Pubblicato: gio, 19 Giu , 2014

Giornalisti, tutti autonomi con contratto trappola

La Federazione della Stampa svende agli editori ed istituzionalizza il precariato. Democrazia e informazione violate.

equo_compensoLa giunta della Federazione nazionale della stampa ha siglato l’accordo per il rinnovo del contratto di categoria dei giornalisti italiani, nonostante le numerose richieste di confrontarsi in modo trasparente e aperto con tutta la categoria. Un contratto altamente lesivo della professionalità che legalizza lo sfruttamento dei lavoratori non subordinati (professionisti e non dilettanti) che rappresentano il 60% della categoria, in condizioni di precarietà, senza diritti e sottopagati.

Nel contratto di categoria stabilite le cifre dei compensi minimi che spetterebbero ai circa 10 mila titolari di un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa. Tremila euro l’anno lordi, circa 250 euro al mese. Lo chiamano equo compenso ma non ha niente a che vedere con lo spirito della legge 233/2012, ottenuta dopo un alunga mobilitazione e la stesura della Carta di Firenze, che sembrava essere un buon punto di partenza. Oggi, invece, nel contratto di categoria, è previsto che chi lavora per quotidiani nazionali un minimo di 3 mila euro lordi l’anno per scrivere almeno 9 articoli al mese, guadagnando 27 euro lordi ad articolo. Per un quotidiano locale gli articoli richiesti sono 15 , cinquanta per chi lavora per i periodici, 40 per  un’agenzia o il web, tra segnalazioni o informazioni anche corredate da foto o video, ogni mese. Con compensi simili, il giornalista lo si potrà fare solo per hobby perché dovrà necessariamente contare su altri redditi.

Una questione di democrazia

Dunque, i giornalisti non sono più una casta, questo è chiaro. Esclusi i pochi rimasti e garantiti nelle redazioni, ma a rischio di vedersi negare presto anche alcune tutele legali. Oggi, invece, possiamo parlare di caste, dove i paria, sono circa 10 mila giornalisti precarizzati a vita. Destinati al doppio lavoro per sopravvivere e resi fragili di fronte alla committenza. Non è solo un problema di lavoratori in crisi e pertanto meritevoli di tutela, ma di caduta libera della democrazia. Come può davvero essere garantita una inchiesta “scomoda” con questi presupposti o semplicemente una informazione di qualità, priva di qualunque tutela sul lavoro?. L’opinione pubblica non è abitutata a comprendere i rischi della professione giornalistica, ma non sono meno rilevanti di chi rischia la salute o la vita . I giornalisti muoiono anche per il loro lavoro. Fare il giornalista significa garantire un servizio alla società, perchè conoscere, significa capire e ci auguriamo scegliere meglio, o più consapevoli. Per un’informazione libera, indipendente e di qualità, occorre la giusta retribuzione, le tutele legali contro le querele intimidatorie e la dignità del lavoro. E i dipendenti di oggi diventeranno i “nuovi autonomi” di domani.  Perché gli editori di fatto stanno già riducendo gli organici delle redazioni ed esternalizzando il più possibile il lavoro, potendolo affidare ad autonomi sottopagati che costano almeno 10 volte meno di un dipendente, ed è per questo che oggi hanno ottenuto anche il placet della legge.

Per il metodo e nel merito di questa operazione contrattuale, rete 100 passi aderisce al Comunicato del Coordinamento precari, freelance e atipici di Stampa Romana, acui presto auspichiamo si aggiungano altre associazioni di stampa regionali.

 

 

 

 

 

 

 

 

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