Pubblicato: lun, 25 Nov , 2013

Svizzera, stipendi senza limiti

Bocciato il referendum propositivo che avrebbe previsto un rapporto massimo di 1:12 per gli stipendi in una stessa azienda

 

Manifesto del comitato promotore

Manifesto del comitato promotore

Domenica 24 Novembre, con un’ampia maggioranza, gli svizzeri hanno bocciato la proposta referendaria, promossa dai giovani socialisti del JUSO, che voleva imporre un rapporto massimo di 1:12,  a parità di orario, tra lo stipendio più alto e quello più basso in un’azienda.

Negli ultimi anni tale rapporto, in Svizzera come altrove, è aumentato a dismisura: infatti se nella Confederazione il rapporto era, nel 1998, di 1:13 oggi è schizzato ad 1:48 con punte, nelle grandi multinazionali, superiori alle cento volte. Frutto non tanto, o non solo, di un abbassamento degli stipendi più bassi quanto di una crescita esponenziale, e spesso non giustificata dai risultati, degli stipendi dei top manager. A questo proposito, il 3 marzo scorso, si era già tenuta un’altra consultazione, nei cantoni, riguardante i compensi d’oro dei dirigenti. In quel caso, anche se giornalisticamente è famoso come referendum sul “tetto agli stipendi”, il promotore, Thomas Minder, rappresentante dell’UDC (Unione democratica di centro) chiedeva ai suoi concittadini di approvare una modifica di legge che desse potere all’assemblea dei soci di decidere annualmente il compenso dei membri del CDA; in quest’occasione il referendum fu approvato con il 70% dei voti, terzo miglior risultato di sempre.

I socialisti del JUSO, nel proporre il quesito sul rapporto 1:12, speravano di godere dell’onda lunga del successo del precedente referendum ma evidentemente hanno fatto male i conti, visto che in nessuno dei 26 cantoni il “si” ha vinto e, nel dato complessivo, i “no” hanno prevalso con il 65,3%.

Il risultato non ha scoraggiato i promotori che si dicono contenti per aver messo il problema all’ordine del giorno nell’agenda politica svizzera. Inoltre, ricordano i fautori del “si”, hanno dovuto sfidare tutti i partiti che compatti erano schierati contro il referendum. Le motivazioni addotte, come nel più classico dei casi, sono che con un tale provvedimento le molte multinazionali con sede legale in Svizzera, e che con il loro gettito contribuiscono grandemente alla fiscalità generale, sarebbero scappate verso altri lidi.

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