelle che credono quando dicono loro dei santini di gesso che piangono e sudano sangue. I padani l’hanno duro e prenderanno le armi per andare a comprarsi le lauree in Albania e in Africa. Un Natale a Malindi con il padano Boldi che prende il viagra, gli si ingrossa il cavallo dei pantaloni e lo nasconde dietro il sedere delle giovani donne su un autobus. Appaiono i riferimenti culturali del sottosviluppo mentale che abbiamo preso per liberare le madonne pellegrine, Alvaro Vitali, miss Padania, il colonnello Gheddafi, Giovannona coscialunga, Vanna Marchi, Cicciolina, Moana Pozzi e il partito dell’amore.
Tuttavia, anche le trame ormai ordinarie non potrebbero essere gestite da un guazzabuglio demente e ridicolo di arnesi inadatti, da soli, anche al governo di un lupanare. Stanno loro accanto menti un po’ più raffinate, come Gianni Letta appunto, zio di Enrico, che affiorano all’ombra dell’infamia d’Abruzzo e della Protezione civile, delle rapine finanziarie, dei diabolici patti con l’acqua santa, dei rimestii settari, degli omaggi di destra e di sinistra e che perseguono un loro curiale, morboso e lugubre piano di strumenti della provvidenza.

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