Pubblicato: dom, 10 Ago , 2014

Eterologa, il caso Italia. Il Paese che non sa decidere.

Dopo il mancato decreto Lorenzin, il governo rinvia alle camere nel nome dell’etica che non c’ è.

beatrice-lorenzinBocciata dal governo la linea Lorenzin sul decreto urgente che avrebbe dovuto rendere operativa la sentenza 192 della Corte Costituzionale, in un paio di mesi. Si annuncia un rimpallo alle camere, forse in autunno, quando le priorità dovrebbero essere ben altre. Nel frattempo le coppie andranno in Toscana, dove il presidente Enrico Rossi vigilerà con regole chiare, mentre a tutti gli altri centri e amministratori viene intimato di restare fermi, ma non è detto che non seguano a ruota, pur con il rischio di ispezioni intimidatorie verso le cliniche già annunciate per chi non rispetterà la legge nazionale che ancora non c’ è ed il rischio che si cerchi l’appiglio per un ricorso perfino contro l’unica “gallina scappata dal cortile”? Un pasticcio strano, in cui è caduta la ministra Beatrice Lorenzin, troppo sicura di sé per prevenire il danno. Mentre agire davvero, per una volta, avrebbe significato limitarsi a fare il proprio mestiere: aggiornare le linee guida, che la legge 40 vuole nella forma del decreto ministeriale per rendere omogenee le procedure nei centri medici, trovare in bilancio la possibilità di inserire nei lea le tecniche di pma, non solo quelle con donazione, oppure limitarsi a vigilare sull’uniformità di codici, costi, drg, per una medicina da troppo tempo considerata “privata” . Ed, infine, spronare le regioni a fare il loro mestiere di controllo e di accreditamento. Troppo banale in Italia, la mera prassi operativa, quando si tratta di temi antropologicamente dirompenti, come la riproduzione umana? Con la bioetica si finisce sui giornali, forse con la buona amministrazione un po’ meno, così Lorenzin e governo tornano ad occupare la prima pagina, ma per decidere che non si fa, perché occorre trovare i saggi che a maggioranza valutino la complessità e si assumano la responsabilità di scrivere (un’ altra volta?) le tavole della legge (ma quale?)

Eppure, dopo la sentenza della Corte Costituzionale, si aspettavano solo le linee guida, tanto per aggiornare la prassi medica in modo omogeneo, un lavoro che in altri Paesi è affidato alle società scientifiche, non alla politica, come ricorda Nino Guglielmino, il ginecologo catanese che assiste una delle coppie che è ricorsa contro il divieto.

Nella prassi, i centri idonei, magari sostenuti dal controllo regionale potrebbero già partire. Con un consenso firmato dei donatori e dei riceventi, con obblighi di norme vigenti ottemperate, cosa potrebbero obiettare i Nas? Insomma, per l’immediato futuro ed in attesa di linee guida, tanto difficili da scrivere, prevediamo una Italia divisa in due: centri privati e pubblici che la fanno nelle regioni che li tutelano con un’ assunzione di controllo e quelle che aspetteranno per non creare conflitti politici, più che questioni rilevanti sul piano giudiziario.

E tutto questo sarà la conseguenza di un’ impotenza congenita del nostro Paese, quando, si pensa e si scrive che ci siano “evidenti profili etici che attengono alla materia”.

Lo scrive nero su bianco ai capigruppo la ministra della salute, al termine del concitato consiglio dei Ministri di venerdì scorso e chiarisce la decisione finale: la necessità di intervenire in via legislativa, tenuto conto “degli evidenti profili etici che attengono alla materia”. Ancora una volta, come per il testamento biologico, o per qualunque altro provvedimento che attenga alla morale o ai costumi, si ha paura di decidere. Ma che cosa è l’Etica. Perché una maggioranza politica dovrebbe decidere meglio di un singolo cittadino che invece potrebbe confrontarsi con il suo medico, ad esempio, per valutare pro e contro di un percorso? Perché, in un ordinamento come il nostro, che già prevede garanzie e tutele per i figli non genetici, proprio grazie alla stessa legge 40, dovrebbe rimettersi tutto in discussione? L’etica della responsabilità pubblica è qualcosa di molto più pragmatico, operativa. Risolve per agire, con tutta l’umiltà e la consapevolezza che la complessità implica un allenamento costante a sciogliere il dubbio. Ed invece, in Italia si cerca la verità ultima delle cose, la soluzione perfetta, pur sapendo che non c’ è, si preferisce immaginare un gruppo di saggi, esperti, o chissà perché, politici in grado di ergersi a saggi e di scrivere, in senso biblico la legge che non c’ è.

Forse siamo diventati troppo semplici nel tempo, ma vorremmo ricordare che la Costituzione e la giurisprudenza costituzionale hanno indicato già la prassi e che la politica è l’ arte della scelta per il bene comune, che non significa in base all’opinione di tutti, ma in base a ciò che risolve per quel cittadino, per quella istanza e se non nuoce ad altri. La impossibilità a chiarire con serenità alle coppie italiane quale sia semplicemente il numero verde a cui chiedere informazioni per tentare di essere progettuali e magari felici con un figlio tra le braccia, denuncia una questione seria in questo Paese: esiste un potere che non vuole scendere a compromessi, un potere “cupo” che si attribuisce il diritto a decidere per gli altri, soprattutto quando la posta in gioco è un po’ di felicità in più, con un valido controllo pubblico. Un’ ombra che ci alita sul collo e che ha in scacco tutti, deputati nominati e ministri cooptati per grazia ricevuta, in primis. E’ tempo di smarcarsi e di tornare a discutere anche al bar un po’ più di noi.

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