Pubblicato: lun, 18 Giu , 2018

Legge 166/2016: dallo spreco alimentare alla solidarietà sociale

Concreta applicazione della “economia circolare” nell’ambito della quale anche i rifiuti hanno un valore.

 

E’ in vigore dal 14 settembre 2016 la Legge 19 agosto 2016 n.166 “Disposizioni concernenti la donazione e la distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici a fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi”. L’intento è quello di ridurre le pratiche negative, diffuse in società altamente consumistiche come la nostra, per cui generi essenziali come gli alimenti finiscono in grandi quantità scarti nelle pattumiere; fatto ancor più grave in presenza di un aumento, sia nei paesi emergenti, ma sia anche in quelli industrializzati, della povertà, dell’indigenza e della fame.

La nuova legge semplifica le procedure per le donazioni di alimenti e cerca di stimolare la crescita della consapevolezza dello sciupio improvvido di beni di prima necessità e del senso di responsabilità civica e di solidarietà sociale per cui si riducano le cattive abitudini e possa crearsi un circolo virtuoso di attenzione verso le difficoltà di altri partecipanti alla comunità e di controllo sociale dell’inquinamento ambientale. Il nuovo strumento normativo considera lo spreco che avviene nell’intera filiera agroalimentare, dall’agricoltura, fino alla produzione, trasformazione, distribuzione e somministrazione degli alimenti. E’ grazie ad essa che l’Italia è divenuto il primo paese europeo che si è dotato di una legge organica che riguarda l’intero ciclo del sistema alimentare e di cui l’attuazione è demandata sul territorio alla collaborazione di soggetti diversi, quali enti locali, associazioni di volontariato, imprese di produzione alimentare, distribuzione, somministrazione, e ancora istituti scolastici, operatori delle Asl, semplici cittadini.

Proponente ne è stata l’onorevole Maria Chiara Gadda, trentottenne deputata del Pd, che l’ha fortemente voluta e promossa. La legge è stata votata da una larga maggioranza sia alla Camera che al Senato. Strumento innovativo ha avuto il merito di sollevare, a livello parlamentare e dell’opinione pubblica più attenta, un argomento e un fenomeno sociale importante che prima era sensibilità solo di enti caritativi e che invece adesso impegna insieme amministrazioni comunali, imprese e semplici cittadini sul tema della solidarietà attiva, mediante il mezzo delle donazioni, come occasione di ripensamento di una società egoistica e individualista e come originale e fattiva attuazione di quei comportamenti necessari per affrontare il sempre più gravoso problema dei rifiuti, con l’unica soluzione che appare positiva della diminuzione e del riutilizzo. E’ stata considerata, da più parti, come l’inizio della concreta applicazione della  “economia circolare”, nell’ambito della quale anche i rifiuti hanno un valore; la natura non produce scarti e ciò rappresenta l’unica soluzione efficace e sostenibile dal punto di vista ambientale, economico e sociale: fare dello spreco alimentare una risorsa.

Entrano per la prima volta nel nostro ordinamento le definizioni di “spreco” ed “eccedenza”. Lo strumento legislativo punta a definire un quadro normativo più semplice, all’interno del quale inserire disposizioni già esistenti in tema di agevolazioni fiscali per quanti si rendano attivi nella realizzazione del progetto, si afferma il principio che chi dona acquisisce  titolo per sgravi fiscali, e in tema di responsabilità civile e di procedure per la sicurezza igienico-sanitaria. Preoccupazione del legislatore è che tutto il processo avvenga garantendo la tracciabilità e la salubrità del prodotto, perché ai poveri non si deve dare cibo scadente, ma alimenti buoni e sicuri che sono semplicemente in eccedenza; prodotti che devono tornare utili prima che si sia costretti ad appesantire ulteriormente il sistema dello smaltimento dell’inutilizzato. La legge 166/2016 incentiva le donazioni di alimenti invenduti, sia coi minori vincoli burocratici, sia con sgravi sulle tasse, suggerisce agli enti locali l’applicazione di un coefficiente di riduzione sulla tariffa rifiuti; prevede la possibilità di destinare ai bisognosi i beni confiscati.

La particolarità di questa legge è anche quella che non è calata dall’alto di qualche segreteria di partito, di qualche salotto o studio legale, ma neppure annunciata in piazza ai vocianti da arruffapopolo come sempre più ci dovremo preparare a vedere, colei che l’ha proposta, per un anno ha girato mense di carità, supermercati solidali, associazioni, per capire come funziona la catena dell’aiuto alimentare, quali ne sono le strozzature e soprattutto come convertire gli sprechi di cibo in sostegno a chi non può comprarlo; il legislatore si è avvalso della collaborazione delle associazioni di volontariato e delle imprese della filiera alimentare, che hanno messo a disposizione la loro esperienza. Deve probabilmente anche a questa  origine la sua chiarezza anche linguistica e la sua immediata applicabilità che non ha neppure bisogno di decreti attuativi, norme interpretative, aggravi esplicativi di mandarini centrali o regionali. Occorre, adesso, perché raggiunga i risultati previsti, che venga conosciuta e ne vengano capite le potenzialità da tutti i soggetti coinvolti e venga correttamente applicata. In questo senso sarà importante il ruolo di tanti operatori, come ad esempio i veterinari pubblici per consentire una efficace attuazione e nei tempi più rapidi possibili.

Organismi internazionali stimano che fra circa 30-35 anni la popolazione mondiale aumenterà di una cifra compresa tra i 2 e i 3 miliardi di persone. Si tratta di una sfida demografica, ambientale, sanitaria, sociale e alimentare senza precedenti, sia sotto il profilo della produzione e della lotta agli sprechi, sia della sostenibilità oltre che della sicurezza. Secondo il rapporto “State of Food Insecurity in the World” del 2013, nel periodo 2011-2013 sono state afflitte da fame cronica nel mondo 842 milioni di persone. Ebbene, ogni anno nel mondo, pressoché per l’intero nei paesi industrializzati, Europa e Stati Uniti in testa, si sprecano 1,3 miliardi di tonnellate di cibo ancora perfettamente commestibile( dati FAO), vale a dire un terzo di quanto prodotto e 4 volte la quantità necessaria per sfamare circa 1 miliardo di persone a rischio di denutrizione. In Europa 79 milioni di persone oggi vivono al di sotto della soglia di povertà, mentre si producono 89 milioni di tonnellate di rifiuti alimentari(179 Kg pro capite). In Italia da 70 a 96 Kg pro capite di cibo commestibile viene buttato ogni anno nelle pattumiere; il Politecnico di Milano calcola che si sprechino in Italia, ogni anno, 5,1 milioni di tonnellate di alimenti commestibili, mentre 4,5 milioni di persone sono comprese nella categoria dei poveri “assoluti”. Ma da altre fonti si parla anche di 20 tonnellate di derrate alimentari buttate via. E smettere di dilapidare alimenti significherebbe pure diminuire l’inquinamento: per produrre infatti 1 kg di alimenti si immettono in media nell’atmosfera 4,5 kg di anidride carbonica. Considerando solo l’Italia, dunque, gli sprechi agroalimentari emettono circa 4 milioni di tonnellate di CO2. E’ manifesto, pertanto, che occorre fare qualcosa, ognuno la sua parte.

Molti soggetti responsabili si sono attivati, grazie alla legge 166/2016. Segnaliamo tre esempi in Valdarno. Il Comune di Bucine ha elaborato tre progetti. Di questi uno è già in essere: si tratta del banco alimentare, per l’esecuzione del quale il Comune mette a disposizione delle associazioni Caritas, Auser, Radici i locali della stazione, di cui ha la proprietà,  per la distribuzione, che avviene ogni 15 giorni, di sabato, ai bisognosi segnalati dai servizi sociali del Comune dei prodotti a lunga conservazione, tranne gli alcolici, che  la Coop. di Bucine non riuscirà più a vendere entro la data di scadenza; ovvero i prodotti che le stesse associazioni raccolgono al magazzino della Caritas di Calenzano, dove si trovano i prodotti che l’associazione diocesana acquisisce, a livello regionale, dalle Coop poiché non commercializzabili per difetti sulle confezioni. Un altro progetto del Comune è pronto per essere realizzato: prevede la raccolta serale, per 3 giorni alla settimana, del pane non venduto, da parte sempre delle associazioni di volontariato, presso gli esercizi di panificazione; hanno aderito tutti i panificatori del Comune, sia del capoluogo che delle frazioni e vengono previste per loro riduzioni della Tari.

Il progetto del Banco alimentare è favorito, come abbiamo visto, dall’accordo che Unicoop Firenze ha stipulato con la Caritas, per cui l’impresa cooperativa della grande distribuzione raccoglie nei propri negozi i prodotti “scartati”, vale a dire buoni ma non più vendibili per difetti nella confezione o vicini alla scadenza, e li destina ad enti e associazioni senza scopo di lucro e per aiutare famiglie e persone indigenti. E’ questa un’iniziativa di valore etico ed economico che consente da una parte di ridurre gli sprechi al minimo nei supermercati dell’impresa cooperativa, dall’altra di sostenere persone bisognose: ed è nata prima dell’entrata in vigore della legge 166, perchè lo strumento legislativo va nella direzione di suscitare nuovamente quel senso di solidarietà e di civiltà che fu tanto vivo nel nostro Paese e nella regione toscana e che oggi viene umiliato e avvilito dalla propaganda dell’egoismo e dell’odio. Alla risoluzione hanno aderito ad oggi 106 Onlus, cui fanno riferimento altre 150 associazioni di volontariato del territorio, dalla Caritas, all’Auser, alla Misericordia e tante altre quali cooperative sociali e case famiglia riconosciute e iscritte in un albo regionale. Si è formata così una rete di solidarietà che ha portato aiuto a 8.500 famiglie in difficoltà a cui vanno aggiunti 750mila pasti annuali distribuiti nelle mense della solidarietà. Nel 2010, ad esempio, sono state raccolte 810 tonnellate di prodotti in 76 punti vendita per un valore di 4 milioni di euro.

Al centro di San Giovanni Valdarno, a due passi dalla sede comunale, c’è l’Osteria Fumetti. Appena si entra si notano subito esposti e ben conservati prodotti già cucinati che aspettano solamente di essere scaldati. Sono i prodotti vicini alla scadenza ma ancora in ottimo stato che sono riservati ai bisognosi, ve ne è un ampia scelta. Praticamente ogni giorno, mi dicono i due giovani che gestiscono l’osteria, li somministrano a persone in stato di necessità che vengono a chiedere. Ovvero, una volta alla settimana, passano boy scout che li raccolgono e li portano in parrocchia per essere distribuiti. Siccome devono necessariamente emettere scontrino fiscale, li alienano al prezzo  di 1 centesimo. E’ da marzo del 2018 che svolgono tale parte di attività d’impresa di utilità sociale.

Fulvio Turtulici

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