Pubblicato: mer, 27 Giu , 2018

Con lettera di licenziamento chiude la Bekaert

Così, mediante comunicazione telegrafica, si notifica la fine di 58 anni di storia economica del Valdarno e si stracciano i diritti di 318 lavoratori ed esseri umani.

 

   Sono bastati pochi giorni per liquidare lo stabilimento Bekaert, ex Pirelli, di Figline Valdarno, un’unità produttiva che occupava 318 persone e con l’indotto assicurava la sicurezza economica di una fetta di comunità valdarnese.

La fabbrica Pirelli era sorta nel 1960. In quel tempo il Valdarno era  una zona povera che non aveva ancora superato la dura crisi economica e sociale provocata dalla guerra mondiale. La Pirelli, dunque, è stata una protagonista dello sviluppo prodottosi da quel lontano anno 1960 fino ai giorni nostri, quando una nuova stagione di sofferenza ci sovrasta: ha contribuito a creare lavoro, occupazione e ricchezza, sia economica che culturale, una realtà dove  i conflitti sociali, ineliminabili, mai tuttavia sono stati esasperati.

Nel 2013 Bekaert ha acquisito lo stabilimento e tutto il ramo di azienda della cordicella metallica. La cessione è stata accompagnata da un accordo commerciale in cui Pirelli si impegnava ad acquistare componenti per pneumatici dallo stabilimento di Figline fino al 2018 e quindi fu inserita una clausola contrattuale di mantenimento dell’azienda. Fino ad oggi la fabbrica ha sempre lavorato a pieno ritmo, addirittura introducendo le domeniche lavorative e immettendo in azienda 23 interinali per rispondere alle commesse principalmente derivanti dal cliente Pirelli.

Durante il corso del 2017 Bekaert ha stipulato un nuovo accordo con Pirelli della durata di due anni, quindi valido fino a tutto il 2019, per nuovi volumi da prodursi a Figline. Il 29 marzo scorso, in un incontro al Ministero dello Sviluppo Economico, quando ancora non si era insediato il nuovo Governo, i rappresentanti della multinazionale belga hanno assicurato la continuazione dello stabilimento e l’effettuazione di investimenti nella ricerca e nello sviluppo. Ma il 22 giugno la dirigenza aziendale, in maniera del tutto improvvisa e arbitraria, ha annunciato ai rappresentanti sindacali l’avvio della procedura di licenziamento collettivo e di chiusura dello stabilimento in modo immediato, con solo i 75 giorni previsti dalla norma; e il delegato belga dell’azienda, dopo la comunicazione di messa sul lastrico di centinaia di famiglie, si è fatto scortare dai carabinieri. Nel giro di poche ore sono seguiti 318 licenziamenti, recapitati al domicilio dei lavoratori. Un freddo e distaccato avviso di morte sociale.

All’interno dell’azienda, al momento della notizia di chiusura, erano attivi sia il ramo produttivo sia un segmento di ricerca e sviluppo che, in questi anni, ha elaborato prototipi che sono stati prodotti negli stabilimenti che Bekaert ha sparsi nel mondo, per la produzione di componenti e involucri in ferro, come quelli in Romania e Brasile. Le alte professionalità acquisite dalle maestranze di Figline, dunque, sono servite e sono state sfruttate dalla multinazionale, in questi anni in cui era impegnata con Pirelli, perché se ne avvantaggiassero altre realtà aziendali dove magari a una professionalità più bassa si accompagna una maggiore malleabilità dei lavoratori e facilità burocratica e permissività giuridica: insomma sono stati utilizzati per istruire il personale che molto probabilmente li sostituirà quando loro saranno stati abbandonati al loro destino. Un comportamento per il quale Bekaert non risponderà, come mai rispondono tali holding transnazionali che trattano i portatori di diritti come meri strumenti intercambiabili del loro assoluto arbitrio.

Il 26 era convocato al Ministero dello Sviluppo economico a Roma, ministro Di Maio, un tavolo di mediazione a cui avrebbero dovuto partecipare delegati dell’impresa, rappresentanti governativi, in primis ministro o viceministro, cariche istituzionali della Regione Toscana, amministratori locali e rappresentanti dei lavoratori. Erano presenti tutti i rappresentanti sindacali, il presidente della Regione Enrico Rossi, il sindaco di Figline e Incisa Valdarno Giulia Mugnai; non si sono presentati nè i dirigenti dell’azienda né il ministro Di Maio nè il suo viceministro, gli uni dimostrando ancora la propria arroganza, gli altri palesando la loro assenza, allorchè finiscano gli slogans e gli interlocutori non sono i deboli ma i prepotenti che sottomettono ai loro interessi il destino del cosiddetto popolo, di cui ci si riempie così spesso la bocca.

Il sindaco di Figline e Incisa Valdarno Giulia Mugnai ha detto che “Bekaert sceglie deliberatamente di calpestare i diritti dei lavoratori e le istituzioni”. La Mugnai ha parlato di “esito totalmente negativo…l’azienda non si è presentata al tavolo a Roma dimostrando che non c’è nessun arretramento rispetto alla scelta di procedere col licenziamento collettivo e con la chiusura dello stabilimento”. Il sindaco ha chiesto “un impegno diretto del Governo nazionale per il ritiro della procedura di licenziamento e per il ritorno alla produttività dello stabilimento”. L’assemblea dei lavoratori ha deciso di interrompere lo sciopero e il presidio permanente subito proclamato al momento dell’annuncio di serrata e di tornare al lavoro anche per il mantenimento e la sicurezza degli impianti, dato che i lavoratori tengono al luogo del lavoro, al contrario delle grandi proprietà che hanno un atteggiamento più che altro parassitario.

Fulvio Turtulici

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