Pubblicato: mar, 26 Set , 2023

maxi operazione “transumanza”: colpita mafia dei pascoli nel Gargano

l’inchiesta condotta in tutta Italia, conferma il business milionario proveniente dalle truffe ai Fondi Europei distolti con il metodo mafioso

Truffe all’Unione europea per oltre 5 milioni di euro di fondi pubblici, per pascoli inesistenti. È quanto emerge dalla maxioperazione ‘Transumanza’, condotta da nord a sud, dalla Guardia di finanza di Pescara, diretta e coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia della Procura de L’Aquila. Sono 75 i coinvolti, 25 misure cautelari personali, 16 perquisizioni e sequestri preventivi in esecuzione, in tutta Italia, tra Abruzzo, Puglia, Trentino-Alto Adige, Piemonte, Lombardia, Veneto, Liguria, Emilia-Romagna, Lazio e Campania. Sequestrate ingenti somme a 24 imprese agricole e 38 soggetti accusati, a vario titolo, di autoriciclaggio, reimpiego di proventi illeciti, ricettazione, truffa aggravata ai danni dello Stato e per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Dalle risultanze investigative emerge il coinvolgimento anche della mafia foggiana e il legame di alcuni arrestati con organizzazioni criminali del Gargano.

La “mafia dei pascoli” si nutre dei contributi del Fondo europeo agricolo di garanzia (Faega) nel settore della politica agricola comune (Pac), ovvero i fondi di supporto alle nuove imprese agricole nei territori dell’Ue. I titoli Pac vengono attribuiti per ogni ettaro di superficie: per ogni titolo l’azienda deve avere la disponibilità di un ettaro di terreno.

Per truffare Bruxelles, l’associazione per delinquere, operativa dal 2014, avrebbe dunque simulato il possesso dei requisiti necessari per ottenere la disponibilità di terreni e di corrispondenti titoli Pac. Secondo gli investigatori, le imprese agricole fittizie sarebbero state in accordo con altrettante società cooperative agricole o associazioni temporanee di imprese, costituite per fare incetta di migliaia di ettari di terreni la cui concessione ad uso civico veniva messa a bando dai Comuni. Le indagini sono durate 2 anni, con acquisizioni documentali, intercettazioni di oltre 100mila conversazioni, 8.000 interrogazioni alle banche dati ed accertamenti bancari su più di 270 conti correnti. Il pool investigativo ha così tratteggiato l’esistenza di un sodalizio criminale dedito alla perpetrazione, con l’aggravante mafiosa, di frodi a danno del bilancio nazionale e comunitario, che sarebbe stata attuata mediante indebite richieste di contributi per il Fondo Europeo Agricolo di Garanzia nel settore della Politica Agricola Comune.

L’operazione conferma ancora una volta l’importanza del tema sul piano nazionale ed europeo. Il primo a capirlo è stato Giuseppe Antoci, ex Presidente del Parco dei Nebrodi e Presidente Onorario della Fondazione Caponnetto, che anni fa ha captato il meccanismo truffaldino. Nel 2015 il dott. Antoci ha dato uno scossone potente al traffico mafioso, interferendo proprio sull’assegnazione dei terreni, realizzando un protocollo di legalità per l’assegnazione degli affitti. Tra i documenti necessari per accedere ai terreni, viene quindi introdotta anche la presentazione del certificato antimafia incluso per quelli di valore a base d’asta inferiori a 150.000 euro. Il c.d. “Protocollo Antoci”, è stato esteso a tutta la Sicilia e successivamente applicato in tutta Italia. La Commissione Europea lo considera tra gli strumenti più importanti di lotta alla mafia sui fondi europei per l’agricoltura. Una certificazione tanto semplice quanto efficace da far saltare interessi miliardari e far ritornare Cosa nostra ad imbracciare i fucili, decretandone la sua morte. La notte tra il 17 e il 18 maggio 2016 il dott. Antoci è stato vittima di un attentato, dal quale è uscito illeso solo grazie all’auto blindata e al capace quanto coraggioso intervento armato del vice questore Daniele Manganaro e degli uomini della sua scorta. Il Protocollo di Legalità è oggi Legge dello Stato nei tre cardini del Nuovo Codice Antimafia. Dal protocollo Antoci è scaturita anche l’operazione dell’arma, che ha consegnato nell’Aula Bunker di Messina, niente meno che il Maxiprocesso alla mafia dei Nebrodi. Con il primo grado di giudizio nel 2022, l’affondo alla mafia dei pascoli è arrivato: più di 600 anni di reclusione per 91 condanne, 16 aziende confiscate, sequestro di beni per circa 4 milioni di euro, oltre diversi risarcimenti, tra cui quello all’unico imprenditore che ha denunciato, e una serie di interdizioni.

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