Stato-mafia, Brusca: «Attraverso Berlusconi volevamo arrivare a Craxi»
L’ex braccio destro di Riina ai giudici: «Sulle stragi del ’93 la Sinistra sapeva»
«Nel 1991, c’era interesse a contattare Dell’Utri e Berlusconi perché attraverso loro si doveva arrivare a Bettino Craxi, che ancora non era stato colpito da Mani Pulite, perché influisse sull’esito del maxiprocesso». A parlare è Giovanni Brusca, al secondo giorno di deposizione al processo sulla trattativa Stato-mafia, che si sta celebrando all’aula bunker di Milano.
Le rivelazioni del pentito non si fermano qui. Brusca fa riferimento alla stagione degli attentati e ai contatti con i mafiosi di cui le Istituzioni «erano a conoscenza». In particolare, afferma che «la Sinistra sapeva quello che era avvenuto in Sicilia».
«A cominciare da Mancino, ma tutto il governo, in quel momento storico, sapeva quello che era avvenuto in Sicilia: gli attentati del ’93, il contatto con Riina. Sapevano tutto. Che la Sinistra sapeva lo dissi a Vittorio Mangano». E aggiunge: «I Servizi segreti sanno tutto, ma non c’entrano niente. Mangano comprese e con questo bagaglio di conoscenze andò da Dell’Utri».
«Nel ’93, d’accordo con Leoluca Bagarella, incaricammo Vittorio Mangano di andare da Berlusconi e Dell’Utri per affrontare intanto il problema del carcere duro, che andava indebolito, e poi di avviare contatti per fare leggi nell’interesse di Cosa nostra, altrimenti avremmo proseguito con la linea stragista. Lui fu contento di andarci e ci disse che era un modo per riprendere i rapporti con loro, che erano rimasti buoni nonostante lui avesse dovuto lasciare la villa, e per curare gli interessi di Cosa nostra. Dopo dieci giorni – prosegue Brusca – mi disse che aveva incontrato Dell’Utri in un’agenzia di pulizie di una persona che lavorava per la Fininvest e che gli era stato detto “vediamo cosa si può fare”. Dissi a Mangano di riferirgli che dei fatti del ’93 la Sinistra sapeva e che poteva usare questa cosa visto che ora incolpavano lui delle stragi. Il nostro messaggio era diretto a Berlusconi, ma Mangano incontrò solo Dell’Utri», riferisce ancora Brusca che ha spiegato come, all’epoca, Cosa nostra cercasse di agganciare un nuovo soggetto politico. «Dopo avere ripreso i rapporti con Dell’Utri – continua – Mangano mi disse che avrebbe dovuto incontrare direttamente Berlusconi, che doveva venire a Palermo per un comizio. Si sarebbero dovuti vedere nello scantinato di un ristorante sulla circonvallazione, ma non so se l’incontro ci fu».
L’ex boss di San Giuseppe Jato afferma anche che «Cosa nostra, negli anni ’90, voleva colpire Carlo De Benedetti, individuato come il sostenitore della Sinistra, che andava “indebolita”». «Parlando con Riina c’era il progetto, mai concretizzato, di togliere l’ostacolo (cioè Carlo De Benedetti, ndr) per indebolire quella parte politica e concretizzare quello che stavamo costruendo in Sicilia». Il pentito parla del progetto di “Sicilia libera”, il movimento indipendentista ideato da Leoluca Bagarella e fondato insieme a Tullio Cannella. «Se il progetto avesse avuto i risultati sperati, si poteva farlo inserire nel gruppo di centrodestra, dove c’era anche Forza Italia».
In aula si parla anche dell’attentato a Berlusconi ad opera del boss Ignazio Pullarà, che riscuoteva dall’imprenditore milanese 600 milioni l’anno di pizzo. «I soldi – ha spiegato – poi venivano spartiti». Dopo l’attentato, fatto senza l’autorizzazione di Cosa nostra, Pullarà viene sostituito alla guida del mandamento da Carlo Greco. E Brusca ha indicato proprio in Greco, vicinissimo al boss Bernardo Provenzano, e nel capomafia Raffaele Ganci, gli uomini di Cosa nostra che potevano avere contatti con Dell’Utri.