Pubblicato: dom, 15 Dic , 2013

Minacce a pm Di Matteo: consiglieri Csm chiedono plenum a Palermo

E da Romanelli (Sel) arriva la mozione in Consiglio Regionale della Toscana per aderire all’appello del movimento Agende Rosse

Consiglio_Superiore_della_MagistraturaUna seduta del plenum del Consiglio superiore della magistratura “in trasferta” a Palermo, per dare un segno tangibile di solidarietà e vicinanza al pm Nino Di Matteo, minacciato dalla mafia. É questa la proposta di alcuni consiglieri del Csm, formalizzata in due delibere che saranno discusse dal plenum della prossima settimana: una presentata dal togato di Unicost, Mariano Sciacca, l’altra dai consiglieri di Magistratura indipendente. La prima chiede di convocare la prossima riunione del plenum a Palermo, mentre l’altra propone una seduta straordinaria di Commissione o di plenum da tenere nel capoluogo siciliano prima della sospensione dei lavori per le festività, o comunque prima della ripresa nel mese di gennaio.

Qualcosa, finalmente, sembra quindi muoversi nella direzione giusta. Alla proposta da parte del Csm, si aggiunge la mozione presentata da Mauro Romanelli di Sel al Consiglio regionale della Toscana.

«In un imbarazzante silenzio istituzionale, da oltre un anno – dichiara il Consigliere di Sinistra Ecologia e Libertà, Romanelli – il pm Nino Di Matteo, che sostiene l’accusa nel processo sulla trattativa Stato-mafia, è minacciato di morte proprio per quel processo e per le indagini collegate tuttora in corso. Questo coraggioso magistrato, da diciannove anni sotto scorta, da più di un anno è vittima di dossier e lettere anonime, che annunciano la sua morte, così come sono recenti le intercettazioni del boss mafioso Riina riguardo ad attentati clamorosi».

« È gravissimo – continua – che l’11 dicembre 2013 Di Matteo non abbia potuto partecipare per motivi di sicurezza, all’udienza milanese del processo sulla trattativa, proprio quella dedicata all’audizione di Giovanni Brusca: non era mai successo a un magistrato antimafia, neanche nell’anno terribile del 1992. […] Lo Stato, nelle sue più alte cariche, deve intervenire, esprimere reale vicinanza e mettere in campo urgentemente provvedimenti per la tutela dell’incolumità dei magistrati minacciati dai boss mafiosi».

Ricordando le parole del giudice Giovanni Falcone: “Si muore generalmente perché si è lasciati soli”, Romanelli accoglie l’appello del Movimento Agende Rosse, auspicando che da tutta Italia giungano messaggi di solidarietà. «Deve essere forte il segnale che tutti i tentativi di sfidare la sovranità dello Stato, minacciando la vita dei suoi uomini più esposti e preziosi, di attentare al diritto alla convivenza pacifica e alla legittima pretesa di giustizia e verità della comunità, non saranno tollerati e saranno repressi con tutti gli strumenti a disposizione in uno Stato di diritto».

«Presenterò una mozione in Consiglio Regionale affinché la Regione Toscana faccia sentire la sua autorevole voce in questa vicenda che riguarda i fondamenti della democrazia italiana».

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