Pubblicato: mar, 13 Feb , 2018

Conferenza sulla Costituzione all’Istituto “Giorgio Vasari” di Figline Valdarno

Il professor Stefano Merlini, ordinario di diritto costituzionale all’Università di Firenze, ha parlato del processo storico che ha condotto alla nostra Costituzione del 1947

 

    E’ orientata alla scuola come luogo di formazione culturale e di educazione del cittadino ai principi della civiltà giuridica la bella iniziativa che si è svolta il 07.02.2018 all’Istituto di Istruzione Superiore “Giorgio Vasari” di Figline Valdarno. La Conferenza, promossa dall’Associazione politico culturale “Art. 3 Eguaglianza Diritti Solidarietà”, si è tenuta, alla presenza degli studenti delle classi superiori accompagnati dai docenti, nei locali dell’Istituto  la cui dirigenza e il corpo insegnante si sono  dimostrati, come in altre occasioni, sensibili e disponibili a iniziative volte a maturare nei giovani allievi la coscienza di dover essere cittadini attivi e partecipi di una società giusta e civile. Protagonista è stata la Costituzione promulgata il 27 dicembre 1947, all’indomani della Liberazione dal nazifascismo che unì le istanze più positive della nostra cultura, socialiste, cattoliche, repubblicane, liberali, ed entrata in vigore il 1 gennaio 1948. Ne ha affermato  l’attualità ed esemplarità il professor Stefano Merlini, ordinario di diritto costituzionale all’Università di Firenze.

Al centro della sua riflessione, chiara e puntuale, il professor Merlini ha posto la constatazione che la nostra Costituzione non è altro che il compendio, la summa, l’esito conclusivo di tutto un processo storico evolutivo necessariamente volto a realizzare, in primis, il trasferimento dei poteri del sovrano assoluto al cittadino, quindi a differenziare il potere e a predisporre  tutta una serie di strumenti e organi di garanzia dedicati alla limitazione dell’esecutivo, per la tutela dei diritti civili e politici dei contraenti sociali.

Nel 1225 , in Inghilterra, con la Magna Charta venne sancito, in un documento scritto, l’impegno della corona a non imporre servizi, dazi e tassazioni troppo onerose per i feudatari e comunque l’obbligo a non imporre nuove tasse senza il consenso del consiglio comune del regno che decideva in base a una votazione e comprendeva gli abati, i conti e i baroni più importanti; il divieto per il monarca a non spogliare gli uomini liberi delle terre e delle rendite per saldare i loro debiti; stabilì la proporzionalità tra i delitti e le pene e l’habeas corpus, il diritto dei cittadini a un regolare processo. Promanò dall’esigenza di controllare il potere arbitrario del re, che si reputava al di sopra della legge, unto del Signore, e rappresentò il primo passo, seppur riservato a un ristretto numero di sudditi, verso il principio di legalità, la certezza del diritto, la difesa delle libertà individuali.

Si dovette attendere la guerra d’Indipendenza americana e la Costituzione del 1787, dopo l’affermarsi dell’Illuminismo sull’ancien regime e sul diritto divino dei re, perché si producesse un documento costituzionale in forma scritta che stabilisse i principi fondamentali di uno Stato di diritto basandoli sulla netta divisione dei poteri, e quindi sulla loro separazione e limitazione, così come aveva teorizzato  Montesquieu. Vennero previsti un potere legislativo, affidato a due Camere elette, una, la Camera dei rappresentanti, rappresentativa del popolo, l’altra, il Senato, espressione degli Stati federali, un potere giudiziario che veniva posto, pur confermando l’autonomia dei singoli Stati, sotto il controllo di una Corte Suprema federale e un potere esecutivo affidato a un presidente pur’esso eletto. La Costituzione è rigida, irrevocabile da parte della legislazione ordinaria, è accolto il principio della sua superiorità su tutte le altre leggi precedenti e future.

La Corte Suprema federale è giudice della costituzionalità delle leggi statali e federali e del rispetto della gerarchia delle fonti. È, dunque, organo di garanzia che limita i  poteri di indirizzo al rispetto costituzionale.

Distinzione e separazione dei poteri, introduzione di strumenti di controllo, organi di garanzia: questi i postulati della Costituzione americana. Ma il 26 agosto 1789, nel fuoco della Rivoluzione francese, i rappresentanti del popolo costituiti in Assemblea Nazionale, considerando che l’ignoranza, l’oblio o il disprezzo dei diritti dell’uomo sono le uniche cause delle sciagure pubbliche e della corruzione dei governi, esposero in una solenne Dichiarazione i diritti, naturali, inalienabili, imprescrittibili e sacri, dell’uomo e del cittadino. Ciò affinchè il potere legislativo e il potere esecutivo a questi principi vengano sottoposti e obbligati. Tale dichiarazione non si occupa della distribuzione e attribuzione dei poteri, ma dei rapporti tra il potere e i diritti dei cittadini, considerati liberi e uguali. Le distinzioni sociali non possono essere fondate che sull’utilità comune; la libertà consiste nel poter fare tutto ciò che non nuoce ad altri, i limiti dei diritti sono solo quelli che assicurino agli altri membri della società il godimento di questi stessi diritti e tali limiti possono essere determinati solo dalla legge. La legge ha la possibilità di vietare solo le azioni nocive alla società e tutto ciò che la legge non vieta non può essere impedito e nessuno può essere costretto a fare ciò che essa non ordina. Le leggi sono formate con la partecipazione, diretta o indiretta, di tutti i membri del corpo sociale e tutti devono essere uguali di fronte alla legge, sia che essa protegga sia che punisca. Tutte le dignità, posti e impieghi pubblici sono ammissibili a tutti i cittadini senza altra distinzione che non siano le loro virtù e talenti. Tutti devono essere liberi di manifestare il proprio pensiero. Si può essere puniti solo in virtù delle leggi e ogni rigore non necessario deve essere impedito.

Siamo così in presenza di una rivoluzione culturale, politica, storica, giuridica, morale. Ma tuttavia tali principi non trovano posto in un testo costituzionale organico e rigido.

Con l’unità della nazione in Italia entra in vigore lo Statuto albertino, un testo scritto ma di natura flessibile. Il colpo di Stato monarchico fascista, il giorno della quasi brancaleonesca marcia su Roma, fu possibile perché la Carta albertina era uno strumento soggetto all’arbitrio del re sabaudo. Dopo, al tempo della Repubblica, ad altrettanti tirannici tentativi di golpe e alle ben più feroci stragi di Stato, fu la Costituzione repubblicana a saper resistere.

Dunque,  sconfitto il nazifascismo e scelta per referendum la Repubblica, il popolo delega all’Assemblea Costituente, democraticamente eletta, il potere di scegliere i principi della nuova Costituzione. La nostra è una Costituzione scritta e fondata su tre pilastri: è rigida, basata su un cogente sistema dei diritti e delle libertà, sottoposta al costante esercizio del consenso da parte del cittadino. Sul primo aspetto, vige il divieto assoluto di modifica dello “spirito” costituzionale, non possono intaccarsi in nessun caso i diritti fondamentali e inviolabili della persona e la forma di Stato democratica e pluralista, mentre le leggi di revisione devono essere approvate con due distinte deliberazioni da ciascun ramo del Parlamento a maggioranza non inferiore ai 2/3 dei componenti, se approvate in seconda votazione a maggioranza assoluta dei due rami le si può sottoporre a referendum; vi è poi l’esame della Corte costituzionale che dichiara l’inefficacia delle leggi che siano contrarie alla Costituzione. Sul secondo aspetto è esaustivo il catalogo  dei diritti civili e delle libertà: diritti immediatamente riconosciuti e diritti ai quali nel presente e nel futuro si deve continuare a fare riferimento. L’art. 3, che riconosce la pari dignità sociale e l’uguaglianza davanti alla legge di tutti i cittadini senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personale e sociali costituisce l’esito più alto della civilizzazione politica e giuridica. Infine sul terzo aspetto si ritiene che per  il principio di legalità occorra l’assistenza  del consenso dei cittadini.

Qualche giorno prima della Conferenza di Figline c’è stato l’atto di terrorismo fascista di Macerata. Un atto contro i principi di pari dignità e diritti umani riconosciuti dalla nostra Costituzione. Così come già lo furono Portella delle Ginestre, le stragi di Stato e i depistaggi di Stato, come già lo è stata la “caserma argentina” al G8 di Genova, quando al governo c’erano gli stessi partiti e alcuni degli stessi personaggi che oggi si ricandidano con gradimento popolare previsto numeroso, forse maggioritario. Non si dica che non possono farsi paragoni: il nazifascista di Macerata pare fosse della security di Matteo Salvini, dunque l’avrà sentito invitare “c’è bisogno di una pulizia di massa in Italia, via per via, quartiere per quartiere, piazza per piazza, con le maniere forti se serve” e avrà ascoltato il candidato dello stesso partito in Regione Lombardia paventare la minaccia per la razza bianca da parte dei neri e avrà udito, dopo la sua impresa, l’alleato, un pregiudicato condannato in via definitiva e indagato per le stragi di mafia, blaterare di 600.000 razze diverse che si preparerebbero a delinquere e  vanno espulse, e pertanto si sarà sentito autorizzato e ora confortato di aver tentato di uccidere e di aver ferito Jennifer, Gideon, Omar, Wilson, Mahamadou, Festus, giovani donne e uomini inermi e innocenti.

E’ stata offesa, oltre le persone delle vittime, la nostra Costituzione pensata e promulgata all’indomani della sospensione della civiltà operata dal nazifascismo e per dire “mai più”.

Fulvio Turtulici

 

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