Pubblicato: mar, 7 Gen , 2014

Acca Larentia, un’altra strage impunita

36 anni fa l’eccidio di Acca Larentia, ancora liberi i responsabili dell’agguato

 

La sede di via Acca Larentia a Roma

La sede di via Acca Larentia a Roma

Era il tardo pomeriggio del 7 gennaio 1978 quando cinque militanti del Fronte della Gioventù, organizzazione giovanile del MSI, stanno uscendo dalla sede di via Acca Larentia a Roma. Appena usciti in strada vengono investiti dai colpi di mitra di un commando composto da probabilmente 5 o 6 persone. Il ventenne Franco Bigonzetti rimane ucciso sul colpo, riescono a salvarsi seppur feriti altri tre ragazzi, mentre Francesco Ciavatta, di soli 18 anni, dopo essere stato ferito cercò di scappare rifugiandosi in un palazzo vicino ma, inseguito dagli aggressori, fu ucciso con un colpo alle spalle.

Nel giro di poco tempo la notizia dell’attentato fece il giro della città e decine di iscritti e simpatizzanti del MSI si riunirono in via Acca Larentia. La versione più accreditata vuole che un poliziotto o un giornalista abbia buttato un mozzone di sigaretta a terra sul sangue di una delle vittime, il chiaro gesto di disprezzo scatena la reazione dei giovani missini ed è allora che il capitano dei Carabinieri Edoardo Sivori, prendendo la pistola del suo attendente, visto che la sua si era inceppata, spara ad altezza d’uomo colpendo in fronte il diciannovenne Stefano Recchioni, terza vittima di giornata.

Dopo una rivendicazione del fantomatico gruppo “Nuclei Armati di Contropotere Territoriale” le indagini presero un binario morto fino al 1988 quando, grazie alle dichiarazioni di una pentita, si arriverà ad incriminare per l’eccidio 5 appartenenti a Lotta Continua: Cesare Cavallari, Francesco De Martiis, Daniela Dolce, Mario Scrocca e Fulvio Turrini. Di questi, Scrocca si suicidò in carcere mentre Daniela Dolce riuscì a scappare alla cattura rifugiandosi in Centramerica, gli altri furono assolti in primo grado per insufficienza di prove lasciando così ignoti i nomi degli assassini. In quell’anno, tra l’altro, fu ritrovata la Skorpion che fece fuoco ad Acca Larenzia, era in un covo delle Brigate Rosse e fu usata anche in altri 3 agguati a firma BR. A seguito di un’interrogazione parlamentare, nel 2013, si è scoperto che la mitraglietta in questione risultava intestata al cantante Jimmy Fontana ma questi l’avrebbe venduta, nel 1977, ad un funzionario di polizia che però smentisce tutto. Rimane un mistero il percorso esatto della Skorpion e chi l’abbia usata il 7 gennaio 1978 per uccidere i giovani missini.

Neanche Edoardo Sivori subì alcuna conseguenza, verrà solo condannato per eccesso colposo di legittima difesa. A questo riguardo Francesco Cossiga, in un’intervista a Luca Telese per il libro “Cuori neri”, ha dichiarato che il capitano, nonostante all’inizio si escluse ogni sua responsabilità, uccise per davvero Recchioni e l’Arma, proprio su indicazione dell’allora ministro dell’Interno Cossiga, decise di non punire Sivori mandandolo solamente in licenza.

La vicenda di Acca Larentia non è semplicemente uno dei tanti episodi di violenza sanguinaria degli anni di piombo. Quanto accaduto 36 anni fa fu il punto di svolta per il terrorismo nero. Da quel momento, forse anche per uno strano senso di vendetta,  le azioni armate ascrivibili al mondo dell’estrema destra crebbero esponenzialmente e si rivolsero anche contro lo Stato (diversi furono i poliziotti e magistrati uccisi) mentre fino a quel momento gli attentati erano rivolti in prevalenza contro quello che allora era considerato il nemico, ovvero i comunisti.

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