Arriva Sun Black, il pomodoro nero tutto italiano
Presto in commercio il pomodoro nero, non modificato geneticamente possiede un alto contenuto di antociani e aiuta a restare in salute
Sono stati lunghi anni di ricerca ma alla fine il pomodoro nero uscirà dai laboratori per arrivare sulle nostre tavole. Niente OGM, il Sun Black, così lo hanno chiamato i ricercatori, è stato prodotto attraverso la tecnica dell’incrocio. Se nel 2009 gli atenei che hanno condotto lo studio avevano ottenuto la registrazione del marchio comunitario “SunBlack”, grazie alla recente licenza commerciale il pomodoro nero potrà essere venduto già dai prossimi giorni. Le piantine, a frutto medio e a frutto piccolo, saranno disponibili in tantissimi punti vendita italiani specializzati ma anche nei supermercati. A commercializzarlo sarà l’azienda pisana l’Ortofruttifero, che ha sigliato un contratto di licenza con la Scuola Sant’Anna l’istituto che ha coordinato il progetto sviluppato insieme alle università di Modena, Reggio Emilia e Pisa oltre all’università Tuscia di Viterbo. Il Sun Black possiede un alto contenuto di antociani, sostanze dal forte potere antiossidante che proteggono l’essere umano dalla fragilità capillare e dai vari processi di invecchiamento o modificazioni cellulari provocati dall’ossigeno, tra cui processi infiammatori e modificazioni cancerogene. In una nota della Scuola sant’Anna si legge che il pomodoro nero «ha la particolarità di essere ricco di antociani, potentissimi antiossidanti che si ritrovano soprattutto in uva nera, mirtilli, fragole, ciliegie ma non in quantità significative nelle comuni varietà di pomodori». Il Sun Black rientra quindi di diritto tra gli alimenti nutraceutici, ovvero quelli in grado di portare benefici alla salute umana. Un grande risultato per la ricerca italiana che inorgoglisce Pierdomenico Perata, il rettore della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa: «L’accordo di licenza per la sua commercializzazione consolida il ruolo del nostro ateneo come motore di sviluppo locale, contribuendo a portare innovazione nelle imprese radicate sul territorio, in un ambito come quello dell’ortovivaismo in cui l’inserimento di elementi innovativi può risultare ancora più difficile».