Mafia, Ignazio Cutrò rinuncia a protezione
La denuncia dell’imprenditore siciliano più volte minacciato dalla mafia: «Lo Stato ci distrugge»
Fuori dal programma di protezione. È il gesto estremo, la richiesta di voler uscire dal programma di protezione contenuta in una lettera, inviata al ministero dell’Interno e al Servizio Centrale di protezione, dall’imprenditore siciliano Ignazio Cutrò, testimone di giustizia e presidente dell’Associazione nazionale che i testimoni di giustizia. «Lo Stato non è in grado di farci vivere tranquilli, di fornirci una protezione adeguata, di mettere in pratica quello che stabilisce la legge», è il j’accuse di Cutrò.
Nella missiva, Cutrò chiede che la sua famiglia sia esonerata dal programma di protezione e ne spiega le ragioni: «Preferiamo uscire da soli, lo Stato ci ha distrutto psicologicamente, più della mafia. Il personale cambia continuamente e non è preparato, siano noi a dover fornire ai carabinieri le informazioni, indicare quali sono nel Paese le persone contigue alla mafia. Ma non ce la prendiamo con loro, non c’entrano nulla e per questo diciamo allo Stato: lasciateci morire soli, l’ho scritto al ministro Alfano, “Non sprechiamo inutilmente altre vite umane, oltre alle nostre”».
Cutrò si domanda: «Si vuole davvero combattere la criminalità organizzata o no? La risposta è no, basta vedere come sono maltrattati i testimoni di giustizia che hanno fatto una scelta che dovrebbe essere normale: denunciare. Lo Stato – accusa – ci tratta non come persone ma come una pratica, ci lascia senza un lavoro, senza sicurezza e dignità. Abbiamo testimoniato, difeso lo Stato, senza che nessuno sia venuto a cercarci ed ora che si deve applicare un nostro diritto, il diritto a riavere la nostra vita, lo Stato dov’è?», conclude.