Pubblicato: mar, 1 Nov , 2022

A Messina splende il sole e il Maxiprocesso per la Mafia dei Nebrodi

così il protocollo Antoci ha portato a condanne di oltre 6 secoli di carcere per le mafie dei pascoli 

Nella parte settentrionale della provincia di Messina, nel territorio dei Monti Nebrodi risultano attivi i sodalizi dei Tortoriciani, dei Batanesi e dei Brontesi nei confronti dei quali recenti investigazioni hanno evidenziato l’accaparramento dei terreni agrari e pascolivi per beneficiare dei fondi comunitari destinati allo sviluppo delle zone rurali (operazione Nebrodi, 2020). L’inchiesta Nebrodi è una delle più importanti indagini antimafia eseguite in Sicilia e la più imponente, sul versante dei Fondi Europei dell’Agricoltura in mano alle mafie, mai eseguita in Italia e all’Estero. Ha portato a 94 arresti, tra cui anche il sindaco di Tortorici; 151 aziende agricole, conti correnti e rapporti finanziari sequestrati. Rintracciati affari da oltre 10 milioni di euro (gennaio 2020). Pur rimanendo oltremodo chiusa e concentrata sui propri territori, la compagine mafiosa rurale si è evoluta, allargando gli interessi ai finanziamenti U.E., ai fondi per le riqualificazioni del territorio, alle sovvenzioni all’agricoltura e agli appalti pubblici di opere strategiche (operazione Taxi driver luglio 2020). Dominano i clan dei Bontempo Scavo e i Batanesi; i Pruiti di Cesarò affiliati ai Santapaola e ai Catania, con intimidazioni tipiche del metodo mafioso, per avere il controllo di terreni tramite i quali ottenere i relativi benefici economici. Il business del Parco dei Nebrodi è tra i più succosi, con i suoi quasi 86.000 ettari di superficie è la più grande area naturale protetta della Sicilia. Le famiglie mafiose affittavano ettari di terreno nel Parco, incassando i contributi dell’Unione Europea, con un giro di oltre 3 miliardi di euro solo negli ultimi anni. Il presidente del parco dei Nebrodi dell’epoca, il dott. Giuseppe Antoci, aveva captato il meccanismo truffaldino e nel 2015 aveva dato uno scossone potente al traffico mafioso, interferendo proprio sull’assegnazione dei terreni. Realizza, infatti, un protocollo di legalità per l’assegnazione degli affitti, prevedendo la presentazione del certificato antimafia anche per quelli di valore a base d’asta inferiori a 150.000 euro. Il c.d. “Protocollo Antoci”, è stato esteso a tutta la Sicilia. Successivamente, recepito dal nuovo Codice Antimafia, ed ora applicato in tutta Italia. La Commissione Europea lo considera tra gli strumenti più importanti di lotta alla mafia sui fondi europei per l’agricoltura. Una certificazione tanto semplice quanto efficace da far saltare interessi miliardari e far ritornare Cosa nostra ad imbracciare i fucili, decretandone la sua morte. La notte tra il 17 e il 18 maggio 2016 il dott. Antoci è stato vittima di un attentato, dal quale è uscito illeso solo grazie all’auto blindata e al capace quanto coraggioso intervento armato del vice questore Daniele Manganaro e degli uomini della sua scorta. L’attentato non è andato a buon fine, la mafia si sposta quindi nei palazzi delle istituzioni per un’operazione di “mascariamento” ordita contro di lui per delegittimarlo. Inaspettatamente, anche il rapporto della Commissione Regionale Antimafia Siciliana, anziché sostenerlo e premiarne l’iniziativa, mette in discussione il suo operato e quello dei soldati che lo hanno salvato. Il presidente di quella commissione dichiara che “la mafia non c’entra, la mafia se ne frega” e che “era poco plausibile che quello scenario fosse un attentato di stampo mafioso”, lasciando intendere la possibilità che fosse dunque una messinscena ordita dallo stesso Antoci. Non sono i mesi cupi del 1992, ma vicende attualissime. Tanto che nel luglio 2020, si è tenuta l’audizione dello stesso presidente della C.R.A.S. in Commissione Nazionale Antimafia, con l’archiviazione di ogni dubbio nei confronti del dott. Antoci.

Dal suo protocollo ne è scaturita poi l’operazione dell’arma, che ha consegnato nel marzo 2021, nell’Aula Bunker di Messina, niente meno che il Maxiprocesso alla mafia dei Nebrodi con 97 imputati tra boss, insospettabili professionisti e gregari dei clan tortoriciani. Il 23 aprile 2021 sono state emesse le prime, pesanti, condanne al rito abbreviato. Il Gup ha inflitto 52 anni di carcere a sei imputati. La pena più alta è andata a Sebastiano Bontempo, detto ’u uappu, che dovrà scontare 24 anni. Sciolti gli organi elettivi del Comune di Mistretta (indagine Concussio 2019), così come è stato sciolto il Comune di Tortorici per ingerenze mafiose (operazione Nebrodi 2020). Un terremoto non da poco, per una piccola cittadina babba in cui la mafia non esiste.
Nell’ultimo giorno di ottobre 2022 il Tribunale di Patti ha sciolto il primo grado di giudizio, l’affondo alla mafia dei pascoli che faceva incetta di soldi pubblici è arrivato: più di 600 anni di reclusione per 91 condanne, 16 aziende confiscate, sequestro di beni per circa 4 milioni di euro, oltre diversi risarcimenti, tra cui quello all’unico imprenditore che ha denunciato, e una serie di interdizioni.
La decisione dei giudici ha confermato, anche se non totalmente, l’impianto accusatorio della Direzione distrettuale antimafia di Messina; le richieste della procura, guidata da Maurizio De Lucia, erano state di oltre mille anni di reclusione per 101 imputati. L’aggravante mafiosa è stata però esclusa per uno dei due filoni del processo, riconoscendo solo l’associazione semplice. Resta il fatto che, su quella parte di territorio della provincia, le truffe dei terreni hanno costituito una delle principali fonti di arricchimento dei clan.
Le indagini si sono concentrate sui Batanesi-Bontempo Scavo. Entrambi i gruppi, secondo la procura, facevano parte di un’unica organizzazione mafiosa, quella appunto dei tortoriciani. I due gruppi, secondo la tesi dei pm, erano connessi tra loro proprio nelle truffe ai danni della Comunità europea. Anche la vecchia mafia rurale si è evoluta, modificando sostanzialmente il suo raggio d’azione. Così, accanto alle più classiche attività di estorsione, comunque mantenute, si è andato espandendo l’interesse per il grande business derivante dalle truffe ai danni dell’UE. “Una mafia dei pascoli moderna, a servizio di un meccanismo che in Sicilia ha inquinato – hanno scritto i pm – l’intero sistema di assegnazione e compravendita dei terreni”. Tuttavia, nel processo è stato possibile contestare l’associazione mafiosa soltanto ai Batanesi e non ai Bontempo Scavo.
Tra le condanne più pesanti quella inflitta a Sebastiano Bontempo, detto “U Biondinu”, condannato a 25 anni e 7 mesi di reclusione, e quella di Vincenzo Giordano Galati, detto “Lupin”, condannato a 21 anni e 8 mesi. Salvatore Aurelio Faranda è stato condannato a 30 anni, ma senza l’aggravante mafiosa.
Parte civile nel processo l’assessorato territorio e ambiente, Agea, le associazioni Addiopizzo, il centro studio Pio La Torre, Sos impresa- rete per la legalità, Libera e il parco dei Nebrodi ed ancora il Comune di Tortorici. In aula anche il dott. Antoci, ex presidente del Parco dei Nebrodi, attuale presidente della fondazione Caponnetto. La sentenza è un punto di svolta importante per Messina, un procedimento che restituisce dignità al territorio. Da quell’aula di tribunale dove sono state scandite condanne pesanti, deve partire un messaggio ai cittadini che devono denunciare, perché il protagonista di questa vicenda è purtroppo, ancora una volta, il silenzio di tutti questi lunghi anni; l’omertà ma anche la compiacenza di troppi, anche funzionari pubblici, che hanno visto passare tra le loro cartelline nomi importanti come i Riina e i Santapaola. Il silenzio ha armato le mani di chi voleva uccidere gli uomini giusti quella notte di maggio di otto anni fa. Guarda al futuro con cauta speranza il dott. Antoci, visibilmente commosso, “se questo è stato fatto con dignità e onestà con piccoli passi da persone che hanno ritenuto di poter fare il loro dovere, tutti lo possono fare, perché se ognuno fa il proprio dovere le cose possono cambiare”.

 

[dati integrati dalla relazione del Ministro dell’Interno al Parlamento sull’attività svolta e sui risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia; operazione Nebrodi 2020, processo Nebrodi 2021- 2022]

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