Riforma Nordio: omaggio a B., ritorno al passato, poche tutele e sistema disfunzionale
verso ingiustizia e impunità: abuso d’ufficio cancellato, traffico di influenze ridotto, intercettazioni limitate. Prescrizione veloce in arrivo.
Abuso d’ufficio cancellato, traffico d’influenze ridotto ai minimi termini, limiti alla pubblicazione delle intercettazioni (e alla possibilità di citarle negli atti), inappellabilità delle sentenze di proscioglimento per una serie di reati. E soprattutto un depotenziamento delle misure cautelari a tutto vantaggio dei colletti bianchi. Ecco la riforma del Guardasigilli Carlo Nordio, dedicata dal governo a Berlusconi, fondatore di Forza Italia appena scomparso. Il Consiglio dei Ministri ha approvato un disegno di legge [15 giugno 2023, n. 39] che reca modifiche al Codice penale, al Codice di procedura penale e all’Ordinamento giudiziario. Otto articoli che cambiano tutto.
Per la custodia cautelare in carcere (ma non le misure più lievi) a decidere sarà l’ufficio del giudice per le indagini preliminari in un’inedita “composizione collegiale“, cioè con tre magistrati invece di uno solo. La novità entrerà in vigore tra due anni. Prima di disporre qualsiasi misura, soprattutto, servirà procedere all’interrogatorio dell’indagato, notificandogli l’invito “almeno cinque giorni prima di quello fissato per la comparizione, salvo che, per ragioni d’urgenza, il giudice ritenga di abbreviare il termine, purché sia lasciato il tempo necessario per comparire”. La previsione non vale se sussistono le esigenze cautelari del pericolo di fuga o di inquinamento delle prove, o anche quella di reiterazione dei reati più gravi (mafia, terrorismo, violenze sessuali, stalking) o “commessi con l’uso di armi o con altri mezzi di violenza personale”. In sostanza, quindi, la nuova garanzia vale quasi solo per i reati dei colletti bianchi: per arrestare un presunto corrotto o tangentista bisognerà avvertirlo con un anticipo di almeno cinque giorni.
Per quanto concerne l’abuso d’ufficio, l’articolo 323 del codice penale è abrogato tout court: non sarà più punibile il pubblico ufficiale che, violando la legge, “intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto”. Se il testo diventerà legge, l’Italia diventerà l’unico Paese del mondo sviluppato in cui questa condotta non costituisce reato. “Resta ferma la possibilità di valutare in prospettiva futura specifici interventi additivi volti a sanzionare, con formulazioni circoscritte e precise, condotte meritevoli di pena in forza di eventuali indicazioni di matrice euro-unitaria che dovessero sopravvenire”.
Fortemente ridotto anche il traffico di influenze illecite, per essere punibile, d’ora in poi, il mediatore dovrà sfruttare intenzionalmente le relazioni con il pubblico ufficiale, che inoltre dovranno essere esistenti e non più anche solo asserite, cioè millantate. Viene dunque depenalizzata la condotta prevista dal vecchio reato di millantato credito, punito con la reclusione da uno a cinque anni e assorbito nel traffico di influenze con la legge Spazzacorrotti. L’utilità data o promessa, poi, dovrà essere economica: non basterà più uno scambio di favori non monetizzabile. Infine, e soprattutto, la condotta sarà punibile solo se il versamento avrà lo scopo di remunerare il pubblico ufficiale in relazione all’esercizio delle sue funzioni, ovvero per realizzare un’altra mediazione illecita. Finora, invece, bastava che l’utilità costituisse il prezzo della mediazione, cioè la ricompensa per il mediatore, anche senza essere diretta al destinatario finale.
Il divieto di pubblicazione anche parziale, attualmente previsto solo per i nastri non acquisiti al procedimento, si estende a qualsiasi dialogo che non sia stato “riprodotto dal giudice nella motivazione di un provvedimento o utilizzato nel corso del dibattimento”. Non potranno più essere pubblicate, quindi, nemmeno le conversazioni citate nelle richieste di misure cautelari del pubblico ministero. Proprio nelle richieste del pm non potranno più essere citati “i dati personali dei soggetti diversi dalle parti, salvo che ciò sia indispensabile per la compiuta esposizione”. I nastri che riguardano soggetti diversi dalle parti, non potranno più essere acquisiti dal giudice nell’udienza stralcio, sempre che non ne sia dimostrata la rilevanza. Diventa vietata anche la pubblicazione dell’avviso di garanzia, che dovrà contenere una “descrizione sommaria del fatto”, oggi non prevista. L’informazione ai cittadini, soprattutto per fatti di interesse pubblico altrimenti nascosti, viene fortemente contratta se non quasi del tutto annullata.
Non solo, il ddl vieta al pubblico ministero di appellare le sentenze di proscioglimento (assoluzione, non luogo a procedere, non doversi procedere) per i reati per cui è prevista la citazione diretta a giudizio (senza l’udienza preliminare): si tratta di tutte le fattispecie punite con la pena della reclusione non superiore nel massimo a quattro anni o con la multa; ma nell’elenco sono comprese ad esempio anche la falsa testimonianza, la violenza o minaccia a pubblico ufficiale, la ricettazione o la truffa, che nelle ipotesi aggravate prevedono pene più alte.
Nordio incalza anche per mettere mano alla prescrizione: sembra dunque che verrà eliminata la riforma Bonafede del 2019, secondo la quale la prescrizione si interrompe dopo il primo grado, mantenendo tuttavia la riforma Cartabia del 2021 che prevede l’improcedibilità per superamento dei termini di durata massima dei giudizi di impugnazione. Il procedimento penale andrà quindi in fumo, dopo il primo grado, o perchè il reato si prescrive o perchè l’azione penale diventa improcedibile. Il testo unificato delle proposte di legge sulla prescrizione è previsto per le prossime settimane.