Pubblicato: sab, 26 Lug , 2014

Eterologa, pioggia di manifesti. Monito a Beatrice Lorenzin: no all’overdose regolativa. Scende in campo Stefano Rodotà.

Il manifesto dei giuristi, capitanato da Stefano Rodotà illustra perchè non occorra il passaggio parlamentare nè le linee guida per eseguire subito la fecondazione con donazione

 

 

    La ministra Beatrice Lorenzin non ha perso tempo, dopo aver visto l’aria che tirava in giro, così lunedì 28 luglio presenterà il testo delle linee guida, su come operare concretamente nei centri, dopo le modifiche della legge 40. Approvate, di fatto, dalla Corte Costituzionale per fare giustizia di un testo costruito su fondamenti costituzionalmente “infondati”. L’ultima sentenza, la 162 del 2014, la più lacerante politicamente e la più infondata giuridicamente, è stata una vera e propria Caporetto per la politica che volle quei divieti illegittimi, ma il rischio è che ancora quella cultura ideologica o quegli interessi lobbistici, poco visibili, rientrino con il cavallo di Troia del rinvio al Parlamento per l’approvazione di un decreto legislativo, innocuo solo in apparenza, di cui Beatrice Lorenzin ha parlato in questi giorni, come se fosse tecnicamente indispensabile, ma non lo è. Da qui la necessità di un chiarimento pubblico, scientificamente validato dalle firme che lo sostengono e politicamente esplicito, come quello pubblicato oggi e capitanato da Stefano Rodotà, promosso dall’associazione Luca Coscioni, che segue e precede la pioggia di manifesti in arrivo.

Stefano Rodotà

Stefano Rodotà

   E che scrive: “Non essendovi ostacoli quindi dovuti ad assenza di norme specifiche per il ripristino della tecnica con donazione di gameti, i centri di Procreazione Medicalmente Assistita potranno immediatamente riprendere l’applicazione delle tecniche eterologhe. Tutto ciò a conferma che sotto i profili scientifici, le normative recepite sulla tracciabilità e sicurezza di cellule e gameti (2004/23/CE e ss- DLGS 191 e ss) colmano pienamente la parte tecnica per l’applicazione di tecniche con donazione di gameti. In relazione al numero delle donazioni è, poi, possibile un aggiornamento delle linee guida, eventualmente anche alla luce delle discipline stabilite in altri Paesi europei (quali, ad esempio, la Francia e il Regno Unito), ma tenendo conto dell’esigenza di consentirle…”

I manifesti in rete per l’ immediata esigibilità dei diritti all’accesso
Il 17 luglio scorso aveva aperto le danze il manifesto degli studiosi, riuniti a Roma da Politeia e dalla Consulta di Bioetica, che avrebbero voluto darlo alla ministra Lorenzin direttamente, ma lei pur invitata, difficilmente appare in questi convegni. Un altro appello in uscita per l’immediata accessibilità alla fecondazione con donazione in Italia è quello dell’Aidag, rivolto alle associazioni di medici, scienziati e pazienti. L’Aidag è la neonata organizzazione che intende promuovere la sicurezza delle pratiche mediche nel settore ed una cultura della donazione dei gameti, attraverso un dialogo con le buone pratiche europee in materia. L’Italia si ridesta anche su questo tema, a molti ignoto, forse troppo di nicchia per tanti, che lamentano ben più urgenti problemi per la salute e la sanità. Ma il punto è che il principio della negazione dei diritti “minori”, è un attacco frontale alla pratica democratica. I diritti si sa, non possono essere negati, neanche a colpi di maggioranza. La democrazia insegnerebbe altro, come ha ricordato il magistrato della Corte Costituzionale Giuseppe Tesauro, lo scorso 17 luglio, intervenuto nel convegno promosso da Politeia , dalla Consulta di Bioetica e da Vox per i diritti. E’ ancora forte il ricordo del “sabotaggio” della diagnosi genetica precoce sugli embrioni, quella di pre-impiatnto, basata su ripetute dichiarazioni pubbliche e lettere ai direttori delle Asl, da parte della ex sottosegretaria Eugenia Roccella ai tempi del ministro del welfare Maurizio Sacconi, quando intimava alle strutture pubbliche e a tutti di non fare la diagnosi genetica sull’embrione perché vietata in quanto “atto eugenetico”. Il risultato? Il dvieto non c’ era più nella legge 40 e la sentenza 151 del 2009 aveva rimosso anche le limitazioni tecniche alla sua esecuzione, ma di fatto nessuno in questo Paese alzò la testa e neanche il dito indice per porre una domanda. Il servizio pubblico e le università restarono impietrite, il cellophane incartò i macchinari già acquistati e le coppie si indebitarono in giro per il mondo o nei pochissimi centri privati in Italia. Per evitare tutto questo, si auspica che i centri medici forti dei pareri tecnico giuridici di questi manifesti, rendano operativa anche nei centri pubblici la donazione dei gameti, per la quale non pochi centri privati sono già disponibili e si organizzi razionalmente anche il servizio pubblico per la diagnosi genetica, evitando il blocco amministrativo da parte delle Regioni verso le strutture con le risorse umane già adeguate, con l’alibi della attesa delle linee guida del Ministero.

 

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